Pink Floyd
Obscured By Clouds

1972, Harvest Records
Rock

Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 31/08/10

Il 1972 vede i Pink Floyd impegnati nella scrittura di una colonna sonora per l’amico Barbet Schroeder: la band aveva già collaborato con il regista (“More” del 1969) senza ottenere grandi risultati, ma anche in questo caso il film (intitolato “La Vallée”) si rivelerà mediocre. Analogamente a quanto accaduto in passato, il disco dei Floyd è tutt’altro che scadente, anzi, è uno di quegli album che ultimamente stanno tornando alla ribalta. Musicalmente parlando, “Obscured By Clouds” nasce dalla stessa tecnologia che poco più tardi sarebbe stata utilizzata per creare “The Dark Side Of The Moon”. Le canzoni risultano (eccetto un paio di casi) quasi del tutto scollegate dal film: non ne raccontano la trama, né servono a sottolinearne i passaggi significativi, ma costituiscono soltanto le componenti di un buon album rock.

Il fatto che il film non fosse così qualitativamente rilevante viene sottolineato anche dalle parole del grafico Storm Thorgerson (che con la sua Hipgnosis ha curato l’artwork di questo lavoro), che svelano come né il film né la fotografia fossero in grado di fornire dei buoni spunti per la copertina o, più semplicemente, del materiale da includere nell’artwork (quasi un dovere questo, trattandosi di una colonna sonora). Come se tutto ciò non bastasse, il proiettore che Thorgerson utilizzava per visionare il film faceva i capricci e così, nell’estremo tentativo di rimetterlo a posto usando la forza bruta, mise talmente fuori fuoco le lenti che ottenne, involontariamente, l’immagine perfetta. In origine si trattava di un uomo su un albero, poi l’improvvisa sfocatura trasformò i piccoli raggi di luce che filtravano tra le fronde in grosse zone incandescenti e fluttuanti che ricordavano molto da vicino le bolle psichedeliche dei primi Floyd.

A livello più strettamente musicale “Obscured By Clouds” è da molti considerato l’ultimo sforzo collettivo della band: questo perché dal 1972 in poi la creazione dei testi e, più in generale, degli album, spetterà al solo Roger Waters. Il bassista infatti era l’unico dei quattro ad avere capacità scrittorie creative, seppur totalmente diverse da quelle dell’ex chitarrista Barrett. Mentre Syd si divertiva con un piano etereo, leggero, distaccato dalla realtà e favolistico, Roger preferiva concentrarsi (e continuò a farlo fino al momento in cui abbanbonò la band) in modo che tutte le sue liriche vertessero su problemi quotidiani, riguardanti l’uomo e la sua psiche, i rapporti interpersonali, la politica e i ricordi del passato. Alcune di queste caratteristiche sono presenti già in “Obscured By Clouds”, ma queste verranno sviluppate al meglio solamente negli album successivi, pubblicati tra il 1973 ed il 1983. Una lettura più attenta rivela infatti come nei testi dei dieci brani che compongono il disco siano già presenti alcuni degli argomenti cardine di “The Dark Side Of The Moon”, “The Wall” e “The Final Cut” (qualora volessimo considerarlo alla stregua di un lavoro propriamente floydiano). Nello specifico, oltre all'uomo e alla sua psiche, ai rapporti interpersonali, alla politica ed ai ricordi del passato, aggiungerei anche il tema del tempo che passa, della frenesia dettata dai ritmi quotidiani e della morte.

Detto questo, potremmo evincere che “Obscured By Clouds” sia quasi un “disco-laboratorio”, un’anticamera nella quale i Nostri hanno sperimentato tecniche e temi da utilizzare nelle produzioni successive. Sebbene questo ragionamento possa tutto sommato sembrare giusto, ciò non deve sminuire la qualità dell’album. Non siamo di fronte a qualcosa di trascendentale o di particolarmente impegnativo, questo è ovvio: anzi, si può dire che per la prima volta i quattro hanno sfruttato appieno la canonica forma-canzone, creando alcuni brani (“Free Four” per esempio) in grado di essere trasmessi anche per radio. La durata dei pezzi diminuisce, il piglio si fa più rock, ma non mancano momenti e spunti interessanti; è il caso della titletrack, traccia strumentale posta in apertura che rivela una verve tesa e vagamente cupa (sebbene strutturalmente si tratti di un pezzo piuttosto semplice), che ben si ricollega alla successiva (anch’essa strumentale) “When You’re In”. Parentesi dal sapore bucolico (“Burning Bridges”, “Wot’s… Uh The Deal”, “Stay”) si alternano a brani caratterizzati da uno spigliato ed energico rock, come nel caso di “The Gold It’s In The…” (dal titolo vagamente gauguiniano), “Childhood’s End” (forse tra le due meglio riuscite del lotto) o “Free Four”. La chiusa è affidata ad “Absolutely Courtains”, strumentale che ho sempre trovato affascinante ed estremamente evocativa nell’alternare al suo interno radure sferzate dal vento e cieli nuvolosi squarciati da esplosioni elettriche, con una calma di fondo che ha dell’incredibile.

“Obscured By Clouds” è un disco assolutamente da rivalutare. Nella sua semplicità di fondo (se paragonato ai lavori precedenti e successivi della band), l'album rivela spiccate doti che, una volta individuate, lo fanno apprezzare e crescere di valore. Molto importante anche e soprattutto a livello tematico, questo album rappresenta un ponte inaspettato tra i Floyd psichedelici dei primi tempi e quelli maturi (ma sull’orlo dell’autodistruzione) del periodo “The Dark Side Of The Moon” e successivi. Il voto, che a qualcuno potrà sembrare alto, tiene conto anche di questi fattori, senza ovviamente dimenticare la presenza di tre o quattro pezzi dall’indubbio valore.




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