A differenza di quanto l'apparenza potrebbe far travisare, i Melvins non ripropongono ogni anno le loro sottili idee che hanno permesso la loro ascesa dalla West Coast al nucleo di band mai del tutto esplose ma comunque riferimento fisso e fonte d'ispirazione ad oggi inesauribile per molte realtà mainstream. "Hold It In", quarto disco in poco più di due anni, ne è l'ennesima prova. In dodici inediti che rasentano complessivamente l'ora di durata, i veterani del Rock sperimentale spremuto ed elargito in mutevole forma condensano nuove versioni del loro Doom mischiato a Stoner. Non mancano, in pieno stile Buzz Osborne, sorprese Slow Punk, Shoegaze e Garage sparpagliate qua e là senza troppo senso concettuale: i Melvins del 2014 mischiano scherzosa brutalità con basi della loro vecchia scuola, riarrangiate attraverso nuove tecnologie e nuovi suoni. "Hold It In" stesso è un'immersione in sonorità talvolta precarie, metriche costantemente dirompenti e versi non troppo pessimistici.
Si tratta del ventiquattresimo album a catalogo per una delle band che fu di maggiore ispirazione per Kurt Cobain e per tutto il movimento Alternative dei primissimi '90. Eppure, con la leggerezza dell'eterna gioventù, i Melvins si rigettano nella loro stessa creatività, registrando un disco polifunzionante dagli accostamenti di genere definibili coraggiosi e interessanti - o completamente folli.