Tomi Koivussari chitarrista e co-fondatore degli Amorphis, dopo l’uscita del nuovo album “Halo” ci racconta le sensazioni provate dopo il difficile periodo di pandemia, la voglia di ricominciare e soprattutto il desiderio di migliorare album dopo album. Musica affascinante come la fredda luce del Nord, tra natura incontaminata e antiche tradizioni della propria terra.

Ciao Tomi, per prima cosa grazie per essere qui su SpazioRock. Come stai?

Ti ringrazio, è bello parlare con te. Ho appena bevuto un litro di caffè per svegliarmi! (ride ndr) Sto bene e sono molto contento visto che abbiamo pubblicato l’album. Abbiamo avuto due anni di pandemia, senza nulla, senza poter andare in tour, è stata dura, è stato strano. Ma cerco di non essere pessimista e spero che presto si possa tornare alla normalità, con i tour, gli show, come succedeva prima.

“Queen Of Time” è del 2018, e sono passati 4 anni da quell’ultimo album. Probabilmente 4 anni che sembrano quasi 10 per tutti i cambiamenti e gli stravolgimenti che ci sono stati. È una sensazione che si è avvertita anche durante la stesura e la produzione dell’album?

Sì, certamente. Siamo stati molto fortunati ad aver terminato il tour di “Queen Of Time” poco prima dell’inizio della pandemia. Volevamo realizzare la data del trentesimo anniversario, ma purtroppo è stata cancellata. Siamo riusciti nonostante tutto a lavorare all’album come da previsioni, nel periodo che avevamo scelto, ed è stato molto importante per noi essere concentrati su questo, avere il nostro focus su qualcosa di concreto durante questo periodo così difficile, non certo come passare due anni in vacanza. Credo che abbiamo avuto più tempo per comporre i brani, per gli arrangiamenti e per tutta la parte in studio. Infatti anche per le registrazioni in Svezia da Jens Bogren abbiamo avuto maggior tempo rispetto al solito. Una programmazione meno rigida che ci ha permesso qualche pausa invece di essere in studio ogni giorno. Da questo punto di vista, questa è stata una delle poche cose positive di questa situazione. È comunque stata una sensazione diversa rispetto al solito, rispetto a quando termini un album dopo aver fatto date e tour, in un periodo di normalità.

“Halo” è  un disco al tempo stesso più melodico, ma anche più heavy. Puoi spiegarci meglio questo concetto e come siete riusciti ancora una volta in questo perfetto mix, che è sicuramente una delle vostre caratteristiche?

Per noi è sempre estremamente importante sia la parte melodica, che la parte heavy. Non potrebbe essere la musica degli Amorphis senza una di queste parti. È bello avere questo tipo di contrasto, perché per noi la melodia è estremamente importante, ma vogliamo anche essere aggressivi. È la nostra strada. In questo disco, alcune parti più orchestrali possono non essere completamente in primo piano, per cui può suonare leggermente più pesante. Abbiamo dovuto scegliere assieme a Jens tra un insieme complessivo di trenta canzoni, alcune di esse erano più heavy, altre meno, ma credo che abbiamo scelto le canzoni giuste per quest’album.

È stato difficile scegliere i pezzi finali dell’album tra i 30 che avevate a disposizione? O è stato un processo naturale e semplice?

È qualcosa che ci capita spesso, perché normalmente abbiamo questo tipo di “problema”. Non so se può definirsi proprio un problema, ma abbiamo spesso troppe canzoni, sempre sulla trentina, perché abbiamo tanti songwriter nella band. Ma in questi ultimi 3 album abbiamo lasciato la scelta definitiva dei brani al nostro produttore Jens Bogren perché essendo noi sei menti con a volte idee differenti questo ci consente di non dover discutere o confrontarci se mettere quel pezzo o quell’altro. Sappiamo quali canzoni dobbiamo registrare e siamo felici (ride ndr). È molto meglio per noi.

