Li avevamo lasciati un anno fa alle prese con Gilgamesh, Ocasta, Theseus, Montezuma e con un’altra manciata di “miti”, ora ritornano con un nuovo concept collocato tra passato e futuro, tra fantascienza e storia antica. Power o heavy metal? Il giusto compromesso tra i due generi, fusi l’uno nell’altro per un risultato assai adrenalinico e più che convincente.
Loro sono gli italiani Raising Fear.
Il nuovo album differisce dal precedente Mythos e si concede un lifting, è stato registrato ai Remaster Studio di Vicenza (quelle dei White Skull tanto per intenderci) e masterizzato ai New Sin di Loria a garantire una produzione degna del massimo rispetto. E’ giunto il momento del grande passo? Andiamo a scoprirlo…
IL CONCEPT
Le tematiche di Avalon, a dispetto del titolo che portano, sono molto simili a quelle sviluppate da Olaf Thorsen con The Perfect Machine dei Vision Divine, quindi dimenticatevi Mago Merlino, Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda che vengono ripresi soltanto indirettamente.
Anche qui, in un futuro non ben definito, la tecnologia ha assunto il potere condannando l’uomo a privarsi dei valori, alla scomparsa delle emozioni ed al definitivo crollo delle emozioni.
Arte, filosofia, scienze umane, misticismo, religione, essoterismo e occulto vengono accantonati e con essi viene a mancare quello fino ad allora riconosciuto il “potere” di libri, chiese, templi, opere d’arte, sculture e manufatti.
Alcuni rappresentanti di grandi religioni, congreghe e filosofie riescono a radunare una comunità, detta l’Ordine, che ha come obiettivo primario il recupero dell’umano sapere.
Necessario un processo di iniziazione per entrare a far parte dell’Ordine, processo che culmina con la ricerca del Sacrario, mistica e “quasi” irraggiungibile dimora di predetta comunità.
Un imprescindibile ritrovamento archeologico, un portale energetico, rappresenta uno dei motivi per i quali l’Ordine si mantiene in vita, il portale (e qui le grandi somiglianze col film Stargate) è costituito da un antico cerchio di pietra inciso di simboli pressoché sconosciuti.
Sconosciuti a tutti tranne che a Nicholas Gutenberg, alchimista ed esperto di codici e manoscritti. Introdotto, iniziato, battezzato come Wolfram Von Meinz, Gutenberg viaggerà attraverso il portale per conto dell’Ordine ed Avalon è il racconto del suo primo viaggio…
IL DISCO
Un coro, Voices che poteva essere meglio curato apre a At The Gates of Avalon, un brano da manuale del power metal. I nostri si esibiscono suonando parti costruite con gusto e senso della misura, così come accade in The Priestess’s Speech che si fa apprezzare, tra l’altro, per uno stacco e fuga di chitarra elettrica di marca tipicamente teutonica.
Si ascoltino Purification e Where Past and Future Unite se l’heavy metal, quello senza compromessi, è parte del vostro dna, lasciatevi trasportare dalla dolcezza di Once and Future King e dai passaggi arzigogolati della suite Initiation se gradite un set di chitarre meno invasive e corpulente.
Ce n’è per tutti i gusti, dai riff contagiosi agli assoli incrociati, dalle eteree chitarre acustiche ai passaggi cristallini di una voce femminile.
Come sempre, è il microfono di Rob Della Frera (intervista) a fare la parte del leone, con il timbro alla Chris Boltendahl (Grave Digger), tendenzialmente poco duttile e dinamica la sua prova ma di carattere e, cosa non di poco conto, professionale.
Peccato per i passaggi a vuoto, e mi riferisco a quei brani dalle composizioni dispersive che non risaltano le capacità balistiche del colto Yorick e quelle di Alberto Toniolo, seconda ascia. Inesperienza o limite genetico? Il tempo scioglierà il dilemma.
IL RESPONSO
Avalon è un passo in avanti, non enorme, ma un passo avanti. Se con la recensione di Mythos ci si è sbilanciati per premiare un gruppo al debutto, con Avalon ci conterremo per far capire ai ragazzi che, anche se la direzione è quella giusta, il salto di qualità non è stato completato; la fase di songwriting necessita di un lavoro ancor più approfondito e, consentitemi, personale. Detto questo, i supporters del settore non resteranno affatto delusi da un disco di una band di spessore, non sottovalutatela.