Black Sabbath - "Vol. 4: Super Deluxe Edition"
Il box set definitivo per un capolavoro spruzzato di cocaina e California


Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 08/02/21
"Fill my dreams with flakes of snow"

I Black Sabbath stavano andando al di là delle proprie radici musicali quando, nel 1972, incisero il quarto LP della loro carriera, nel quale, accanto all'oliata matrice hard/doom, venne concesso maggiore spazio alla melodia e ad alcuni tocchi di progressive rock, genere tanto in voga durante quel periodo. "Vol. 4" resta uno dei classici della produzione dei britannici, fama oggi celebrata attraverso una "Super Deluxe Edition", pubblicata da BMG, che annovera un gran numero di rarità, tra outtakes, versione alternative dei pezzi, false partenze, dialoghi in studio ed eterogenei estratti live dal ruspante U. K. tour del 1973. Un campionario di sorprese e curiosità da collezione, completato dalla versione rimasterizzata dell'album, che, benché non tolga né aggiunga nulla all'originale, costituisce la perla più fulgida dell'intero box set.

Un'opera di valore eccezionale, di poco inferiore ai tre lavori precedenti e malgrado all'epoca buona parte dei critici, oltre che dei fan, la giudicò in maniera sdegnosa prima di cambiare radicalmente parere negli anni successivi. Del resto, già in "Master Of Reality" canzoni come "Embryo", "Orchid" e "Solitude" si staccavano dal paradigma costruito in "Black Sabbath" e "Paranoid", testimoniando quanto la band di Birmingham desiderasse divincolarsi da una formula che avrebbe potuto costituire una tenaglia stilistica alla lunga controproducente. Un approccio parzialmente diverso che, non accolto dal favore unanime della stampa di settore, ottenne comunque un notevole riscontro commerciale, incoraggiando il quartetto a proseguire sulla strada appena intrapresa.

Grazie a delle tasche oramai parecchio floride il gruppo decise quindi di operare in completa autonomia, licenziando innanzitutto il fido produttore Rodger Bain, poi trasferendosi a Los Angeles per lavorare al Record Plant; le sessioni di registrazione, purtroppo, incontrarono ostacoli d'ogni sorta, specialmente a causa della crescente dipendenza degli albionici dalle droghe. E non si trattava della marijuana glorificata in "Sweet Leaf", bensì del massiccio consumo di cocaina, che provocò effetti nel fisico (Billy Ward non morì di overdose per puro caso) e nell'elaborazioni dei testi. Molte delle liriche prendevano spunto dalle visioni paranoiche provocate dall'abuso di polvere bianca: in questo senso, la splendida "Snowblind", titolo stesso dell'album fino all'intervento riparatore della nervosissima Warner, rappresentava, a dispetto delle censure e di chiacchiericci vari, il manifesto "stupefacente" dell'intero lotto.

Nonostante i deliri tossici che coinvolsero anche il team di supporto tecnico e le conseguenti difficoltà di un missaggio non esattamente professionale, il combo riuscì nell'intento di ampliare uno spettro sonoro a rischio asfissia. A contatto con il sole cocente della California, i contorni della chitarra di Tony Iommi assunsero lineamenti floreali, le entità oscure che turbavano il sonno di Geezer Butler caddero in narcosi, la timbrica ossianica di Ozzy Osbourne si arricchì di delicatezza e vulnerabilità, comparvero, al pari di oasi nel deserto, pianoforte e mellotron. L'articolata e psichedelica "Wheels Of Confusion/The Straightener", i frutti proto stoner "Tomorrow's Dream", "Supernaut", "Under The Sun/Every Day Comes & Goes", l'inusuale e soffice ballad "Changes" l'esotismo acustico di "Laguna Sunrise", le influenze kraut/space della breve "FX", l'energia sporca di "St. Vitus Dance", la forza tellurica di "Cornucopia": un mosaico che, pur conservando l'ossatura funebre e catramosa del marchio Sabbath, risultava spiazzante, screziato, policromo. Cathedral, Kyuss, Sleep e compagnia cantante impareranno a memoria la lezione, certo calandola in contesti personali, ma senza mai disconoscerne la carica pioneristica; altri, invece, si lasciarono ammaliare dal layout dell'artwork, riproducendolo, con opportune modifiche, per manufatti artistici di differente destinazione.

Alle soglie del mezzo secolo di vita, "Vol. 4" sembra scritto ieri, considerato il suo impatto culturale e i nuovi particolari che saltano all'orecchio dopo ogni ascolto. La "Super Deluxe Edition" rende abbondante giustizia a un capolavoro apprezzato davvero soltanto a distanza di tempo.

 




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