Rob Zombie: The Lords Of Salem
L'eclettico artista americano lascia il microfono e torna a sedersi dietro la macchina da presa


Articolo a cura di Marco Somma - Pubblicata in data: 13/04/13

Rob Zombie è da sempre perfetta incarnazione del binomio genio e sregolatezza. Un binomio che, in barba ai ben pensanti, ha spesso portato con se carriere artistiche straordinarie, tal volta finite in tragedia ma il più delle volte semplicemente condite da eccessi misti e assortiti. D’altro canto è da tempo che si sa che genio e sregolatezza non sono necessariamente un cocktail letale, tutto dipende da come vengono distribuiti nella vita e nelle opere.


In attesa del prossimo LP “Venomous Rat Regeneration Vendor” facciamo però un po’ di storia dell’artista come regista. Sono ormai passati alcuni anni da quanto il mondo ha scoperto che Zombie oltre ad essere un notevole musicista e show man, aveva parecchio da dire anche in campo cinematografico. Una filmografia, la sua, non esattamente rosa e fiori, intendiamoci. I suoi primi due film “La casa dei 1000 corpi” e “La casa del diavolo” sono grezzi (anche se in larga parte volutamente), volgari e a tratti incoerenti ma pervasi da un’atmosfera tra il grindhouse e il road-movie che ne risolleva le sorti dandogli a singhiozzi un che di sublime. I remake di “Halloween” gli permettono di alzare il tiro, convincendo definitivamente la critica anche se scontentando una larga fetta di puristi della serie. Dopo il secondo capitolo girano voci su un possibile coinvolgimento di Zombie nel remake di “Blob” ma il regista è profondamente scontento della sua esperienza: “facendo un remake sbagli sempre. Sbagli se lo rifai identico, sbagli se ti prendi delle libertà”. L’opera successiva è un videoclippone animato visionario e delirante. “The Haunted World of El Superbeasto” non ha stranamente ancora trovato un distributore italiano disposto a scommetterci, ma fatta eccezione per il Made in Japan l’animazione nel bel paese è ancora legata ad un target infantile, il che basta a spiegare le difficoltà.


robzombiethelordsofsalem_2013_02Veniamo quindi a “The Lords of Salem” ultima opera del maestro, pargolo speciale nato dall’accoppiamento selvaggio di genio e sregolatezza. Come detto tutto dipende da come questi due elementi vengono distribuiti. Il genio c’è, è fuori da ogni dubbio, ma è forse più nella vita privata che nell’opera. Il genio nel riuscire ad avere accanto una moglie, Sheri Moon Zombie, sempre credibile oltre che ben fatta. Dote questa che il marito non manca di sfruttare attardandosi più di una volta sulle forme della bella Sheri. Il resto del cast non è da meno e lo stesso si può dire anche dell’impianto scenico, fatta forse eccezione per un paio di effettacci da Z-movie impossibili da salvare. La fotografia ricorda a tratti quella dello “Shining” firmato Staley Kubrick e la cittadina di provincia viene usata come perfetto scenario di una storia “vera”. Sfortunatamente è però proprio nella storia che emerge la sregolatezza, e il tentativo di renderla vera impedisce alla sospensione dell’incredulità di attivarsi mantenendo l’occhio dello spettatore critico e distaccato. Non mancano i momenti grotteschi e surreali, ma Zombie ci racconta una cronaca di stregoneria metropolitana con qualcosa che ricorda Polanski di “Rosemary's Baby”. Attori, scenografie, montaggio, perfino la colonna sonora partecipano di una naturalezza assoluta che rende tutto verosimile, ci tiene coi piedi per terra, e fa cosi scadere la psichedelia in assurdo e il grottesco in ridicolo. La storia diventa quindi povera e l’attacco alla fede vagamente infantile. A nobilitare la pellicola, a parte le grazie di Sheri Moon e alcune sequenze ben riuscite, rimane solo il tema una costante ricerca d’equilibrio in un’esistenza fragile, dove assoluti come la fede in ogni sua forma diventano più una minaccia letale che un sostegno; tema questo assolutamente ben rappresentato.


In conclusione buona parte dei colpi sparati da “The Lords of Salem” mancano il bersaglio ma, fosse anche solo per le considerazioni finali, forse il film vale comunque una visione. Di altro livello l’esperienza alla chiusura della XV edizione del Future Film Festival che ospita l’anteprima. Accoglienza perfetta nella saletta dell’Apollo di Milano a cui segue una proiezione, non si può fare a meno di sottolinearlo, segnata da un silenzio assoluto dalla prima all’ultima inquadratura. Un piacere unico che forse si può ormai godere solo durante gli spettacoli per la stampa e gli addetti ai lavori…




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