Anche dopo un distratto ascolto dell'esordio omonimo dei LoveKillers, pubblicato sotto l'egida Frontiers, bisogna evidenziare come il vero vincitore appaia, indiscutibilmente, Tony Harnell: certo, i brani, sospesi tra melodic e hard rock, risultano lusingatori e accattivanti, con le chitarre che rimandano al sound dei primi TNT e una produzione, opera dell'onnipresente Alessandro Del Vecchio, cristallina e potente. Spetta, però, all'ugola straordinaria del singer fare la differenza.
Accompagnato da una band tutta italiana, il frontman californiano esercita il proprio ampio spettro vocale su un lotto che alterna momenti sostenuti ("Alive Again", "Hurricane"), ruvidi up-tempo ("Higher Again", "No More Love"), pezzi più cadenzati ("Across The Oceans"), ballad dal sapore di miele ("Set Me Free"). Il disco non ha di sicuro pretese particolari né intende proporre nuove soluzioni, ma il suo merito maggiore risiede nella capacità di non stancare le nostre orecchie, grazie soprattutto a un songwriting privo di grossi difetti e a un lavoro di squadra davvero lodevole.
La missione dei LoveKillers di addolcire e smussare le fervide plettrate di Ronnie Le Tekro senza, per questo, renderle innocue, può dirsi compiuta: l'instant album è servito.