“...ethereal neofolk, darkwave neoclassica, jazz, un soffio e un dente di leone, un pomeriggio autunnale, qualcuno lontano, lontano da qualcuno...”
Devono il loro nome al progetto spaziale sovietico che portò al fatidico “primo volo nello spazio”. E di spaziale, nella loro proposta, c'è innanzitutto la percezione di levitare mentre si ascolta. Questo duo chiamato Vostok, con “Lo Spazio Dell’Assenza”, raggiunge apici musicali raramente toccati nel panorama musicale italiano. Ed è così che, sorpresi, iniziamo a scrivere della candida voce di Mina Carlucci, che insieme a Giuseppe Argentiero alle chitarre ci regala questa autentica opera musicale. Un grande mix di sonorità jazz, folk, componenti classiche e quella melodia popolare italiana che non stona affatto con il sound generale. Catapultati in una sorta di limbo dove nuvole e pioggia si mischiano, dove luce e ombra si incontrano, dove la musica crea un atmosfera che risveglierebbe un'anima addormentata nel suo crepuscolo per secoli e secoli.
È la sola voce di Mina ad aprire l’album con l’intro “Me Terah” che si dilegua dal nostro udito lasciandoci in balia di una chitarra e di un flauto traverso in “Lontano Dalla luce”. Memorabile a metà canzone la nostra Mina si lascia andare a vocalizzi estasianti per poi deliziarci con un acuto delicatamente adagiato su un timbro caldo e jazzato. Come potremo dimenticarci dell’invidiabile pronuncia en français di “Bonjour Tristesse” e “Le Néant Scintillant”? Roba da far invidia a qualche artista madrelingua. Sul finale troviamo addirittura una nuova vocalist, Raffaella Esperti, altrettanto brava e toccante in “Lacryma”; vorremmo condividere il bellissimo testo di questo brano, che con leggerezza disarmante racconta “mentre cadevo mi son accorta di non aver più le ali...”, perché le liriche sono l'ulteriore conferma della purezza racchiusa ne “Lo Spazio Dell'Assenza”.
Ascolto dopo ascolto, impariamo a cogliere le infinite sfumature della musica dei nostri. “Lo Spazio dell’Assenza” si adatta sia ad una malinconia “allegra” che ad un pensiero “ballerino”. Quello che ogni tanto ci fa credere di non essere più sulla Terra.