Pensando ad un disco artisticamente pretenzioso ma sterilmente emotivo, può venire alla mente il secondo tentativo di Massimiliano Martines. Non sorprende, difatti, nello scorrere il curriculum vitae del Nostro una forte propensione al teatro, all’arte figurativa ed al collettivo artistico, non a caso anche questo “Meccanismo Estetico” nasce in collaborazione con la RanocchiDelfinoDorsistiStilibertari Band (parlando di semplicità, no?). Tuttavia, siamo ben lungi dall’avere di fronte una versione maschile dell’ultima Amanda Palmer.
Problema numero uno del disco: l’intonazione a metà strada tra il recitato ed il cantato del buon Martines, una stramba e decisamente troppo irregolare via di mezzo che fa sì che le capre mangino i cavoli, scontentando un po’ tutti. Quindi: una gran confusione di genere. Si passa da accenni noise/post rock (la titletrack, “FruttaFresca”, “QuanteQuanteQuanteQuante”), all’omaggio inevitabile alla furia di Capossela (“SugliAlberi”), passando nel mezzo all’istrionismo di Caparezza ma senza hip-hop (“Mistress”) ed a derive electro-minimal Lalipunizziane (“LaMaglietta”).
Un grosso minestrone, insomma, che cerca sempre e comunque la provocazione artistica, ma incontra più facilmente la noia, specialmente in chi, nella musica, cerca neanche emozione, ma anche e solo semplice – ohibò - musicalità.