Il primo singolo “The Moon” è sicuramente un pezzo magnifico che testimonia la vostra continua crescita senza mai perdere il vostro marchio di fabbrica. Se dovessi citare qualche altro brano significativo dell’album e che ti piace particolarmente? Personalmente per me è fantastica “War”, con un dualismo tra aggressività e melodia davvero notevole, o “A New Land”.

Sì, ti ringrazio, sono d’accordo. Ci sono alcuni brani che apprezzo perché sono qualcosa di un po’ diverso dalla classica canzone degli Amorphis, in parti di esse ci può essere un tipo di mood che suona come qualcosa che non abbiamo mai fatto prima. Anche a me piace molto “War” per la sua parte introspettiva. Ci sono molti dettagli in quest’ album più che negli altri che aprono il nostro sound su qualcosa di un po’ diverso dal solito.

“Halo” arriva dopo una serie di bellissimi album. La sensazione è che il livello ogni volta sia sempre più alto sotto il profilo della musica e della qualità compositiva. Come ci riuscite ogni volta?

Ti ringrazio. Apprezzo molto quello che dici. Penso che ci siano alcune band, che magari sono in pista da quasi trent’anni che fanno uscire un album, per avere poi la possibilità di andare in tour e di intraprendere tutte le attività legate ad esso. Per noi invece è sempre stato estremamente importante cercare di migliorare sempre album dopo album. Cercare di realizzare sempre ogni volta il nostro miglior album. È quello che cerchiamo di fare e quello che vogliamo fare. Se non fosse così per noi, di sicuro smetteremo di fare album. Abbiamo l’ambizione di portarci sempre ad un livello più alto, è una cosa davvero importante per noi come gruppo.

31 anni e ormai quasi 14 album in carriera. Una storia davvero importante. Uno stile unico e riconoscibile all’interno dell’universo del metal. Quanto siete orgogliosi di questo percorso? Vi aspettavate di arrivare fino a qui ripensando ai vostri inizi?

Sai, quando abbiamo iniziato, non ci aspettavamo certamente di avere una carriera così lunga, andare oltre i vent’anni. Non lo potevamo immaginare. Quando abbiamo iniziato eravamo una band death-metal underground. Era un bel periodo ed eravamo comunque orgogliosi di far parte di quel mondo. Abbiamo conosciuto molti amici che hanno creduto in noi, in quello che facevamo, nella nostra musica, compresi gli addetti ai lavori del music business. Pensando a quel tempo era molto diverso, non c’era internet, ed è stato un periodo davvero interessante. Quando sei adolescente, 15-16 anni e arrivi dai sobborghi di Helsinki, ti si spalanca un mondo incredibilmente nuovo, sotto tantissimi aspetti. Sono davvero contento, mi sento un privilegiato di poter continuare ancora oggi a fare questo. Di essere un vero musicista, e poter vivere di questo oggi. Credo che nessuno di noi potesse immaginare che saremmo potuti diventare così, che questa sarebbe stata la nostra vita. E’ strano, il tempo vola! (ride ndr)

Ma cosa pensi dei nostri tempi, di questo periodo attuale? Ci sono stati tantissimi cambiamenti nel modo di ascoltare la musica, di avere la musica. Oggi tramite internet e ad esempio Spotify, puoi ascoltare quello che vuoi, quando vuoi. È davvero qualcosa di incredibile e veramente diverso da 10-20 anni fa. Cosa preferisci nel tempo attuale rispetto al passato, e cosa invece preferivi prima? Si è forse perso quel momento in cui si entrava in un negozio di dischi, comprando a volte anche a scatola chiusa. Ora invece hai tutto e subito.

Sono d’accordo con quello che dici. Oggi le persone tramite Spotify possono dire di aver ascoltato un album dedicandogli solo pochi minuti, e poi possono dire: “No, non è bello, non mi piace”. Non è certamente quello che accadeva anni fa, quando si comprava un vinile di un disco che desideravi, che volevi fortemente ascoltare e al quale dedicavi il giusto tempo. Guardando anche la copertina, il booklet ed i testi, che erano e sono assolutamente parte di un album. Sicuramente un aspetto positivo è quello di non andare più in tour con una borsa piena di dischi da ascoltare! (ride ndr). Sicuramente non rimpiango nulla di queste cose rispetto al giorno d’oggi, perché se hai le idee chiare e sai cosa vuoi ascoltare Spotify è perfetto. E’ bello anche poter trovare gruppi nuovi e nuove band che non si conoscevano. Non credo che i ragazzi giovani di oggi possano essere interessati in alcuni aspetti passati, come collezionare vinili, anche se mio figlio sta iniziando a farlo. I giovani oggi forse non sono così interessati al concetto della band. Magari sentono un pezzo, e a loro piace quel pezzo, non sono interessati ad approfondire altro su quella band. E questa è sicuramente una cosa che non mi piace. Alcune band magari fanno una singola canzone, la ripropongono più e più volte e vengono ricordate per quella. Per noi, per gli Amorphis è sempre stato fondamentale l’album. Certo, avere la possibilità di realizzare una canzone o un singolo che ha successo, che passa in radio e cose così è sicuramente qualcosa di positivo e utile, ma niente può sostituire il valore dell’album, che ti permette di entrare veramente nello spirito della band, di quello che vuole esprimere con musica, testi e sensazioni. Tante volte le cose sono troppo veloci. Ma credo che i nostri fan, quelli che ci seguono da tempo, sappiano bene questo concetto e ci seguono per quello che facciamo ogni volta, quando realizziamo un album e sanno tutto quello che c’è dietro. Non si fermano ad una singola playlist di Spotify.

Volevo farti una domanda riguardo una parte davvero importante del vostro mondo. La mitologia nordica ed il “Kalevala” sono ormai una costante ed una parte inscindibile della vostra musica e questo dona ancor maggior fascino alla vostra proposta musicale. Come riusciresti a spiegare ad un ragazzo italiano come me cosa questo rappresenta per voi questa storia e questa cultura?

È qualcosa che impariamo fin da bambini e che ci insegnano a scuola. Qualcosa di importante per il popolo finlandese e che ha avuto il fascino antico della tradizione orale, tramandata proprio da voce a voce, da racconto a racconto. Se ben ricordo è stato il primo libro in lingua finlandese che ho letto. Perché in Finlandia la seconda lingua è lo svedese e i libri ufficiali sono generalmente scritti in svedese. Quello è stato per me il primo scritto completamente in finlandese, anche perché il finlandese è una lingua particolare, come se fosse il linguaggio della gente delle foreste o cose del genere (ride ndr). Credo sia parte dell’identità dei finlandesi e che ci separa dalla Svezia. Ma quando ci veniva insegnato a scuola, nessuno lo apprezzava veramente, era noioso. Ricordo che odiavo quelle storie, e quel linguaggio complicato. Poi con il tempo sicuramente ho cambiato prospettiva. Ed è stato grazie alla musica. Abbiamo cominciato ad ascoltare folk music e poi abbiamo cominciato ad utilizzare quegli elementi nella nostra musica e anche nelle nostre composizioni, quindi ci è venuta l’idea di fare qualcosa che nessun’altro aveva mai fatto: “Perché non usiamo le storie del Kalevala?”. Normalmente le band metal si ispirano ed utilizzano le storie di Tolkien, draghi e cose simili. Per cui abbiamo voluto portare questa ispirazione nuova ed anche innovativa che è diventata parte della nostra strada. In questo punto di vista ci sono moltissime cose interessanti, perché realizzi che nelle storie narrate moltissimi anni fa, puoi ritrovare problemi, dinamiche e sensazioni che si ritrovano anche ai giorni nostri. È qualcosa che ci appassiona, è molto legato all’aspetto musicale ed è diventato parte integrante del nostro fare musica. Nella vita di tutti i giorni però non ha un ruolo così altrettanto rilevante. Ma rimane parte importante per gli Amorphis, così come la natura o le emozioni e le storie senza tempo, sono fonti molte profonde di ispirazione per noi e sono totalmente integrate e perfette per il nostro mondo.

