The Horrors
V

2017, Wolf Tone Limited
Synth Rock

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 05/10/17

Che molte band optino per la svolta elettronica ad un certo punto della loro carriera non è mai un fatto sorprendente: neanche un mese fa ve lo raccontavamo a proposito dell’ultimo, intenso disco dei The National, ad esempio.Non ci sono voluti sette dischi nel caso dei britannici The Horrors per vedere la manifestazione del fenomeno, ma il prosaicamente titolato “V” è indubbiamente un disco che riveste il quintetto dell’Essex di una siliciosa veste sonora.

A partire dalla cover e da tutto l’immaginario che circonda il disco in genere – un perfetto mix tra l’arte di Grimes, FKA Twig e il suo factotum Arca – per sviare, però, verso sonorità non moderniste e urban, quanto piuttosto verso un synth rock smaccatamente ‘90s.
Ribolle, dunque, un’anima Tears For Fears (“Press Enter To Exit”) vestita di collane Depeche Mode post-disintossicazione di Gahan (“Hologram”), artigli Nine Inch Nails in versione “tranquilla” (“Machine”) e vistosi cappelli David Byrne (“Something To Remember Me By”, “Gathering”).
Il tutto senza dimenticare il cuore sonoro che da sempre muove i The Horrors: quella psichedelia progressiva che si manifesta vuoi nella durata non propriamente radio-friendly di quasi tutti i brani del disco, ma anche in canzoni puramente introspettive come “Weighed Down” e “Ghost”.

Ne risulta un disco estremamente gradevole e accattivante: la veste elettronica giova molto a Rotter & Soci, rendendo la proposta sonora più digeribile rispetto al passato, ma non per questo meno sciapa. Una sorta di discesa sulla terra per la band, ma senza la perdita del gusto per il sogno (allucinato ed allucinogeno).
Oltretutto, “V” può rappresentare un ottimo punto di inizio per una seconda parte di carriera degli Horrors proprio per le modalità con cui il tessuto elettronico pare essere governato con maestria e naturalezza. Ed è proprio nel suo non suonare forzato in nessun frangente che si nasconde la chiave del successo di “V”, ottima plastica su cui modellare in futuro dei mostri sonori ancora più grotteschi, scatenati, irriverenti e, di conseguenza, splendidi.




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