Bruce Dickinson: il principe degli alchimisti
Storia di una rivincita sulla vita


Articolo a cura di Marta Scamozzi - Pubblicata in data: 07/08/16

"Cosa cercavano di fare gli alchimisti? Cercavano di raggiungere qualcosa di virtualmente impossibile, spendevano la loro intera vita nel tentativo, e tutti, tutti loro fallirono. E a quel punto come ci si sente, e come funziona, e perché dovresti continuare a tentare?"


Bruce Dickinson su "Trumphets of Jericho" traccia inclusa in "Chemical Wedding".


Le origini


Chiunque sia appassionato di musica metal conosce, a grandi linee, le vicende dell'universalmente noto cantante britannico. All'anagrafe Paul Bruce Dickinson, colui che diventerà uno dei frontman più amati di tutta Inghilterra, e non solo, nacque nel 1958 a Worksop, una cittadina mineraria del Nottinghamshire dove visse finché la famiglia non si trasferì nella Sheffield dei Def Leppard e Joe Cocker. Figlio di una ragazza madre, a seguito del fallimento di un aborto indotto, interpreta alla perfezione la parte del ragazzo difficile attraverso un'adolescenza tormentata, durante la quale sviluppa però una decina di interessi diversi tra i quali la scherma, la letteratura, l'aviazione e la storia dell'alchimia. Col trascorrere degli anni, complice la fortuna, e un certo talento, prevarrà l'interesse per la musica. Favorito dalla scena live di Sheffield, e affascinato dall'heavy metal anni '70, dopo un primo tentativo dietro le pelli, il giovane Bruce si scopre più portato per il ruolo di cantante e intraprende quindi la sua carriera facendo gavetta in band locali quali Styx (non la celebre e omonima formazione statunitense) Speed, e Shots.


La svolta arrivò grazie alla sua militanza nei Samson, band a cui si unì a fine anni '70, una delle poche realtà heavy metal in circolazione su un panorama nazionale nel quale, all'epoca, imperversava il ben più popolare punk. Dopo tre dischi, "Bruce Bruce" (questo era il suo moniker nei Samson), lascia la band per divergenze stilistiche ma non prima di venire notato da un certo Steve Harris proprio durante l'esibizione dei Samson al Reading Festival del 1981. Il resto è leggenda.


Gli Iron Maiden - Parte Prima

 

ironmaiden1983brucedickinson_600 


Quanto sorprese immediatamente del nuovo cantante degli Iron Maiden fu quell'innata attitudine a rendere propria qualsiasi canzone. Volendo analizzare la discografia della band in quegli anni, traccia per traccia, è evidente che il contributo di Bruce in sede compositiva sia stato abbastanza marginale. Il deus ex machina degli Iron Maiden anni '80 è infatti Steve Harris, è lui a scrivere la maggior parte dei pezzi in collaborazione con Adrian Smith e Dave Murray. Ciò nonostante, guardando qualsiasi live della band, non si può che restare colpiti dalla carica emotiva con cui Dickinson interpreta ogni brano, rendendolo totalmente proprio. Quindi sì, gli Iron Maiden saranno pure una creatura di Steve Harris, ma è in Bruce Dickinson che essi si manifestano. Nella fattispecie, le visioni del primo si concretizzano tramite l'interpretazione e il carisma del secondo.


Conclusi gli anni '80, periodo che funse da palestra per Bruce al fine di amalgamarsi gradualmente con il resto della band. Nel 1992, gli Iron Maiden sono ormai una realtà coesa e funzionante e, proprio in questo anno, esce lo storico "Fear Of The Dark", album che mescola i caratteristici temi storico-letterari degli Iron Maiden e di Harris a pezzi più personali e introspettivi nei quali si inizia a notare lo zampino di Bruce.


Con una decina di anni di militanza in una delle metal band migliori del mondo, e con sette ottimi album alle spalle, a fine anni '80, tutto sembra andare per il meglio per Bruce Dickinson. Eppure, proprio come spesso accade in ogni storia che si rispetti, quando tutto sembra filare liscio, i tempi sono maturi per un colpo di scena.


