Wig Wam - Never Say Die
Alla inattesa reunion della band norvegese si accompagna la realizzazione di un album solido ed orecchiabile


Articolo a cura di Ludovica Iorio - Pubblicata in data: 31/01/21
Il 2014 sembrava segnare ufficialmente l'ultimo anno di vita del gruppo glam/hard rock norvegese Wig Wam, ma si sa come vanno le cose in questo contesto: non è mai detta l'ultima parola fino a che non accade qualcosa che può rimettere le carte in tavola. L'annuncio inaspettato del ritorno sulle scene in occasione del "Tons Of Rock 2020", purtroppo non trasformatosi in realtà a causa della pandemia, ha semplicemente rimandato l'appuntamento, arricchendo le prossime setlist di nuovi brani. Infatti, sfruttando il periodo di lockdown, a nove anni dall'ultima fatica in studio i Wig Wam celebrano il ventesimo anniversario dalla loro fondazione col nuovo "Never Say Die": un compatto set di lame alcune più affilate, altre più smusse, capaci a loro modo di lasciare il segno.
 
I segnali di fumo lanciati dal wigwam con l'opener "The Second Crusade" sono seguiti dal travolgente galoppo della title track, momento in cui si apre una raffica di colpi che non fa prigionieri. Dopo i fuochi e le fiamme, l'atmosfera si rinfresca col brano "Hypnotized", che richiama lontanamente i primi Mötley Crüe ammodernati da riff compatti alla Alter Bridge e da un' ammirevole versatilità nel cantato di Glam (alias Åge Sten Nilsen); mentre "Kilimanjaro", col suo ritornello da singalong che inneggia ad uno stile di vita wild and free, ci accompagna in un'immaginaria traversata in sella ad un' Harley-Davidson. I nostri ci fanno riprendere fiato con "My Kaleidoscope Ark", una ballad forse un po' troppo leziosa che si inserisce nel filone mid-eighties, per rifarsi poi con le successive tracce intrise di un hard rock sempre incisivo, anche se meno sfacciato rispetto alla prima metà della tracklist, ed infine concludere con una "Silver Lining" dalle fattezze di velluto. Degna di nota la strumentale "Northbound", costruita con un approccio orchestrale, che ruota attorno ad un assolo memorabile messo a punto dal chitarrista Teeny (Trond Holter), seguito dal resto dello strumentario.
 
I norvegesi si sono presto resi conto di aver ancora qualcosa da dire come band: "Never Say Die" rappresenta la ferma risposta a questa "pausa" troppo presto annunciata che però in realtà, alla lunga, ha giovato, permettendo loro di raccogliere altre esperienze e ritornare assieme più affiatati che mai. Auguriamo loro di continuare a mantenersi in questa splendida forma, in attesa di poterci scatenare sotto palco investiti da un'ondata di puro coinvolgimento.  





Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool