L'angolo oscuro #19
Le uscite estreme più interessanti del mese di febbraio


Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 23/02/21
Edizone speciale della nostra rassegna per il mese più breve dell'anno, ricco sì di uscite estreme di valore, ma caratterizzato dalla pubblicazione di due album magnifici, capaci di declinare l'oscurità senza chiudersi in etichette o limitazioni di genere. Sovrastanti.
 
theruinsofbeverastcoverThe Ruins Of Beverast - The Thule Grimoires (Ván Records)

 

Da una parte l'isola leggendaria di Thule, limite settentrionale del mondo e terra degli Iperborei, dall'altra i grimori, libri di magia diffusi in varie epoche e culture. Il titolo scelto da Alexander von Meilenwald per il sesto album dei The Ruins Of Beverast, "The Thule Grimoires", dà l'idea del clima che si respira tra le gelide e allucinatorie pieghe del platter: vaste steppe innevate, mammut che combattono contro gli elementi, notti infinite e appena illuminate dal bagliore magico e lievemente psichedelico del Nord, luci e fiamme di cerimonie liturgiche officiate all'ombra di antichi vestiboli. Influenzato dal meraviglioso split con gli islandesi Almyrkvi (2020), l'artista tedesco, capace di forgiare nei lustri uno stile unico e riconoscibile, mette in parziale naftalina, senza dimenticarlo del tutto, il percussionismo sciamanico e la trance selvaggia del precedente "Exuvia" (2017) per concentrare l'attenzione su qualcosa di diverso. La matrice black/doom del solo project teutonico, tentacolare, carismatica, dal retaggio death e dalle movenze epiche, opera da base a un discorso sonoro che si apre a realtà meno estreme e proibitive: darkwave, grunge, gothic, con un occhio ai Fields Of Nephilim e ai Type O Negative e, in generale, a una ricerca melodica che guarda decisamente agli anni '80. Una congerie di stili che, come d'abitudine, riesce a dipanarsi in maniera fluida e tenebrosa, efficace nel restituire l'immagine di un paesaggio privo di veri limiti geografici, fuori dal tempo e dallo spazio, popolato da presenze non esattamente umane né così amichevoli e accoglienti. La vocalità poliedrica del mastermind fa il resto, per un disco che, pur relativamente abbordabile nonostante la durata da competizione, ha comunque bisogno di ascolti assidui ai fini di una sua intima e profonda comprensione. Un'opera eccellente, ancora una volta.

 

Tracklist:


01. Ropes Into Eden
02. The Tundra Shines
03. Kromlec'h Knell
04. Mammothpolis
05. Anchoress In Furs
06. Polar Hiss Hysteria
07. Deserts To Bind And Defeat

 

harakirifortheskycoverHarakiri For The Sky - Mære (AOP Records)

 
Nel folklore scandinavo, il termine mære indica una creatura che, dopo il tramonto, irrompe nelle camere da letto e si appoggia sul petto delle persone addormentate, creando quelle sensazioni di disagio e soffocamento tipiche dell'incubo. Questo diffuso stato di ansia febbrile e terrore notturno è da sempre al centro dell'universo degli Harakiri For The Sky, duo austriaco che ha contribuito, con Alcest e Defheaven, all'elaborazione di un post black metal, aereo, indefinito, emotivamente intenso e fisicamente coinvolgente. Nel nuovo lavoro "Mære", i viennesi riescono a sublimare le proprie angosce esistenziali attraverso un viaggio di quasi novanta minuti caratterizzato da un perenne movimento tra caos, disperazione e dolcezza malinconica, diluendo l'accessibilità di "Trauma: III" nella ferocia alchemica di "Arson" (2018). Un percorso musicale e terapeutico da cui risulta impossibile uscire indenni e che mostra come, a otto anni dallo splendido esordio omonimo e a sei dall'altrettanto sorprendente "Aokigahara", il vocalist J.J. e il polistrumentista M.S. continuino ad amplificare il concetto di "atmosfera", portandola in territori ambient, rock e shoegaze sempre più avvolgenti e crepuscolari. Crogiolandosi in melodie vellutate e arpeggi onirici senza comunque rinunciare a una buona dose di cattiveria, la band eccelle nell'implementazione di strati differenti, azione rafforzata da una scrittura impeccabile, da un'avvincente performance esecutiva di Matthias Sollak, dalle crude cordi di Michael V. Wahntraum, che arrancano desolate alla ricerca della catarsi, dalla versatile prova dietro le pelli di Kerim "Krimh" Lechner (Septicflesh), presenza decisiva già nello scorso lavoro, da un paio di ospiti di grande rilievo (Neige e il cantante senza nome dei Gaerea). Calore e freddezza, inquietudini e raggi di speranza, dunque, per uno squarcio di luce nell'opacità notturna del vivere quotidiano.

Tracklist:

01. I, Pallbearer
02. Sing For The Damage We've Done
03. Us Against December Skies
04. I'm All About The Dusk
05. Three Empty Words
06. Once Upon A Winter
07. And Oceans Between Us
08. Silver Needle // Golden Dawn
09. Time Is A Ghost
10. Song To Say Goodbye



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