Hole
Live Through This

1994, Geffen Records
Alternative Rock

Recensione di Antonio Conte - Pubblicata in data: 13/03/13

Scrivere di rock e ritrovarsi a parlare delle Hole e della loro leader Courtney Love è compito assai delicato, tanto più se si decide di parlarne anche bene. Cadere nel gossip da quattro soldi o aizzare folle inferocite di estimatori del compianto Kurt Cobain è, purtroppo, decisamente più facile.

Live Through This” è un disco la cui fama, volenti o nolenti, è legata agli stessi pettegolezzi di cui è vittima. Viene pubblicato in un periodo decisamente sfortunato, il 12 Aprile 1994, una sola settimana dopo il suicidio del leader dei Nirvana. Due mesi dopo è la volta della scomparsa di Kristen Pfaff, bassista della band. Courtney Love è la figura più odiata del music business: donna, madre, moglie, ora anche vedova, per alcuni addirittura assassina, per altri solo una spietata calcolatrice e disonesta usurpatrice di note e accordi del gruppo del marito. Sono in molti, infatti, a ritenere questo secondo capitolo della discografia delle Hole un disco creato con scarti e b-side dei lavori dei Nirvana, o addirittura interamente scritto e concepito dal signor Cobain. Ma la vera storia è un'altra e per godere appieno di questo album è necessario spogliarsi di alcuni pregiudizi visto che, checché se ne dica, “Live Through This” è il simbolo perfetto del panorama grunge-rock che si respirava in quegli anni condito dal rapporto d'amore e ossessione tra Courtney e Kurt.

Archiviati gli esperimenti no wave del cacofonico disco d'esordio “Pretty On The Inside” di tre anni prima, il nuovo lavoro si compone di pezzi con una forma canzone più lineare e melodie marcatamente pop, ma non per questo meno violente. Al centro dell'opera c'è sempre il disagio esistenziale della signora Love che, spogliatasi dei panni della riot-girl, decide di mettere da parte le “Teenage Whore” d'America e puntare la luce dei riflettori su se stessa. Resta cafona e chiassosa nel singolo d'apertura “Violet” che non ha nulla da invidiare all'irruenza rock di una “Smells Like Teen Spirits”, mette a nudo le sue debolezze, l'odio verso il suo corpo e quella sensazione, sempre viva e presente, di essere costantemente fuori luogo in “Plump”. Le sfuriate vocali e gli esperimenti pop-grunge continuano poi nelle conclusive “Gutless” e “Rock Star”, in cui alienazione e spersonalizzazione la fanno da padrona. L'apice viene però raggiunto negli episodi volutamente più spogli e malinconici, ballate simil-acustiche che strizzano l'occhio alle politiche di Mtv e che diventano presto tormentoni nel repertorio della band. La triste e solitaria “Miss World”, la dolce dedica al marito scomparso di “Doll Parts” (scritta dopo il loro primo incontro che ispirerà poi la ben più famosa “Heart-Shaped Box”), il folk-pop dell'intima e adolescenziale “Softer, Softest”, fino a “I Think I Would Die” (scritta a quattro mani con Kat Bjelland delle Babes in Toyland), che mette in primo piano i problemi con la legge per l'affidamento della figlia Frances Bean. Il songwriting è decisamente più ispirato che in passato, e riesce a dare vita a tutti i fantasmi personali della discussa leader del gruppo, dalla devozione di “Asking for It” (“if you live through this with me, I swear that I would die for you”) fino alle invettive della già citata “Doll Parts” (“And someday, you will ache like I ache”).

Se il disco precedente suonava come un pugno in pieno volto senza nemmeno chiedere scusa, questo “Live Through This” sembra più la consapevolezza del dolore che è scaturito da quella violenza, lo sfrenato tentativo di camuffare le proprie cicatrici sotto strati di make-up, sperando che smettano di sanguinare. Courtney Love grida tutto il suo malessere per l'ultima volta prima di eclissarsi, prima che il mondo intero inizi ad identificarla come la “Vedova di Professione”, ruolo che non riuscirà mai più a scrollarsi di dosso. Ci regala il suo canto del cigno definitivo, un disco che nel suo piccolo diventa un manifesto, un perfetto “Nevermind” in gonnella che nulla ha da invidiare ad opere più blasonate di altre figure femminili (PJ Harvey su tutte) che stravolgeranno il rock in quegli stessi anni.



01. Violet
02. Miss World
03. Plump
04. Asking for It
05. Jennifer's Body
06. Doll Parts
07. Credit in the Straight World
08. Softer, Softest
09. She Walks On Me
10. I Think That I Would Die
11. Gutless
12. Rock Star

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