Tre anni sono ormai trascorsi dall’ultimo passaggio dei Franz Ferdinand sul suolo italico. Gli alt rocker scozzesi, capitanati da Alex Kapranos, dopo rimandi per Covid e cambi di location, possono finalmente portare il tour “Hits To The Head” – che celebra i loro più grandi successi – anche sul palco dell’Alcatraz di Milano. Una venue notoriamente più “intima” rispetto al Mediolanum Forum di Assago del primo annuncio, che fa riflettere sull’attuale fenomeno per alcune band della ridotta vendita dei biglietti e ancora indubbiamente in parte della paura del virus. Guardando il lato positivo, sicuramente buona parte del pubblico di ieri rappresentava lo zoccolo duro dei fan della band, carico e trepidante, radunatosi da ogni parte d’Italia e anche dall’Europa.

Mentre realizziamo che l’Alcatraz si sta via via riempendo, prorompono sulla scena i Medicine Cabinet, anche loro scozzesi. Sin da subito ci catalizza l’energica presenza scenica della frontwoman Anna Acquroff, che sia per l’estensione vocale sia per l’attitude che sfoggia richiama le frontwoman di gruppi più o meno rock come Gwen Stefani o Blondie, tra passaggi in falsetto ed altri in registro da contralto, tra volteggi dell’asta del microfono e falcate da un angolo all’altro del palco. Il mastermind e chitarrista è la principale spalla della cantante, con cui tra l’altro scambia ruolo per un brano, oltre ad incitare il pubblico continuativamente. Altra carta molto valida è il batterista, che con colpi precisi su piatti e grancassa modula i numerosi cambi di ritmo della varietà dei brani offerti, dalle ballate ai pezzi più viscerali. Dalla loro performance sembra inoltre trasparire un’etica di produzione di musica autentica e sentita, per cui vale la pena tenere d’occhio i loro prossimi sviluppi.

Passa circa un quarto d’ora abbondante, e secondo l’orario sarebbe giunto il momento dei protagonisti della serata, ma dei Franz neanche l’ombra. Dietro il velo calato sul palcoscenico si intravede un andirivieni di persone dello staff che allestiscono in penombra il palco, e alle 21:15 spaccate assistiamo alla loro entrata trionfale. Il pubblico è tutto per loro: si levano urla, salti e balli che non guardano in faccia né al genere né all’età, e iniziamo a venir colpiti ripetutamente da questa serie di hit che ci dà letteralmente alla testa. Davanti ad un Alex Kapranos mattatore, la folla non rimane timida nel cantare parola per parola “The Dark of the Matinée”, intro calzante per iniziare la serata nel migliore dei modi.

Dopo qualche scambio di parole in cui non si sente affatto il possibile distacco tra band e pubblico vengono sfoderate a colpo sicuro “No You Girls” e “Curious”, dove veniamo accarezzati dal timbro e dalla gestualità teatrale – a tratti comica – del frontman. Successivamente la pacata “Walk Away” lascia il posto alla misteriosa “Evil Eye”, che assume un fascino ancora più suggestivo in sede live. Le incisive “Right Action” e “Do You Want To” si susseguono l’una all’altra, e accolta la richiesta di un fan si finisce per approdare all’intro cullante di “Stand On The Horizon”, il cui ritmo nel corso del brano vira maggiormente verso quello martellante di “Always Ascending”. “Lucid Dreams”, con i suoi caratteristici synth manovrati sapientemente da Julian Corrie, è solo il carburante per “Love Illumination” e “Take Me Out”, due esplosioni che si alimentano a vicenda. In “Darts Of Pleasure” la protagonista è la chitarra principale di Dino Bardot che si sporge salendo sui tavolini ai piedi del palco alternandosi a Kapranos o unendovisi in una sfida di chitarre. Infine per la prima tranche troviamo ancora la notturna “Ulysses” e “Outsiders”, resa folk dal basso di Bob Hardy e culminata con una drum session che vede al centro del palco, sotto i riflettori e con un set di tom, Audrey Trait – la quale ha sostituito lo scorso anno lo storico batterista Paul Thompson -, e alla sua normale postazione il resto della band che prova in modo confusionario a suonarne ognuno un pezzo, momento che dimostra il riconoscimento e l’apprezzamento del resto della band nei confronti della nuova arrivata.

L’atmosfera è ancora calda e non siamo pronti ad andar via, ma i nostri ci vengono in soccorso con un encore in cui trovano spazio la recente e senza tempo “Billy Goodbye”, e le più post-punk “Michael” e “This Fire”, dove ci viene chiesto di abbassarci lentamente durante il bridge per poi esplodere con tutte le nostre forze alla sua fine. La serata si chiude con il quintetto che viene a prendersi la gloria in cima alla scena, culmine di un’ora e mezzo divertentissima, che ci lascia con le energie affatto consumate, ma anzi moltiplicate.

Se l’attesa vale uno spettacolo – seppur breve – di tale intensità, con peraltro illuminazione ed acustica degne, siamo pronti ad accogliere i Franz Ferdinand tra altrettanti anni. La terapeuticità che dà la loro musica – innalzamento del tono dell’umore, miglioramento dell’autostima nel sentirsi bene con sé stessi e con l’ambiente esterno – è stata confermata ed amplificata durante l’esperienza in vivo: meglio dunque di qualsiasi antidepressivo. L’unico effetto collaterale è che crea dipendenza: non vorresti infatti smettere mai di ascoltarli.

Setlist

The Dark Of The Matinée
No You Girls
Curious
Walk Away
Evil Eye
Right Action
Do You Want To
Stand On The Horizon
Always Ascending
Lucid Dreams
Darts Of Pleasure
Love Illumination
Take Me Out
Ulysses
Outsiders

Encore
Billy Goodbye
Michael
This Fire

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