United Progressive Fraternity
Fall In Love With The World

2014, InsideOut
Prog Rock

Recensione di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 21/11/14

United Progressive Fraternity, o UPF, è una nuova realtà musicale australiana che farà di certo felici i fan del prog internazionale. Si tratta in realtà della "rinascita" del gruppo Unitopia, guidato dal cantante Mark Trueack, e da esso non si discosta dal punto di vista tematico e di sonorità.


"Fall In Love With The World" è dunque il primo album targato UPF e, come anticipato dal titolo, si basa sul concept della salvaguardia e dell'amore per la natura e l'ambiente -tutto ovviamente rivisto in termini molto spirituali come il buon vecchio prog richiede. L'album è dunque strutturato con una Overture, cui seguono otto tracce fra cui una suite di 20 minuti. Clichè? Forse un po', ma sia chiaro da subito che non ci sono le pretese per fondare un nuovo genere, ma solo una certa indubbia qualità di base che si muove nei più ampi schemi del progressive vecchia scuola.


Più pomposa del resto dell'album proprio l'Overture "We Only Get One World", con un arrangiamento orchestrale e un carattere decisamente da colonna sonora, con brevi incursioni vocali di Trueack e il suo timbro caldo alla Gabriel. Decisamente pertinente col suo ruolo e appagante: non potevamo immaginare presentazione migliore per quest'album, che ora siamo più invogliati ad ascoltare fino alla fine. E' dalla seconda track, "Choices", che viene introdotto forse il carattere musicale preponderante fra le migliaia di influenze che guidano gli UPF, e cioè una forte tendenza verso la world music e le sonorità etniche. Il lettore critico si chiederà dunque se tali rimandi siano ruffiani e forzati (come tristemente è la maggior parte dei momenti tribali in qualsiasi opera) e la risposta è un no piuttosto sicuro. Già con gli Unitopia le tematiche affrontate rendevano tali sonorità decisamente plausibili, fra l'altro affrontate molto a livello funzionale piuttosto che virtuosistico, dacchè il sentore di "lo faccio perchè si deve vedere che lo so fare" viene meno e rende senza riserve l'ascolto.


A livello melodico vero e proprio strofe e ritornelli si attestano più su un carattere classico, forse più verso il pop in cui volentieri degenerava il prog degli anni '70: la compresenza di questi caratteri con un'indubbia ricchezza strumentale è comunque molto piacevole ed evidenzia una perizia arrangiativa forse più alta dello stesso songwriting. Più raffinata, aprendosi con congas e atmosfere assolutamente -evidenziamo questo aggettivo- credibili e ben proposte è la successiva "Intersection", nella quale troviamo un bridge più banalmente rock ma anche ulteriori dimostrazioni di una certa tendenza anche verso la fusion più jazzata. La canzone in generale è molto orecchiabile, non costruita per chi cerca la complessità musicale in termini di tempi e strutture, ma innegabilmente piena, veramente piena. Si arriva dunque al singolo di presentazione dell'album, "The Water", realizzato con la voce inconfondibile di Jon Anderson e con un non meglio specificato "input" di Steve Hackett. Nomi importanti, per una traccia importante: onestamente se l'album viene così presentato invoglia all'acquisto. Sempre struttura etnica (di nuovo affrontata in modo diverso e originale, cosa non facile), ma temi musicali più moderni e particolari, intrecci di voci complementari e un'atmosfera dolcemente orchestrale. Segue un filler di tutto rispetto come "Don't Look Back, Turn Left", un jazz molto esotico e ritmico, con molti sentori di world music che ricordano la svolta dei Toto degli anni '90. Si arriva alla suite "The Travelling Man", forse finora la track che più strizza l'occhio ad un hard rock con qualche fronzolo in meno. Necessariamente varia a livello tematico, melodicamente molto piacevole, riprende alcune parti dalle canzoni precedente, il che dà al pezzo (e a tutto l'album) un sentore di concept gradevole, pur attestandosi più come continuo flow che come pietra miliare. Segue la titletrack, con un sentore più balladistico con un 4/4 lento, acustica e voce, con la gradita presenza di un basso fretless e di un mandolino nel ritornello; l'album prende una svolta finale più classica anche con la conclusiva "Religion Of War" e il remastering di "The Water", rivisitata in chiave pop per qualche astruso motivo. E risultando la titletrack un buon rilascio della tensione musicale costruita finora, se quest'album può annoiare l'ascoltatore è solo alle ultime battute.


In generale "Fall In Love With The World" risulta un'esperienza davvero soddisfacente, pur assestandosi in generale sempre sullo stesso livello di "spinta": non ci sono momenti particolarmente più pesanti/catchy, e l'album, in linea con il sentore di concept che UPF vuole comunicare, risulta decisamente continuo. Difetti? Ce ne sono, come in qualsiasi opera musicale mai prodotta dall'uomo. I testi risultano forse poco incisivi, talvolta banali; in generale tutto il cantato (melodia+liriche) è meno raffinato dell'accompagnamento, nonostante una voce di base calda e piacevole (anche se già ascoltatata...Genesis anyone?). Inoltre, sebbene chi scrive sia fortemente contro la crociata contro il pop che contamina il prog (o viceversa) considerato che non è un reato produrre musica che non sia intricata come un labirinto, talvolta questa fusione degenera in soluzioni leggermente troppo semplicistiche o già sentite nel senso più ampio...E questi sono praticamente i maggiori nei che si possono imputare a quest'album.

 

Non abbiamo fra le mani il gioiello che cambierà la nostra visione del prog, ma se di tale genere siamo appassionati, un piccolo gioiello ce lo abbiamo comunque, e pur senza ascoltare nulla di stravolgentemente innovativo, alcune soluzioni sono davvero ben suonate e realizzate, e collocano le idee degli UPF su un livello molto alto, soprattutto la parte etnica/world. Un ascolto che riempie, soddisfa sotto svariati punti di vista e si chiude con pochissime alzate di sopracciglia, un risultato notevole di questi tempi.

 





01. We Only Get Ourl World (Overture)

02. Choices

03. Intersection

04. The Water

05. Don't Look Back - Turn Left

06. Travelling Man (The Story Of Eshu)

07. Fall In Love With The World

08. Religion Of War

09. The Water (Alternative Mix - Bonus Track)

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool