Blind Guardian: le origini dei "Bardi di Krefeld"
Il primo episodio della nostra trilogia dedicata agli headliner del Battlefield Metal Fest


Articolo a cura di Federico Falcone - Pubblicata in data: 05/03/17
Mancano pochi mesi al Battlefield Metal Fest, evento che vedrà esibirsi sul palco del Market Sound di Milano, Blind Guardian, Grave Digger, Eluveitie e molte altre band. Nell'attesa, abbiamo voluto omaggiare la band di Hansi Kürsch e André Olbrich con uno speciale che ripercorre le tappe salienti di una carriera lunga 30 anni. Prendendo spunto dal grande amore che la band nutre nei confronti delle opere create da J.R.R. Tolkien, abbiamo deciso di celebrare il gruppo tedesco con un trilogia che va dagli esordi nei piccoli club di Krefeld alle vaste platee di Wacken, fino a arrivare a festival autocelebrativi. Buona lettura.


La nostra storia affonda le sue radici a Krefeld, tranquilla cittadina tedesca di origine medievale in cui vivono circa 200.000 abitanti. Non una grande città, dunque, né una delle più conosciute o importanti della Germania, ma i suoi confini, protetti da boschi e da numerosi corsi d'acqua, la rendono molto simile a quelle località fantastiche descritte da J.R.R. Tolkien nelle sue opere. E' qui che Hansi Kürsch, cantante e bassista, e Andrè Olbrich, talentuoso chitarrista, si conoscono nel locale liceo, dimostrando da subito grande affiatamento e condivisione per gli stessi interessi. Entrambi sono amanti di band come Helloween e Judas Priest e entrambi conoscono a memoria ogni passo de "Il Signore degli Anelli". Non ancora maggiorenni, fondano i Lucifer's Heritage arruolando Thomen Stauch alla batteria e Marcus Dork alla chitarra. Il genere proposto è uno speed metal dalle chiare influenze thrash e heavy. Non un miracolo di originalità, certo, ma la passione e la determinazione che li spingono a farsi le ossa nei piccoli club di Krefeld e dintorni, sono sotto gli occhi di tutti. Il 15 dicembre del 1985 esce la loro prima demo intitolata "Symphonies of Doom" che, però, non ottiene il successo sperato e, soprattutto, non porta a un contratto discografico. Nessuna etichetta è disposta a pubblicarla e anche l'interesse attorno al gruppo sembra inesistente e lungi dal decollare. Hansi e André, che sono il cuore e l'anima della band, però, non si perdono d'animo e decidono di prendere il toro per le corna. Capiscono gli errori commessi e sono ben decisi a non ripeterli. Dopo aver arruolato per un breve periodo Cristoph Theissen alla chitarra e Hans Peter-Frey alla batteria, danno stabilità alla line up chiamando alla sei corde il loro vecchio compagno di liceo Marcus Siepen, mentre dietro le pelli torna a sedere, ancora una volta, Thomen Stauch. Ma non è ancora sufficiente, serve un'ulteriore svolta. Decidono di cambiare nome al gruppo. Addio ai Lucifer's Heritage, benvenuti ai Blind Guardian.


