Un concept ispirato al cinema grottesco italiano degli anni '60, affidato a sonorità che vanno anch'esse indietro nel tempo, ricreando le distorsioni valvolari del primo, embrionico hard rock, stendendo strati di effettistica sulla voce per farla sembrare quella di un Ozzy colpito da attacchi di raucedine.
Questo il canovaccio della quarta opera in studio dei britannici Uncle Acid & The Deadbeats, formazione da sempre dedita all'inserzione di esotiche particolarità all'interno di un genere di partenza qualificabile, a spanne, come un ribassato e doomy sludge. "The Night Creeper" crea già un'atmosfera inquietante e tesa con la sua minimale copertina, e la mantiene lungo il dipanarsi di tutte le sue tracce: nell'assolo in perpetuo overdrive dell'opener "Waiting For Blood", nei cattivi acuti di "Pusher Man", nel trionfante e più rapido andamento di "Inside". Con acide chitarre che continuano a rimbombare anche sotto le parti solistiche, e con registri vocali che non si rifiutano d'addentrarsi nei territori della lagna, s'eccede però ben presto il limite di rumorini e sfrigolii umanamente accettabili, anche qualora si fosse accettata con fiducioso entusiasmo l'atmosfera vintage dell'opera.
Di "The Night Creeper" restano da conservare per un riascolto soltanto le conclusive "Slow Death" e "Black Motorcade", non a caso i brani in cui il quartetto rallenta e lascia minor spazio alle vocals e alle schitarrate che hanno dominato negli otto brani precedenti. Troppo poco per poter trovare un target cui consigliare un album sfibrante e difficilmente digeribile, eloquente testimonianza di come non basta far suonare male un mucchio di brani piattissimi per creare credibili esemplari di proto-retro-rock.