Vennart
The Demon Joke

2015, Superball Music
Alternative Rock

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 15/06/15

"Mi vengono in mente forse solo un paio di band che fanno SOLTANTO musica pesante. Gli Slayer, per esempio. Gran parte dei gruppi credo esagerino con la loro mancanza di varietà, per finire con l'essere abbastanza noiosi. Posso provare altre emozioni oltre all'energia e alla rabbia, e mi aspetto che la mia musica rifletta ciò."

Così s'esprimeva Mike Vennart intorno al 2010, quando gli Oceansize, band con cui aveva mosso i primi passi e raccolto i primi consensi -prima di raggiungere platee gigantesche come chitarrista, ma solo in sede live, dei Biffy Clyro- si accingevano a pubblicare quello che avrebbe finito per essere in realtà il loro lavoro più oscuro e pesante. Forse pure il migliore. E anche l'ultimo, perché il collettivo defunse subito dopo, lasciando gli ascoltatori di vecchia data a chiedersi con rammarico dove un così peculiare cammino avrebbe potuto portare, se non prematuramente soffocato.

Quel che è probabile è che si sarebbe giunti a qualcosa di estremamente diverso da ciò che è questo "The Demon Joke": l'opera prima del Vennart solista fa infatti un reset completo del percorso Oceansize, abbandonando quasi del tutto le ruvidità cui la band era giunta per rallentare su dettagli inusuali, per sperimentare alchimie inconsuete quanto accattivanti. Lungo la tracklist, infatti, il vocalist e pluristrumentista pare assecondare il proprio estro creativo in ogni sua folle divagazione: si finisce per imbattersi in asimmetriche odi alla confusione come la spiazzante "Doubt", che rimpinza con riff riverberati e rumorosi, ma anche con un bridge più arioso e orecchiabile (si sente Thomas Giles, in più di un frangente, ma anche qualche soluzione tastieristica cara al credo Wilsoniano di prog europeo) una disturbata struttura di tastiere in 7/4; ma anche, più avanti, piccole prelibatezze che non parrebbero fuori luogo in uno dei due cd di "Opposites", tra gli acutissimi ritornelli di "Operate", le malinconiche note della conclusiva "Amends", il romanticismo e i virtuosismi vocali (con un approccio rotondissimo al canto che s'avvicina clamorosamente a lidi AOR) di "Don't Forget The Joker".

Pur facendosi più d'una volta piacevolmente radiofonico, "The Demon Joke" è e resta per tutto il suo minutaggio un album "strano", forse di difficile comprensione a un primo ascolto (si ascoltino il giocoso synth in tempi dispari, e più in generale tutta l'eccentrica struttura, di una "Rebirthmark", o anche la tonante tronfiezza di "Duke Fame"), sicuramente quasi impossibile da descrivere - a meno di volersi mettere, pedantemente, a raccontarne ogni dettaglio. Meglio dargli un'opportunità, superare lo straniante impatto iniziale, e decidere se apprezzarlo dal primo all'ultimo istante, o se bocciarlo spicciamente considerandolo un farneticante minestrone di eccentricità alternative-prog. Noi abbiamo propenduto per la prima delle due soluzioni.



01. 255

02. Doubt
03. Infatuate
04. Rebirthmark
05. Duke Fame
06. Don't Forget The Joker
07. Retaliate
08. A Weight In The Hollow
09. Operate
10. Amends

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