Il concept - il viaggio onirico di un uomo che attraversa le terre di Palestina - è utile per dare una certa coesione ai brani al full-length, ma anche per dettarne l'atmosfera sognante ed onirica, dove talvolta si riesce a respirare un'aria serena e pacifica, come nella solenne "The Eden's Tree". Ad un primo ascolto, si può notare lo sforzo notevole degli italiani nel migliorarsi, nell'essere più convincenti e personali rispetto all'album di debutto. Certamente, il tentativo è in parte riuscito, ma non del tutto, in quanto l'ombra di mostri e colossi del progressive come, i Dream Theater o Marillion, permane in più di qualche passaggio di "The Bridge Of Silence" - uno dei brani più intensi assieme a "The Glorious Day". Di certo, non è facile, né tantomeno immediato, riuscire a farlo. Qualche tentativo di rendere vario e colorato questo "Deliverance" c'è, partendo anche da due tracce strumentali come "Efraim" e "Resurrection", esempi piuttosto chiari circa la tecnica e la competenza dei musicisti in questione, che non cercano di eccedere con i virtuosismi.
L'ascolto di questo disco risulta essere scorrevole, grazie all'equilibrio ricercato dai Nostri e dalla voglia di correggere gli errori passati; tuttavia, rimane ancora qualche piccolo difetto: la voce un po' poco espressiva del cantante e batterista Giuseppe Bruno. Effettivamente, questo è un aspetto che tende ad appiattire la qualità e la robustezza delle canzoni ed è un aspetto su cui bisogna lavorare parecchio. Come già sottolineato, gli Aura sono riusciti a migliorare ed a maturare in modo piuttosto netto, anche se talvolta si sente una certa titubanza, come se mancasse la grinta o la graffiata necessaria a cogliere di sorpresa l'ascoltatore. Senz'altro vi sono passaggi notevoli in questo "Deliverance", però si può anche osare di più. La sottoscritta reputa che sia una caratteristica che solo il tempo e la pratica riusciranno a far emergere, quindi si può solo ben sperare.
Quest'album è un discreto album di progressive rock, ben fatto e confezionato con raffinatezza e cura. Gli Aura ne hanno ancora di strada da fare per essere convincenti e graffianti appieno, ma non disperiamo, perché il progressive italiano continua a sfoderare band e dischi interessanti.