Per il terzo anno consecutivo ritroviamo sugli scaffali un album dei teutonici Vitja: le impressioni tendenziose e i sospiri annoiati vengono immediatamente rispediti al mittente dalle particolari circostanze in cui è avvenuto il concepimento del disco. Prima l'ingresso al microfono di Gabriel Spigolon in sostituzione del transfuga David Beule, poi la firma con Arising Empire: scosse di non poca importanza, che conferiscono a "Thirst" il gusto piccante della ripartenza.
Pur restando incollati a uno standard metalcore non particolarmente originale, i nostri riescono a licenziare un LP abbastanza godibile: le flebili radici death/doom di "Digital Love" e "Mistaken" appaiono quasi del tutto estirpate, a vantaggio di un orientamento decisamente più melodico che permette la costruzioni di brani orecchiabili, levigati, radio friendly. Certo, un paio di pezzi ("Silence","Istinct") conservano ancora la classica e rigida alternanza rabbia/quiete così come, in "Silver Lining", l'inserimento dell'ugola rustica di Carlo Knöpfel (Breakdown Of Sanity) rappresenta una propaggine stilistica del recente passato. Ma in un contesto simile, segnato da un tanto sbandierato neue kurs, tali elementi suonano stereotipati e non apportano alcun reale valore aggiunto al platter. Meglio rivolgersi allora a quelle canzoni che, proprio grazie alle chiare armonie vocali del carismatico singer, e a ritornelli di sapore emo, potrebbero assicurare, agli sforzi del gruppo, la giusta gratificazione commerciale: "Light Blue", "Lost In You", "Those Years", risultano accessibili, ben arrangiate, magari un filo banali, tuttavia distanti dalla freddezza progettata a tavolino dei due precedenti lavori.
Nonostante qualche plasticoso riempitivo elettronico ("Voices"), "Thirst" manifesta la volontà dei Vitja di cambiare marcia e forse genere, contando sull'innesto di musicisti e materiali nuovi di zecca. La sete, nelle sue varie accezioni, non conosce fine.