Weezer
Weezer (The Blue Album)

1994, DGC Records
Alternative Rock

Shoegaze, Grunge, Punk Rock, Pop: i Weezer come fotografia di un periodo micidiale.
Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 10/08/14

È noto dagli anni ‘50, storicamente e banalmente, che il Rock è un grande affare anglosassone. Affare culturale e soprattutto sociale. La parola chiave di questa recensione è però francese - non sanno suonare ma a parole sono piuttosto attrezzati, mai al pari degli italiani, non a caso questo articolo è in italiano - e rappresenta la sistematica fase epocale che il nostro mondo, quello musicale, attraversa ogni cinque o sei anni. Forse troppo fine per il concetto che verrà rivelato in conclusione, ma effettivamente il termine calza a pennello.

 

Trait d'union.


Ventuno anni orsono - era l'estate del '93 - in Inghilterra dilagava il Brit Pop. Dall'altra parte del mondo quattro giovani sbandati registravano dieci tracce giovani e sbandate presso gli Electric Lady Studios di New York City. Significa che mentre a Manchester e Liverpool lo Shoegaze veniva definitivamente seppellito sotto i piedi delle decine di migliaia di fans che riempivano gli stadi e le arene, negli States e specialmente in California nascevano velocemente nuove realtà musicali che popolavano club e locali. Altro giro e altra mentalità, la stessa che nel loro periodo iniziale rifiutava i Weezer - perché la novità spesso spaventa, e perché il Grunge era la granitica tendenza del momento. È anche vero che all'epoca, sempre nella West Coast, il fenomeno del Punk Rock Revival stava orami prendendo sempre più piede, per la felicità di molti.

 

Ricapitolando: sfuma lo Shoegaze, il Grunge spopola ma si avverte la fine del suo veloce e disarmante periodo d'oro, si suona il Punk Rock nei festival e il Brit Pop negli stadi. Un meraviglioso marasma musicale, irripetibile e inarrivabile. (Ci sarebbe materiale sufficiente per almeno due speciali su SpazioRock).


Un mese dopo la scomparsa di Cobain, usciva per DGC Records (la stessa etichetta del gruppo Geffen, Nirvana) un album senza nome con una copertina blu: il primo album dei Weezer diventa così "The Blue Album", e dopo tanti anni trascorsi ad ascoltare "Buddy Holly", nettamente il pezzo più inutile per ciò che concerne il concept della tracklist, perché qualcuno lassù ha deciso così, ci si rende conto del micidiale trait d'union che furono i Weezer in un periodo divinamente incasinato.


[Matt:] "Hey bra, how we doin' man?"
[Karl:] "All right".
[Matt:] "It's been a while man, life's so rad! This band's my favorite man, don't ya love 'em?"
[Karl:] "Yeah".
[Matt:] "Aw man, you want a beer?"
[Karl:] "All right".
[Matt:] "Aw man, this is the best. I'm so glad we're all back together and stuff. This is great, man".
[Karl:] "Yeah".
[Matt:] "Hey, did you know about the party after the show?"
[Karl:] "Yeah".
[Matt:] "Aw man, it's gonna be the best, I'm so stoked! Take it easy bra'".


È inevitabilmente solo a posteriori, distaccandosi da quella bolgia sonora e creativa, che ci si rende conto del dono dei Weezer, che inventano i soliti cinque o sei accordi svincolandoli e facendoli decollare nell'orbita dell'immaginazione.


E si capisce che il blu, colore primario, diventa la tinta della bandiera di una neonata nazione musicale. Lunga vita a "The Blue Album", dieci pezzi che sono il ponte delle meraviglie tra Grunge e Punk Rock: struttura metrica e distorsione, cori e ironia, disordine e sudore. Due speciali su SpazioRock, oppure vent'anni di carica che sgorga direttamente da questo CD a tratti demenziale, a tratti illuminante, ma sempre fonte inesauribile di ispirazione e dubbio. Continueremo ad ascoltare solo "Buddy Holly" mentre la maggior parte dei giovani gruppi Alternative continuerà a copiare tutte le altre tracce dei Weezer, prolungando l'evoluzione di una band ora troppo svogliata per essere venerata come dovrebbe.

 

"If you want to destroy my sweater
Hold this thread as I walk away".





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