Arch Enemy
Will To Power

2017, Century Media Records
Melodic Death Metal

Ecco rovente tra le nostre orecchie l'ultimo attesissimo lavoro di una band che ha rivoluzionato la propria line-up e che tutti noi attendevamo alla prova del fuoco di un album ricco di sorprese per i vecchi fans
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 07/09/17

Avevamo lasciato gli Arch Enemy in una fase interlocutoria; nel 2014 la storica singer Angela Gossow ha abbandonato il ruolo di frontman per passare al management della band e proprio all'indomani della pubblicazione di "War Eternal", lasciando alla nuova cantante Alissa White-Gluz il difficile compito di reggere il confronto alla prova del tour; prova brillantemente superata, tanto che i vecchi fan già adorano lei ed i suoi capelli blu elettrico, e si attendeva soltanto di sentire il suo talento nell'incisione di un album. Ed ecco "Will To Power".


Sin dal secondo brano, dopo l'intro strumentale, la cantante dimostra al mondo - se mai occorresse - di avere tutte le carte in regola per sostituire con classe e incisività Angela Gossow. La formula della band non si smentisce ed è sempre quella dai primissimi album: un classic death metal con venature thrash innestato di armonie neoclassiche e robusti sviluppi chitarristici.

 

Pur evolvendo negli anni, la coerenza stilistica degli Arch Enemy è innegabile; infatti le più notevoli novità sono tutte interne: come l'ottima prova dello strepitoso Jeff Loomis, ex chitarrista dei Nevermore e a lungo corteggiato da Dave Mustaine dei Megadeth. Lo stile di Loomis è fortemente influenzato da musicisti come Vai, Malmsteen, Jason Backer e Marty Friedman e quindi candidato ideale per arricchire la vena epica degli Arch Enemy. Anche di lui abbiamo avuto ottima prova in tour, ma è a livello compositivo che eravamo curiosi di sentirne l'apporto; e non ci ha delusi. La terza traccia "Blood In The Water" è un solido midtempo in cui la perizia e il gusto di Loomis emergono con evidenza, così come i cambi di registro della White-Gluz; nella successiva travolgente e ultrastrutturata "The World Is Yours", primo video singolo tratto dall'album, troviamo una sintesi dei vari ingredienti (andamento death nella strofa, stacchi blastbeat, aperture epic nei refrain, twin guitars, stacchi sussurrati con piano, soli mozzafiato) che compongono l'originale sound messo a punto da Michael Ammott & Co. "The Eagles Flies Alone", altro midtempo con cassa in sedicesimi, decolla decisamente verso l'heavy classico, ma le vere sorprese arrivano col brano successivo, "Reason To Believe"... crediamo alle nostre orecchie? Una ballad?! Ebbene sì, una ballad. Anzi, la prima vera ballad mai incisa dalla band, un brano intriso di echi metal anni '80: soprattutto qui abbiamo occasione di apprezzare a pieno le qualità di Alissa, che passa con disinvoltura da un convincente registro in pulito, a un graffiante cantato rock, al growling puro: chapeau al merito. Si torna a cavalcare nella successiva "Murder Scene", che alterna al solito furia, epicità e pesantezza ed è forse il pezzo più Eighties del disco, infarcito di ripidissimi tapping solos, con chiusa a tagliola. "First Day In Hell" è tra i nostri favoriti, col suo progredire da scale arabe e dall'iniziale andamento lento fino a diventare la Morte Nera che si avvicina per distruggerci con i suoi laser. "Saturnine" è un intermezzo neoclassico che conduce alla successiva neoclassicissima "Dreams Of Retribution" che - tolto il growling - potrebbe tranquillamente far bella figura in un album di Malmsteen, anche per la complessità di struttura: anche qui grande prova di stile e coesione del duo Loomis-Ammott. Si ritorna a macelli e disasatri con "My Shadow And I" per chiudere in gloria con "A Fight I Must Win", epica e sinfonica che più non si potrebbe, con i suoi ampi inserti orchestrali.


Un lavoro maturo e potente, dunque, che apre alle novità senza snaturarsi di nulla. Il nono album di una carriera tutta in impennata e uno stile non per tutti i gusti. Ma che stile.





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