Recensione a cura di Andrea Pizzini
Pubblicato nel 2005, “Ô Laudate Dominvs” è il debutto di questo ensemble parigino, dedito ad un feroce black metal. A distanza di cinque anni è molto più facile analizzare il disco in questione, data la mole di uscite ed il naturale evolversi del genere e della scena estrema, anche se, in tutta sincerità, tale semplicità di valutazione si poteva avere anche un lustro addietro.
Il perché è presto detto: nonostante una genuinità di fondo, il sound dei nostri è “classico” nel suo dipanarsi lungo le otto tracce, ossia un assalto all'arma bianca, violento, sanguinolento, continuo ed incessante. Pochissimi, seppur presenti, i momenti di pacatezza, durante i quali il trio si dimostra capace di “atmosferizzare” il tutto con trovate lugubri e malsane. Alcuni break, di chiaro stampo death/thrash, hanno il pregio di donare un po' di fantasia e vitalità ad una proposta finale che altrimenti risulterebbe sì selvaggia e ferale, ma tremendamente, e decisamente oltremodo, monolitica. La produzione è in linea con le altre uscite del settore, quindi quello che si sente uscire dalla casse è un perenne rantolo di morte scandito da un drumming secco e sparato a mille, da chitarre “zanzarine” rilegate in secondo piano rispetto ad un cantato velenoso e primordiale.
“Dictum Audiens” è un intro d'atmosfera, con rintocchi di campane, tenebrosi cantichi ed melodie gelide. Un biglietto d'ingresso per il calderone infernale che ci attenderà da li a poco. La title track non perde tempo e ci mostra subito l'anima marcia del combo: batteria al fulmicotone (fantasia zero, praticamente) e guitar working chirurgico e glaciale a farla da padroni. Nonostante un incipit promettente, la successiva “Poisoned Flesh”, presenta tutti i trademark del black metal e poco importa se qua e la saltano fuori alcuni break “introspettivi”, il succo è sempre lo stesso, un denso ribollire di sangue ed interiora. “Celestial Phenomena” suona più ariosa, con Nefastus che si diverte a intersecare i suoi riffs di chitarra, mentre Antares modula meglio il suo drumming, per un risultato finale molto appagante. A metà disco ci si imbatte in una strumentale, “In Paradisvm”, un esercizio di stile per i tre criminali del pentagramma visto che dopo un paio minuti pacati, la situazione cambia radicalmente con un susseguirsi di riffs assassini, cambi d'atmosfera e diaboliche melodie. Il pezzo più violento è certamente “Eternal Torments”, black metal quadrato, ipercinetico, primitivo, non fa sconti alcuni e pesta duro come un fabbro incazzato nero. Le due ultime tracce, “Darkened Shroud” e “Stigma Diaboli”, sono i due estremi dell'anima Glorior Belli. Se la prima reclama ad alta voce la palma come canzone più sperimentale del disco, grazie alla sei corde ispiratissima di Infestus, ecco che la seconda è il rantolo del demonio fatta canzone, non lasciando trasparire un barlume di luce che possa salvare l'ascoltatore di turno.
Alla fine ci si trova tra le mani un lavoro che va sicuramente premiato per l'onestà ed il sudore manifestati, ma che non si può salvare dalle critiche, soprattutto se queste si basano su dati oggettivi. Il sound dei francesi è fin troppo scolastico, schematico e prevedibile salvo colorarsi di primavera nei momenti di sperimentazione che ogni tanto saltano fuori nella mezz'ora d'ascolto. Bocciati? No, sarebbe troppo. Diciamo che la sufficienza la meritano in pieno, se son rose fioriranno... Sperando nelle spine!