Le sirene di Ulisse incantano e addolciscono, dissolvono le debolezze terrene annegandole in paludi d'emozione. Fango di cristallo in vulcani furenti, lo stesso di Woodstock e di Richie Havens in "Freedom". C'è una collina di bontà a vegliare sulla tetra boscaglia, un'isola di pace nel mare della cupidigia: un ecosistema in cui il vento governa e provoca la riflessione più semplice e dolce. Viscerale come Viscera, profugo e fuggitivo.
Le sirene di Ulisse Schiavo sono demoni irrequieti che escono dall'ombra per carpire ed annientare le sicurezze dell'ordinario. Messaggere del cuore pulsante della terra, nei loro tentacoli convivono maternità e oppressione. I giorni della settimana compiono il loro giro, riflessi bagliori di gabbie e focolari che necessitano di scosse e ferite.
Ulisse Schiavo è il Caronte buono che traina gli enigmi dell'umanità verso la bolgia dell'illusione. Rema con una chitarra al ritmo della cassa che accoglie, legnosa e palpitante, la spietata battaglia tra sublime abitudine e coraggiosa inesperienza. Una cassa che è la caverna da cui, umile ma egemone, risuona luminoso un grido di rispetto.