Dead Poet Society, -!-
L’esordio della alt-rock band di Boston ci ricorda tutto ciò che ci manca di più.


Articolo a cura di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 12/03/21

Leggi l'intervista a Jack Underkofler QUI

 

E cosa ci manca di più di quel rock viscerale, trascinato, quello delle chitarre sfrenate e dei club di notte?
In questo modo di overproduzioni, i Dead Poet Society scelgono l'autenticità del rock più vivido, quello da suonare e da ballare fino allo sfinimento. Il pretenzioso ermetismo del titolo -!- in realtà è più eloquente di quanto voglia sembrare. Siamo di fronte infatti a un esordio esplosivo, energico, che ha voglia di bucare lo spazio, il tempo, colmare le distanze e rapire tutta l'attenzione di chi ascolta. E ci riesce, senza alcuna fatica.

Dai riff corposi del singolo "American Blood" o ".CoDa.", passando per la claustrofobia e le involuzioni di ".SALT." o ".lovemelikeyoudo.", dai suoni oscuri e seducenti, questo album è un continuo saliscendi di tensione e rilascio, di urla e sussurri, come quello incantevole di "I Never Loved Myself Like I Love You" (con quegli eco Indie dei primi 2000) o della dolce e tormentata ".haunted.", che chiude questo primo lavoro con arpeggi di chitarra soffusi.

 

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Sono storie di vita vissuta, di sentimenti incontenibili che si realizzano attraverso la voce Jack Underkofler, cangiante e travolgente, snodandosi su un sound ammaliante e riuscendo nell'intento più ovvio - quello a cui tutti aspirano - ma più difficile: quello di scrivere belle canzoni, e senza trucchi.

 

-!- dei Dead Poet Society esce venerdì 12 marzo via Spinefarm Records.

 

 




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