battalions_of_fear.Il 1988 segna il debutto su disco con il nuovo moniker. "Battallions Of Fear", pubblicato su No Remorse Records, presenta al suo interno nove tracce di speed metal, grezzo e diretto, che strizza l'occhio alla scena tedesca di inizio decennio. In cabina di regia troviamo Kalle Trapp la cui produzione, approssimativa e piuttosto deficitaria, non rende giustizia a un lavoro di per sé ruvido, ma di indubbio valore. Nonostante alcune ingenuità dovute alla giovane età e all'inesperienza, si intravedono, infatti, la grande perizia tecnica dei singoli musicisti e, soprattutto, il gusto per la coralità epica che diverrà uno dei marchi di fabbrica della band. Dalla passione di Hansi per la letteratura, specialmente fantasy e per "Il Signore degli Anelli" in particolare, nascono "By The Gates Of Moria", "Gandalf's Rebirth" e la splendida "Majesty", (ancora oggi, a distanza di trent'anni, uno dei loro pezzi più riusciti). Qualche anno più tardi, lo stesso Kursch dichiarerà: "Tolkien è stata, ed è tutt'ora, un'influenza fondamentale per noi. La sua capacità di creare mondi e universi ci ha aiutati a trovare il giusto equilibrio per il nostro stile, e, grazie a lui, è nata "Majesty"". Nei suoi quasi otto minuti di cavalcata power/speed metal, quest'ultima canzone diventa la prima hit della band, grazie a un riff al fulmicotone, un drumming serrato e il meraviglioso chorus dal sapore epico. Oltre allo scrittore inglese, tra le fonti di ispirazione che ricorreranno in tutta la discografia dei Blind Guardian, trova spazio anche il re dell'horror: Stephen King. Il nome stesso della band è ispirato a "Guardian Of The Blind", tratto dal capolavoro "It", pubblicato soltanto due anni prima.

 

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Sono trascorsi solo dodici mesi dall'esordio quando esce "Follow The Blind", album che segue la scia dettata dal primo lavoro ma che, pur non discostandosi eccessivamente da esso, ha una vena power più marcata. L'affiatamento tra Hansi, André, Marcus e Thomen cresce in maniera esponenziale e le hit "Banish From Sanctuary" (singolo originariamente stampato in sole 500 copie) e l'inno "Valhalla" (in cui appare in qualità di guest Kai Hansen, presente anche su "Hall Of The King") confermano l'ottimo stato di salute del gruppo e una certa propensione a evolvere il proprio sound. Nel corso degli anni, "Valhalla" è divenuta la seconda hit più amata della band. Ogni volta che viene eseguita dal vivo, il pubblico, completamente rapito dal suo incredibile "tiro", non smette di intonarne a squarciagola il ritornello, il cui coro: "Valhalla - deliverance why've you ever forgotten me", suggella l'incredibile feeling tra i musicisti e i propri fans, creando un'atmosfera magica e, a tratti, mistica. Viene rinnovato il sodalizio con la No Remorse Records e con il produttore Kalle Trapp che questa volta, a differenza di quanto fatto su "Battallions Of Fear", riesce a valorizzare maggiormente la qualità e l'incisività delle nove tracce di cui si compone. Al suo interno, si consolida, inoltre, il legame tra i Guardian e le tematiche fantasy e, oltre all'onnipresente Tolkien, sono diversi gli omaggi a Elric di Melnibonè, personaggio nato dalla penna dello scrittore londinese Micheal Moorcock. I miglioramenti dei ragazzi, sia come individualità che come collettivo, sono evidenti. Hansi crea delle metriche vocali graffianti, efficaci e di facile memorizzazione. Le sue linee di basso si amalgamano alla perfezione con il drumming potente e preciso di Thomen. André, autore di riff e assoli mai banali, mette in evidenza tutta la sua creatività con la sei corde, perfettamente in sintonia con il compagno d'ascia Marcus Siepen. Chiudono l'album le cover di "Barbara Ann" dei Beach Boys e di "Don't Break The Circle" dei Demon, all'epoca opzionata come bonus track.