La carriera solista

 

b_dickinson3_600 


Istigato da un periodo sabbatico che gli Iron Maiden si presero nel 1989, Dickinson si cimenta come solista con "Tattooed Millionaire" (1990), coadiuvato dal chitarrista Janick Gers, sua vecchia conoscenza con cui aveva appena collaborato al brano "Bring Your Daughter... To The Slaughter" incluso nella colonna sonora del film horror "Nightmare on Elm Street 5". Questo primo disco solista, più vicino all'hard rock che all'heavy metal, suscita reazioni positive sia dalla critica che dai fan. Che sia stata questa la causa scatenante, oppure vuoi perché nel frattempo era riemersa la vecchia passione per l'aviazione, Bruce chiude il capitolo Iron Maiden nel 1993 e si dedica unicamente alla ricerca della sua personale dimensione. Purtroppo, tale decisione, almeno inizialmente, si rivelò una scelta infelice. Un anno dopo, "Balls To Picasso" suscitò infatti reazioni molto dure da parte della critica, che imputò al cantante di mescolare troppi stili con troppo poco criterio. Le cose non migliorarono neanche con l'uscita di "Skunkwork" passata praticamente inosservata agli occhi dei fan i quali, intanto, sono probabilmente troppo impegnati a capire quanto piacciano gli Iron Maiden con un Blaze Bayley dietro al microfono.


A metà anni novanta sembra chiaro che in effetti i nuovi Iron Maiden piacciono poco, Bruce solista piace poco, ed è opinione comune che se quest'ultimo facesse il favore di chinare la testa e tornare tra le braccia di Steve Harris & Co. farebbe un favore non soltanto a sé stesso ma anche all'intero popolo metal. Nonostante questa possa sembrare la soluzione più logica per tutti, non lo è per Bruce che, nel 1997, pubblica l'album della vita, letteralmente: "Accident Of Birth". Si tratta di un album tremendamente sincero, senza inibizioni, in cui la confusa mescolanza di stili, tanto critica in "Balls To Picasso", invece si armonizza ad esprimere una vasta gamma di sentimenti. I toni dell'album trovano la loro piena manifestazione nella title track, la quale è impregnata di un'onestà quasi insopportabile.


La vena cruda e disinibita di "Accident Of Birth" è ripresa poi nel suo ultimo album del decennio da esule: "Chemical Wedding". È bene in questo disco in cui l'ormai definito stile di Bruce Dickinson si esprime appieno: le canzoni non sono altro che pillole di storia e letteratura dietro le quali si celano cupe lezioni di vita e una radicata passione per l'occulto e l'alchimia. Volendo aprire una breve parentesi sulle attività collaterali di Dickinson, merita citare la sua futura avventura cinematografica, onomima dell'album "Chemical Wedding", incentrata sulla controversa figura di Mr. Aleister Crowley, considerato da molti il fondatore dell'occultismo moderno.


E così, con il nuovo millennio, Bruce Dickinson, il nuovo Bruce Dickinson, il songwriter, il pilota, lo storico e l'alchimista, riprende i contatti con Harris.


Gli Iron Maiden - Parte Seconda


Sebbene Harris tenga ancora ben strette le redini della band, gli ultimi cinque album degli Iron Maiden sono positivamente influenzati dalla nuova dimensione conquistata da Bruce negli anni novanta che trova più spazio in "Dance of Death" (2003) mentre negli ultimi due album, "The Final Frontier" e "The Book of Souls", il suo apporto è inferiore alla metà dei brani presenti. Ad ogni modo, da "Brave New World" in poi il carattere esclusivamente heavy metal della band è definitivamente abbandonato, lasciando spazio a sperimentazioni sia per quanto riguarda la musicalità che i testi densi di giudizi morali su temi cardini dell'esistenza (vita, morte, guerra e società) grazie a versi molto descrittivi. Questo progressivo amalgamarsi di stili diversi rende gli Iron Maiden una delle poche band che, dopo trent'anni di carriera, riesce ancora a sfornare album indiscutibilmente ottimi.


Tutto ciò ha il sapore del riscatto ottenuto da un bambino nato per sbaglio ma con uno straordinario talento. Una rivincita sulla vita merito di una buona dose fortuna, ci mancherebbe, ma sopratutto di una passione fuori dal comune; quella passione che rende una critica negativa una spinta per migliorare, la stessa che rende perfetti tremila atterraggi successivi dopo uno terribile per il motore.

 

b_dickinson1_600 


La storia di Bruce Dickinson è la storia dell'alchimista, dell'uomo che insegue le sue passioni nonostante sembrino irrealizzabili, ridefinendo i limiti dell'assurdo e del possibile; l'alchimista che piuttosto di chiedersi di che risorse disponga, se le crea da sé.

 

Articolo a cura di Marta Scamozzi e Costanza Colombo. Si ringrazia Stefano Torretta per la collaborazione.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool