Paul Di'Anno - The Beast. Un'autobiografia sopra le righe
Sesso (tanto), droga (tantissima) e rock n roll (quando capita). Un viaggio tra esagerazioni e realtà


Articolo a cura di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 21/11/15
Si, mi sono drogato un casino e sì, ho bevuto qualsiasi drink conosciuto dall’uomo. Ho un problema? Cazzo, quale sarebbe il problema? Mi sono solo divertito come uno stronzo, questo è tutto, e mi sono goduto quasi ogni momento.

Paul Di’Anno, la prima voce degli Iron Maiden, colui che, nel bene e nel male, ha contribuito a far crescere la band inglese portandola alle soglie del successo mondiale. Poi quella porta è rimasta aperta per Steve Harris e soci, lui è rimasto indietro ed è riuscito a riaprirla solo a suon di calci, botte, alcool e vita sregolata. Paul stesso si descrive come un tipo che ti può dare tutto in termini di entusiasmo, a patto che non si mettano paletti di alcun tipo.

la_bestia_autobiogr_01The Beast”, biografia scritta dallo stesso Paul (o per Paul, od insieme a Paul, dato che la presenza di un ghost writer è stata succesivamente data praticamente per certa dal diretto interessato) narra la vita del cantante inglese tout-court: pochi giri di parole, tanti fatti, molti eclatanti, moltissimi dei quali si svolgono tra le mura delle camere d’albergo di venticinque anni di carriera. Si, avete letto bene, ed il sottoscritto non si è sbagliato. Venticinque anni di carriera, perché l’opera in questione che solo oggi vede le folli gesta di Di’Anno nero su bianco nella nostra amata (ed un po’ bistrattata) lingua è stata originariamente scritta nel 2005 e pubblicata solo cinque anni dopo, dunque l’intenzione di trasferirsi in Brasile frattanto è diventata realtà,il Nostro è stato invischiato in nuove beghe legali e finanziarie con il governo inglese (truffa per falsa invalidità e conseguenti mesi di reclusione) ed un fortunato farewell tour che è diventato poi una scusa per metter su l’ennesima band.

Come se ciò non bastasse, l’autobiografia è sì molto “pittoresca”, ma deve combattere contro due grane piuttosto corpose: anzitutto cerca di cucire su Di’Anno l’immagine del rocker dannato e sempre in bilico tra fortuna e sfighe colossali, ma senza quell’aura di “maledetto” che invece si evince nelle biografie di altri personaggi illustri (vien spontaneo il richiamo a “The Dirt”, biografia dei Motley Crue davvero ben curata), il tutto col risultato di non risultare “figo”, ma più un teppistello con l’ira facile (e la voglia di far baldoria, che in effetti non guasta mai) che si è trovato di punto in bianco nel mondo del rock business e che vuole essere a tutti i costi “cool”, il che è ben diverso. Arrivare a pagina 180 e leggere per l’ennesima volta l’ennesimo excursus sull’ennesima groupie ingroppata tra coca e alcool risulta quasi noioso, non interessante o forte.
 
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Seconda e ben più grave colpa, ammessa dallo stesso Paul qualche tempo fa, è che “The Beast” è costituito da un variopinto arazzo di – scusate il termine – minchiate colossali. Un buon 80% dei fatti narrati è realmente accaduto (o comunque plausibile), ma fin troppo spesso l’avventura è visibilmente condita da esagerazioni o dettagli completamente inventati (l’episodio in cui DI’Anno pedina uno spacciatore di una delle gang di Los Angeles più influenti e gli spacca i denti per vendicarsi di un agguato di qualche giorno prima... Dubitiamo che, qualora fosse realmente accaduto, il buon Paul sarebbe ancora vivo e vegeto in giro per mezzo mondo). Ghostwritero meno, è un po frustrante avere ad ogni paragrafo il dubbio che ciò che si legge sia realmente accaduto, leggermente spettacolarizzato o completamente inventato, anche perché la prima parte del libro riesce nell’intento di dare spazio ai lati del cantante più umani: l’infanzia tra i sobborghi di Londra, l’entusiasmo di poter fare davvero qualcosa di importante e seguire le proprie attitudini artistiche... Insomma, scavare un po’ verso il lato più umano di Paul piuttosto che rotolarsi nel fango con tanta soddisfazione e vantarsi in malo modo di tutte le conquiste one-night-long.
 
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La traduzione a cura di Sara Boero mantiene piuttosto bene lo stile grezzo e senza peli sulla lingua (no, non mi abbasserò a scrivere facili battute a riguardo) originale, anche se dei refusi spuntano non così di rado qui e lì.

Se riuscite a non farvi tartassare dal dubbio se quel che state leggendo sia vero od eccessivamente romanzato, “The Beast” può rivelarsi una lettura anche divertente, a tratti persino interessante. Ma non chiamatela autobiografia. Piuttosto, “esagerografia”.



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