Lorna Shore - ... And I Return Of Nothingness (Century Media Records)
Sin dai loro primi dischi, con pubblicazioni come "Bone Kingdom" del 2012 e "Maleficium" del 2013, era chiaro che i Lorna Shore avessero quel qualcosa in più capace di distinguerli dai gruppi dell'affollato universo deathcore. L'uscita di "Immortal" nel 2020 ha segnato l'apogeo artistico degli statunitensi: un disco così stratificato e ampolloso per il genere, ricco di spunti orchestrali e sassate blackened, che sembrava impossibile replicarne la forza e la qualità. Nonostante l'addio del singer e fondatore Tom Barber e del suo sostituto CJ McCreery, oltre che del chitarrista ritmico Connor Deffley, Adam De Micco e Austin Archery sono riusciti nell'impresa di trovare degli spiriti affini in Andrew O'Connor e nel frontman degli A Wake In Providence Will Ramos: il risultato, straordinario, è l'EP "... And I Return Of Nothingness", venti minuti di poesia cupa e aggressività al veleno. Di fatto, vengono riproposti gli elementi vincenti dell'ultimo album in studio, con gli elementi sinfonici che fungono sia da ponte tra le due opere sia da spia per il futuro prossimo della band, ormai in procinto di distaccarsi da qualsiasi etichetta o categorizzazione. Soltanto tre brani, ma quanto Romanticismo e oscurità!
Slaughter To Prevail - Kostolom (Sumerian Records)
Formatisi nel 2014, quando il chitarrista britannico Jack Simmons, noto per il suo lavoro in Acrania e Hollow Prophet, ha deciso di collaborare con il cantante Aleksandr "Alex Terrible" Shikolai e il batterista Anton Poddyachy, entrambi ex membri dei We Are Obscurity , gli Slaughter To Prevail sono stati sulla bocca di tutti sin dall'EP d'esordio "Chapters Of Misery" (2015). Dopo il primo full-length "Misery Sermon" (2017), furioso esempio di deathcore strutturato seguendo lo stile di pionieri come Carnifex e Suicide Silence, il combo, rinnovato parzialmente nella line-up, torna ora in scena con "Kostolom", altro mattone di pura demolizione spiaccicato direttamente sul viso. Eppure, non ci troviamo di fronte a un concentrato esclusivo di violenza, visto che la band, rispetto al passato, espande il proprio sound soprattutto in direzione nu metal, lanciando argute strizzatine d'occhio agli Slipknot, concedendosi ampie progressioni melodiche e innestando un surplus di salutare ironia nelle composizioni. Notevole il tasso tecnico mostrato dagli anglo-russi e la brutalità vocale del singer, quest'ultimo molto migliorato nella pronuncia dell'inglese; per il resto, se le maschere indossate dai cinque fanno folklore, l'impatto della proposta non ammette prigionieri. Bombastico e devastante.
Tracce consigliate: "Demolisher", "Baba Yaga", "Made In Russia"
Wormwitch - Wolf Hex (Prosthetic Records)
"Wolf Hex" rappresenta il terzo album sulla lunga distanza dei canadesi Wormwitch, successore dell'ottimo "Heaven That Dwells Within" e ottima miscela di swedish black ed heavy metal con spruzzate di thash old school e crust punk. Non sorprende, dunque, che i nordamericani, rafforzati dall'arrivo in formazione del chitarrista di Seer e Vital Spirit Kyle Tavares, provengano da un background hardcore, di cui conservano approccio ed essenzialità. Tuttavia, rispetto alla selvatichezza tout court dei due lavori anteriori, pare che qualcosa, nei dettagli, sia leggermente cambiato: brevi incisi folk, asce dal suono pieno e spazioso, ricercatezze sparse qua e là. Una raffinatezza fagocitata da riff incendiari e orecchiabili, da un Robin Harris che ulula annientando l'ambiente circostante, da un intenso tiro e molla tra l'epico e l'aggressivo, quasi ci si trovasse tra le Montagne Rocciose e l'East Hastings Street di Vancouver. Insomma, tanta maionese all'interno del classico panino al prosciutto: dopo ogni boccone, ne serve urgentemente un altro per riempire uno stomaco bramoso di barbarie e crudezze. E come stuzzichino, la reinterpretazione di un pezzo dei Metallica!
Tracce consigliate: "Lunar Maniac", "Canadian Denim Mountain Attack", "The Wolves Of Ossory"