talesfromthetwilightworld_01."Non mi vergogno dei nostri primi due album ma ritengo che le nostre canzoni peggiori siano presenti proprio su quei lavori. Non fosse altro per i testi ridicoli." rivela nel 1999 un sorridente André a un giornale tedesco. Ma il primo, vero, salto di qualità, si ha nel 1990 con "Tales From The Twilight World", terzo album in tre anni. Se su "Battallions.." e "Follow.." le influenze speed prevalgono su quelle power e heavy, in questo full lenght è l'esatto contrario. I Blind Guardian sono maturati, hanno evoluto il loro stile e sono cresciuti in personalità e carisma. Il suono si fa più pulito e il songwriting più complesso. La terza release è un concentrato di potenza, melodia e epicità. Vengono curati ancora di più gli arrangiamenti, viene studiato ogni singolo passaggio compositivo e la qualità complessiva del lavoro è a livelli mai raggiunti in passato. La pubblicazione di Tales rappresenta il momento in cui Hansi e soci bussano davvero alla porta dell'Olimpo dell'heavy metal per rivendicarne una posizione al suo interno. Del resto, capolavori come "Traveler in Time" (ispirata a "Dune", saga fantasy di F. Herbert) "Lord Of The Rings" (ennesimo tributo a Tolkien), "Welcome To Dying", "The Last Candle" e "Lost In The Twilight Hall", sono capisaldi del genere e veri e propri inni power metal, oltre che songs quasi sempre presenti in tutte le setlist dei loro concerti. Immancabili, inoltre, gli omaggi a King con "Tommyknockers" e "Altair 4" che si rifanno entrambe al romanzo "Le creature del buio". La copertina, firmata da Andreas Marschall, è l'ennesimo valore aggiunto per questo disco. Graficamente parlando, è anni luce avanti ai suoi predecessori, il che contribuisce a rendere ancora più evocative le atmosfere presenti al suo interno. Da questo momento in avanti i ragazzi di Krefeld fanno dannatamente sul serio!


Il successo dei Blind Guardian in patria è ormai consolidato e, show dopo show, si allarga anche nel resto d'Europa dove gli estimatori della band crescono ogni giorno di più. La scaletta del tour prevede "Banish From Sanctuary" come opener, cui seguono "Welcome To Dying" (dal 1990 ad oggi suonata quasi sempre tra le primissime esecuzioni nei live) e "Traveler in Time", mentre la chiusura viene affidata a "Run For The Night" o "Guardian Of The Blind", pezzi, a detta di chi scrive, troppo spesso sottovalutati. Tutto sembrerebbe andare per il verso giusto, ma il fallimento della No Remorse Records costringe il gruppo a dover scegliere una nuova etichetta. Dopo anni di sacrifici e una costante crescita in termini di qualità musicale e di audience, si tratta di un crocevia fondamentale. Prendere la decisione sbagliata equivarrebbe a vanificare tutte le ambizioni e i sogni coltivati fino a quel momento. Dopo un'attenta riflessione, i Guardian decidono di firmare per la Virgin Records. E fanno centro, perché la label dell'eccentrico miliardario Richard Brenson, oltre a garantirgli una forza distributiva e promozionale superiore rispetto alla No Remorse, concede loro assoluta libertà compositiva e artistica. Nessun limite, nessuna barriera, nessuna preclusione. Hanno carta bianca.

 

somewhere_far_beyond_01.Nel 1992 esce "Somewhere Far Beyond" e, se fino a quel momento i Blind Guardian si erano solo affacciati a quell'Olimpo "metallico" cui si accennava poco sopra, adesso ne entrano decisamente a far parte. Il trademark della band resta immutato. Il percorso intrapreso su "Tales.." viene egregiamente rimodellato ed evoluto in termini di songwriting, raggiungendo livelli di pura eccellenza. "Somewhere.." è un disco dalle forti suggestioni, nel quale l'attenzione per la melodia e la cura per i singoli dettagli diventa maniacale. Qui, per la prima volta, vengono esplorate sonorità marcatamente sinfoniche, pur continuando a strizzare l'occhio all'heavy metal più classico. Allo stesso tempo, però, il lavoro viene impreziosito da un suono cupo, in grado di esaltare le atmosfere magiche e fantasy presenti nelle tracce. La tracklist si apre con l'arpeggio di chitarra di "Time What Is Time", canzone incisiva e potente, basata sul romanzo "I cacciatori di Androidi" di P.K.Dick che, inspiegabilmente, non sarà una costante nelle setlist degli anni a venire. Eppure, ancora oggi, sono in molti a considerarlo uno degli episodi più riusciti dell'album. Bellissime anche "Journey Through The Dark" e l'omonima title track, ispirata a "La Torre Nera" di King, che costringono l'ascoltatore a premere il tasto "repeat" più e più volte. Se nei precedenti tre dischi in studio i quattro ragazzi tedeschi avevano attinto a piene mani da "Il Signore degli Anelli", adesso è la volta di omaggiare un altro capolavoro di Tolkien, "Lo Hobbit". L'accoppiata "The Bard's Song, In The Forest" - "The Bard's Song, The Hobbit", vale alla band l'appellativo "I Bardi di Krefeld", titolo onorifico che, da questo momento in poi, li accompagnerà per tutta la carriera. La prima è una ballata acustica dalle tinte folk medievali, in cui Hansi, in quel periodo profondamente toccato dalla scomparsa del padre, riversa all'interno del pezzo le sue struggenti emozioni. Ne esce fuori una traccia di rara dolcezza che fa breccia anche nei cuori dei fans più restii a tali sonorità. Il pubblico, dal vivo, la intona dalla prima all'ultima nota con un pathos e un trasporto assoluti. C'è spazio anche per una convincente cover di "Spread Your Wings" dei Queen, band particolarmente apprezzata fin dai tempi del liceo.


"Somewhere.." scala le classifiche in Germania e in Europa, ma il successo commerciale, quello assoluto, si ha in Giappone. Nella Terra del Sol Levante, i Blind Guardian, nonostante i soli quattro ellepì all'attivo, sono idolatrati come delle celebrità. Ed è proprio per questo motivo che la band decide di registrare il suo primo live album a Tokyo. Vengono, così, immortalati gli show al Koseinenkin Hall (4 dicembre) e al NHK Hall (6 dicembre). Il risultato è "Tokyo Tales" (il riferimento a "Tokyo Tapes" degli Scorpions, live album del 1978, è chiaro, anche se non verrà mai ammesso pubblicamente), che, nelle sue dodici tracce, ci restituisce i Blind Guardian nel pieno della loro forma. Hansi è incredibilmente espressivo, esattamente come Thomen, che dietro le pelli della batteria è autore di una prestazione sontuosa senza mai un calo di ritmo. André è, come al solito verrebbe da dire, elegante e preciso quando imbraccia la sua Esp (di cui, nel frattempo, è diventato endorser), macinando riff su riff con la consueta sicurezza, degnamente supportato da Marcus alla chitarra ritmica. Ai tempi la registrazione in digitale non era dominante come al giorno d'oggi e, anche grazie al sound un po' sporco ma genuinamente diretto e naturale, in Tokyo Tales è possibile entusiasmarsi con i cori e contro cori dei metalkids giapponesi, coi ritornelli epici e infuocati di songs come "Majesty", "Valhalla" o "Lost In The Twilight Hall" e, infine, lasciarsi andare a colpi di rock n'roll sulla conclusiva e, coinvolgente, "Barbara Ann".


Qui si chiude la prima parte della nostra trilogia. Quella in cui quattro ragazzi accomunati dalla passione per il rock classico e per l'heavy metal, passano dal suonare in un piccolo garage ad esibirsi davanti migliaia di fans in tutto il mondo.


"La via prosegue senza fine, lungi dall'uscio dal quale parte. Ora la via è fuggita avanti, devo inseguirla ad ogni costo. E poi dove andrò? Nessuno lo sa". Questa spensierata, ma significativa, filastrocca cantata da Bilbo Baggins ne "Il Signore degli Anelli", basterebbe da sola per descrivere l'essenza di una band che, nel giro pochi anni, ha saputo evolvere e consolidare il proprio sound, conquistando il cuore di migliaia di headbangers e non solo. Un'essenza fatta di grande passione, certo, ma anche e, soprattutto, di coraggio e ambizione che ha portato i Blind Guardian ad essere uno dei gruppi più rappresentativi del power metal, e del metal in generale, degli ultimi 30 anni.




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