Slash, Myles Kennedy & The Conspirators
World On Fire

2014, Roadrunner Records
Hard Rock

Con il terzo tentativo Slash fa centro. E c'è lo zampino di un certo Myles Kennedy.
Recensione di Paola Marzorati - Pubblicata in data: 14/09/14

La mia storia d’amore con la chitarra di Slash inizia con un rimpianto: quello di non averlo potuto vedere incendiare le più grandi arene del mondo a fianco dei Guns ‘n Roses . E continua , più forte di prima, con una promessa: quella di “Apocalyptic Love”, primo album in squadra con Myles Kennedy , di consumare con la fiamma di un rock apocalittico e a tratti lascivo , capace di scottare e guarire allo stesso tempo, veleno e medicina. E ora, a un anno e mezzo di distanza, Slash fa di nuovo centro con "World On Fire" e torna con una promessa: incendiare il mondo con il suono di una chitarra. Perché “I think it’s time to set this world on fire”.

 

Squadra che vince non si cambia, dicono. Squadra che vince diventa una vera band, perché, secondo Slash “è la migliore combinazione di persone con cui mi sia mai trovato a lavorare. Non avrei mai potuto pensare di fare questo disco con qualcun altro”. Il team di “Apocalyptic Love” torna alla carica più compatto di prima con Myles Kennedy, ugola d’oro del rock moderno, alla voce , Todd Kerns al basso e Brent Fitz alla batteria per 17 pezzi, quasi 80 minuti di solido hard rock in pieno stile Slash. Una nuova giovinezza creativa : il cilindro è stracolmo di idee, tutte buone, alcune eccellenti, di quelle che ti fanno gridare al miracolo appena schiacci play, ma decisamente troppe. L’album avrebbe guadagnato in compattezza e forza di impatto con qualche traccia in meno, candidandosi ad album rock dell’anno con un massimo di 12 pezzi. L’abbondanza è l’unica pecca di un album che esplode fin dal primo brano, “World On Fire”, con un riff nervoso e adrenalinico che ti entra sottopelle come una scarica elettrica e minaccia di accendere con il fuoco distruttivo della passione; che continua con “Wicked Stone”, classico mid tempo alla Slash, impreziosito da un bellissimo bridge, a metà tra groove e dinamismo, come la successiva “30 Years To Life”che parte in sordina e si riprende con un assolo alla “Appetite For Destruction”,in memoria dei bei vecchi tempi.  Non manca la melodia, con il lungo arpeggio iniziale di “Bent To Fly” e di “Battleground”, ballata tragica e struggente, a tratti epica, che ricorda il successo di "Starlight" e la capacità della coppia Slash- Myles di parlare di sentimenti senza cadere nel banale, di creare ballad coinvolgenti senza perdere la forza delle chitarre. “Dirty Girl” è la colonna sonora dell’amore animale, è seducente e lasciva come alcuni dei capitoli migliori del precedente “Apocalyptic Love” ed è seguita da quello che forse, insieme all’ultima traccia, “The Unholy” è il brano migliore dell’intero album: “Iris Of The Storm” è un susseguirsi di cambi di tempo e di diverse intensità, che raggiungono l’apice nella traccia conclusiva, carica di echi degli “Alter Bridge”.

 

Si, perché questo più che un album solista è un album di squadra. Squadra che non soltanto mette a disposizione le proprie doti migliori, come quando si trattava di registrare le melodie dell’amore apocalittico, creando un mix di talenti che si uniscono come pezzi di un puzzle dimenticato. Ma fa molto di più: influenza con il proprio passato e la propria visione del futuro. La batteria di Brent Fitz si fa più presente e decisa, soprattutto in pezzi come “Shadow Life”, caratterizzati da un grande lavoro ritmico. Il poliedrico Todd Kerns, cantautore e musicista, dà pienezze e rotondità ai pezzi, riempiendoli con le linee di basso e le grandi prove vocali . La mano di Myles Kennedy nel songwriting si vede eccome: un songwriting complesso e a tratti raffinato, con qualcosa degli Alter Bridge, anche se il Myles che sale sul palco a fianco di Slash sembra svelare un lato diverso di sé, più selvaggio e libero, forse meno impegnato; e lo si può sentire nella voce, sempre cristallina, da fuoriclasse, che si carica di una rabbia e di una sfumatura più oscura che si sposa alla perfezione con i riff martellanti e gli assoli prolungati di quel chitarrista con i pantaloni di pelle e i riccioli scuri che una volta si chiamava soltanto Saul, ma che per il mondo è diventato Slash. Un amico di famiglia gli affibbiò questa soprannome perché non stava mai fermo, era sempre in movimento. E decenni dopo non è cambiato, così come la sua creatività inesauribile, che il suo cilindro non riesce a contenere. Slash è tornato più in forma che mai, con un lavoro candidato al titolo di album rock dell’anno, un album più compatto e tosto del precedente, una bomba rock e heavy, proprio nel momento in cui il rock viene dato per morto.

 

“ All I want is to feel something that’s real before the end”, canta Myles Kennedy. E se il rock sta davvero per finire, come dicono alcuni,vogliamo solo sentire qualcosa che sia vero prima della fine.

Desiderio esaudito.

Forse, tutto sommato, è davvero meglio bruciare, come cantava Neil Young, se a incendiare il mondo è il suono di una chitarra, in grado di allontanare la fine.





01. World On Fire
02. Shadow Life
03. Automatic Overdrive
04. Wicked Stone
05. 30 Years To Life
06. Bent To Fly
07. Stone Blind
08. Too Far Gone
09. Beneath The Savage Sun
10. Withered Delirium
11. Battleground
12. Dirty Girl
13. Iris Of The Storm
14. Avalon
15. The Dissident
16. Safari Inn
17. The Unholy

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool