Carlo Peluso: ascolta il concept album "Kaleidocity"
Il musicista prog torinese racconta la sua città vista dalla finestra, che si affaccia su quartieri deserti durante il lockdown


Articolo a cura di SpazioRock - Pubblicata in data: 10/11/20
"Kaleidocity"
 
Il mini-album è nato durante la quarantena, a marzo 2020, e pubblicato all'inizio della seconda ondata di lockdown, il 7 novembre 2020. Il concept su cui si basa il disco è la città, descritta da una musica surreale ed eclettica che spazia dal progressive rock, al jazz, alla fusion e al rock classico. 
  
Nella cover, disegnata dall'illustratrice Laura Zoe, si intravedono tre zone della città - tre come i brani inseriti nel disco: un quartiere, un parco e mercato (in basso a destra). La città è completamente deserta, e sembra la visione dall'alto da un grattacielo ancora piu alto. "Durante la composizione del disco questa era la mia visione di una Torino, luogo in cui abito, completamente deserta, vista dalla mia camera", spiega Carlo.
 
 
kaleidocity 
 

I tre brani del disco descrivono uno ad uno la peculiarità di questi tre quartieri.

 

"Taxus Garden": letteralmente il "giardino dei tassi", è la parte della città posizionata in basso a sinistra in cui si intravede un po' di verde. Il "tasso" è un albero identificato come "l'albero della morte" poiché viene utilizzato spesso nei cimiteri e simboleggia l'immortalità. Se si guarda bene si puo intuire che gli abitanti di questa città non esistano piu o siano appunto deceduti, nonostante la città sembri ancora viva per via dei colori luminosi. Il disco è quasi interamente strumentale, proprio perché in questa città non ci sono voci umane (tranne una). Questo pezzo è il piu crudo e distorto.

 

"Headquarter": è un brano eclettico, descrive il quartier generale come un luogo di ricchezza e di affari, il pezzo contiene diverse scene musicali, dalla piu gioiosa alla piu soft, passando per l'ambient.


"Tianguis"
: letteralmente "mercato" in Messicano, descrive invece la parte multietnica di questa città surreale. Nel brano si ritrovano richiami alla fusion anni '70, e fusion è anche un termine che indica un mix di etnie. Una dei queste è rappresentata dalla cantante bulgara Katya Tasheva, che intona a metà del pezzo una struggente ballata folk d'amore intitolata "Ochi, ochi", con i cori di Matteo Bevilacqua. Queste sono le uniche creature che abitano la città descritta in "Kaleidocity". L'ultima parte del disco è un omaggio a "Giant Steps" di John Coltrane, che con la sua armonia descrive a pieno un "caleidoscopio" di sovrapposizioni armoniche ed infinite, i cosiddetti "Coltrane Changes".

 

Credits

Carlo Peluso - Tastiere, percussione e programming
Giovanni Peluso - Chitarra

Marco Fabricci - Basso
Katya Tasheva - voce in "Tianguis"
Matteo Bevilacqua - voce in "Tianguis"
Davis West - violino in "Headquarter"

 

Crew

Mix & mastering: Federico Ascari
Artwork: aura Zoè 

 




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool