Dopo le smanie black di "Possessor" (2018), questa volta i GosT scelgono di ibridare con maggiori secchiate di pece nera la loro synthwave d'annata: assistito in studio dall'esperto produttore Jaime Gomez Arellano, il nostro caro Baalberith, pur restando saldamente ancorato a un sound carpenteriano da dance-floor, mostra, in "Valediction", la volontà di avvicinarsi ai gruppi dell'universo diabolico tanto idolatrate da adolescente. Paradossalmente il nuovo LP appare meno angoscioso dello scorso lavoro, risultando decisamente orecchiabile anche nelle sezioni più compresse e opprimenti: un'oscillazione stilistica, in parte consapevole, che permette comunque alla band di aggiungere un'ulteriore tacca al proprio percorso evolutivo.
"Relentless Passing" colpisce brutale come il martello satanico dell'emisfero boreale: una programmatica dichiarazione d'intenti in cui furiose scariche di blastbeat e intervalli techno-trance si fondono prima di precipitare in un intruglio discotecaro e rumoroso. Le tenebre e la violenza non vengono, però, perseguite sistematicamente: "Wrapped In Wax" rappresenta un cimelio gothic-pop che annovera, tra i suoi interstizi, schegge commerciali tipiche degli Eighties, tratti atmosferici e vivaci movenze cyber/industrial. "Dreadfully Pious" continua l'opera di modernariato dark chiamando in causa i Depeche Mode dell'era "Construction Time Again", mentre "Timeless Turmoil" accorda alla fiamma oscura (e al pornogrind) il sospirato (?) spazio in una pista da ballo à la page.
Le onde elettroniche della ruffiana "Bloody Roses" sembrano, poi, infrangersi vellutate contro frotte di scogliere in pixel, culminando in un accattivante e meccanico refrain; a seguire, "Call Of The Faithful" è puro idioma Daft Punk, e il suo finale euforico crea l'atmosfera giusta per il brano successivo, quella "She Lives In Red (Divine)" che, già contenuta, insieme al pezzo precedente, nella reissue dell'EP "Skull", trasuda Giorgio Moroder da ogni poro. Il ronzio distorto e sinistro di "Ligature Marks" e le trapanate nel cranio di "Push" fanno da gelido preludio a "Severance", summa conclusiva del dj-metal pensiero e pendant speculativo/cacofonico dell'opener.
Gli album dei GosT si prestano, naturalmente, a varie reazioni, ma gli sforzi di mescolare due generi così distanti non può che giocare a favore di un act ansioso di entrare nella nomenclatura musicale dell'estremo. E "Valediction", malgrado i tira e molla metabolici, ne costituisce, artwork compreso, un interessante biglietto d'ingresso.