"Anti", release di debutto per Nuclear Blast di Lars Nedland (Solefald, Borknagar) con la formazione dei White Void (con lui Tobias Solbakk, turnista di Ihsahn, Vegard Kummen e il chitarrista blues-rock Eivind Marum), è questo e molto altro. Con una sorta di concept album ispirato al pensiero assurdista di Albert Camus, volto a smontare la convinzione umana di poter dare un significato alla propria esistenza e ad un universo che ha come unico motore il caos, Nedland inverte la propria direzione musicale sia da un punto di vista stilistico che cronologico, addensando una grande quantità di ispirazioni hard rock e blues anni '70 e '80 in un tessuto insolitamente melodico.
L'incipit di "Do. Not. Sleep" è in medias res, così come la quasi totalità delle tracce dell'album, che sembrano catapultarci senza troppo preavviso nello spesso e ruvido strato di chitarre alle quali sono affidate, dall'inizio alla fine, le redini del disco. In questo senso, la opener è già di per sè una dichiarazione convincente della natura di "Anti", diretta, pirotecnica... che ci sono le chitarre lo abbiamo già detto?
Le tracce si susseguono con una buona efficacia, affondando le radici nel patrimonio di band come i Black Sabbath e, soprattutto, i Deep Purple, e corredandosi di elementi psichedelici e di sonorità new wave. A proposito di ciò, un riferimento nordico praticamente onnipresente tra le righe di "Anti" è quello dei Ghost; due esempi lampanti sono "There Is No Freedom But The End" e "The Shovel And The Cross", ma in generale è qualcosa che percepiamo costantemente nell'approccio vocale di Nedland, soprattutto nei momenti di apice della sua solennità. "The Air Was Thick With Smoke" chiude la release con un piglio diverso, sicuramente molto più pop dove stavolta a dominare sono i synth, altro elemento ampiamente presente nell'album.
"Anti" è un lavoro energico, divertente e immediatamente coinvolgente, con un sapore retrò che non appare finto o riciclato. Gli unici appunti potrebbero riguardare qualche spinta eccessivamente melodica in un disco che di fatto mantiene un'anima oscura e nichilista. Qualche problemino riguarda la produzione, non tanto per la carente pulizia e dinamicità dei suoni, che giustamente non erano obiettivo di un lavoro come questo, ma per un mixing che ha eccessivamente privilegiato i volumi di chitarre e tastiere, arrivando talvolta a sotterrare la traccia vocale principale e, addirittura, a risultare claustrofobico.
I White Void si vanno ad aggiungere ad un gruppo sempre più nutrito di artisti appartenenti alla scena black metal norvegese che hanno dato una svolta radicale al proprio stile, nella buona compagnia di band come gli Ulver o lo stesso Ihsahn.