Europe
Walk The Earth

2017, Silver Lining Music
Hard Rock

Recensione di Marilena Ferranti - Pubblicata in data: 25/10/17

Nella mitologia greca i Titani (una razza di giganti dall'aspetto selvaggio) erano i figli del dio del cielo Urano, concepiti con la dea della terra Gaia. Ai nostri giorni, i giganti del Rock - indiscutibili mattatori degli anni '80 e non solo - gli Europe, camminano ancora sulla terra professandone il legame e riempiendo l'aria di musica a testa alta. Basta rivangare le origini di questa formazione, basta paragonare i loro recenti lavori (più o meno digeriti dai fan di vecchia data) basta riferimenti ovvi alla virata stilistica che ormai da più di un decennio li ha messi in croce. Gli Europe sono, come moltissimi altri artisti usciti dai fasti dei tempi che furono, una band di cinquantenni che non possono - e non devono per forza - infilarsi in spandex opalescenti e nuvole di lacca per replicare sè stessi guadagnandosi pacche sulle spalle dai talebani dell'old style. "Walk The Earth" arriva a distanza di due anni da "War Of Kings" del 2015, e per tutti i fan è prevista una tappa all'Alcatraz di Milano il prossimo 29 novembre per l'unica data italiana del "Walk The Earth World Tour 2017-2018".
 
 
La qualità complessiva di questo album è innegabile, seppure meno incisiva di quella di "War of Kings", ascoltando la title track non si può certo affermare che il pezzo non sia oggettivamente bellissimo. La classe e l'eleganza di questi artisti sono sempre da inchino, e se proverete a mettere da parte per un attimo (è così difficile?) l'accostamento con "The Final Countdown" vi accorgerete di tutta la bellezza espressiva e della maestosità melodica che contiene. Intensa come sempre l'interpretazione di Tempest, che ruggisce tutta la sua esperienza in ogni strofa. "The Siege", l'assedio, è una bordata sotto la cintura, cupa e cattiva, quasi distorta, "as the rain falls down we are standing proud" (fieri sotto la pioggia - anche quando sono critiche"). "Kingdom United" vede un (Håkan) Jan Haugland rabbioso e incalzante, e delle tastiere così anni '70 che sfociano su dei cori da pelle d'oca fino al solo di Norum che sovrasta maestoso il gran finale. "Pictures" è di una struggente e malinconica dolcezza, "letting go of the future, knowing yesterday won't last"... le lyrics di questo pezzo dicono molto del loro percorso artistico, così come la voluta delicatezza delle armonie. "Election Day" è un tripudio di tastiere alla Deep Purple, forse troppo sovraccarica di tutto, meno intensa delle precedenti. "Wolves" è introdotta da echi lontani e da un riff che introduce i cori e un'atmosfera psichedelica, triste e oscura, e l'entusiasmo cala un po' per la degradante originalità compositiva che sembra includere forzatamente elementi orientaleggianti mal contestualizzati. "GTO" rialza la mia soglia di attenzione, si parla di hard rock più classico, la voce potente e graffiante portata in trionfo; "Haze" è pura cattiveria. Riff incazzati, suoni pieni ed esplosivi, tutt'altro che foschi (haze - foschia). "Whenever You're Ready" è veloce, sprezzante, trascinante, con un gran lavoro della sezione ritmica e il solo che dal minuto 1:40 dilaga come un'onda potentissima facendo volare il crescendo. Ed eccoci a "Turn to Dust": un finale in sordina, insomma niente fuochi d'artificio e in aggiunta, un messaggio deprimente nelle lyrics "we try to take it back but the clock ticks on"...
 
 
Che dire, gli Europe sembrano voler proseguire sulla strada già pesantemente battuta dai tempi di "The Last Look At Eden", con quelle atmosfere oscure, potenti e maestose che non entusiasmano i più, proprio come la seconda parte dell'album (da GTO in poi). Peccato davvero, forse un po' di varietà e di respiro nella tracklist avrebbero fatto guadagnare punti al disco, che rimane una prepotente dichiarazione d'amore per il classic rock anni '70, con echi di Zeppelin, Deep Purple e Rainbow, ma forse quel che stanca è l'eccesso di tutto, l'iper costruzione, come a voler esaltare qualcosa che in fondo in fondo non c'è. Quindi, se la vostra intenzione è quella di premere play con la speranza di ascoltare qualcosa di facilmente digeribile siete decisamente nel posto sbagliato. 




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