Verso il Regno Unito, passando per Palermo. Strada senz'altro inusuale quella dei Black Eyed Dog, terzetto -guidato dal varesino Fabio Parrinello- recatosi a incidere il proprio garage e il proprio post-punk nel mezzo del proverbiale nulla del litoraneo siciliano (che loro chiamano "bucolica dissolutezza"). Prodotto e registrato in un salotto e in totale autonomia (e si sente) "Kill Me Twice" ha il piglio ciondolante e stanco che si confà perfettamente alla scuola dell'ultimo decennio di alternative lo-fi e pesantemente malinconico, ha chitarre educatamente sporcate da accennate distorsioni, per lo più appena pizzicate ma sovente lanciate in dissonanti sequele di power chord, ha una coppia di voci maschile-femminile che duetta per la quasi totalità della tracklist, come in un continuo, incerto e lascivo corteggiamento (l'album narra delle misere tecniche di seduzione del nuovo mondo social, concedendosi anche l'explicit lyric in "Ms Fuckbook").

In verità, però, a questo terzo album del collettivo (che ha già una discreta esperienza, essendo attivo dal 2007) manca totalmente una scintilla che faccia veramente emozionare, un momento che emerga su un quadro d'insieme fin troppo monotono, statico, grigio (e non bastano, in tal senso, i tocchi ai tasti più acuti del piano in "Litter Doll", o le aperture più ottimistiche di "M.J.R."). Funestato anche da una prova vocale spesso abbastanza fastidiosa e talvolta anche zeppa di stonature che vorrebbero sapere di industrial, "Kill Me Twice" è un disco di musica in fin dei conti semplice, ma eccessivamente pesante da ascoltare nella sua sgraziata ripetitività: un'esperienza che sa graffiare (specialmente su una arrabbiatissima "Widow Man") ma che purtroppo non riesce a premiare con nulla di realmente interessante.