Ho comprato il Kalevala tempo fa, perché quando ho ascoltato “Silver Bride” ero davvero incuriosito e interessato dalla storia narrata, quindi volevo approfondirla.

Dai, che bello! E ti è piaciuto?

Sì, è molto interessante. È strano ed affascinante perché è qualcosa di molto differente dalla nostra cultura o da quella che è la classica tradizione “cristiana” ma è molto bello. Sicuramente è qualcosa che ascoltando la vostra musica ed il folk metal in generale arricchisce notevolmente l’aspetto dell’ascolto e della immedesimazione. Ho poi letto la versione italiana che era più semplice per me.

È davvero bello. Hai fatto bene a scegliere la traduzione più semplice per te perché anche io in Finlandese ho avuto non poche difficoltà a capire alcune parole! (ride ndr)

Siete legati moltissimo alla vostra terra e anche ai paesaggi magnifici che possiede. Avete mai avuto il desiderio di fare un concerto speciale in una location naturale particolarmente significativa della vostra terra? 

Credo che sarebbe fantastico. Ma ci sono molti festival in Finlandia che si svolgono in luoghi bellissimi, magari con un lago vicino, o comunque completamente immersi nella natura, nel bel mezzo del nulla! Sono belle sensazioni che si provano anche se ci sono migliaia di persone in quelle location. Se parli per un nostro concerto singolo sarebbe sicuramente molto bello, non so come, e magari quanto costerebbe. Potrebbe essere difficile da organizzare per un solo singolo concerto ma sarebbe sicuramente una bellissima esperienza. Magari qualcosa legato ad un nostro show acustico. Siamo riusciti a volte a suonare in posti speciali. Abbiamo suonato nei pressi di un castello, che viene utilizzato normalmente per l’opera, ma che ultimamente ha aperto anche ad altri tipi di musica e di concerti. Abbiamo suonato lì qualche anno fa durante il festival dell’opera, all’interno del castello ed è stato davvero bello ed interessante.

Come molti gruppi impossibilitati a suonare, a giugno dell’anno scorso avete fatto due concerti in streaming. Come è stata questa esperienza per voi e che ricordi hai di quei concerti così particolari?

È stata un’idea bella ed interessante da provare, come hanno fatto anche altre band. È stato divertente, ha avuto degli aspetti divertenti ma non è stato possibile considerarlo come la sostituzione dell’esperienza live, per nessun tipo di ragione. Nè per noi, nè per il pubblico. Appena finivi un brano, avevi davanti solo 3 cameramen (ride ndr). Era strano! Il pubblico è parte fondamentale del live e questi concerti non potranno mai rimpiazzare l’esperienza dal vivo. È stato bello provare, ma di certo non è una cosa che voglio rifare sempre, non avrebbe senso.

Parlando invece di concerti veri, dopo la riprogrammazione del tour mondiale dei Nightwish, dove avreste dovuto partecipare, ho visto che è pianificato un tour negli USA in primavera. Pensi che sarà tutto confermato e sei fiducioso per la stagione estiva dei festival Europei?

Si, il tour dei Nightwish è stato posticipato e purtroppo non abbiamo potuto confermare la nostra presenza, avendo realizzato l’album e avendo già pianificato i nostri impegni. Un peccato perché con i Nightwish ci troviamo sempre bene, è sempre bello suonare con loro, sono ottimi amici e sarebbe stato un tour molto importante, con belle e grandi location. È stato un peccato, ma il tour Nordamericano sembra confermato e non voglio essere pessimista. Si dovrebbe svolgere. Poi abbiamo qualche data per i festival estivi, un paio qui in Finlandia. Spero davvero che questa pandemia si possa concludere e possiamo tornare alla normalità al più presto. È una mia grandissima speranza. Sono stati due anni strani e difficili. All’inizio pensavamo che dovevamo portare pazienza e che sarebbe finito presto tutto quanto, cercando anche di goderci un poco quella pausa forzata. Ma con il passare del tempo, per come è proseguita è stata davvero dura.

In questi due anni così particolari, hai un ricordo più negativo, ed uno più positivo che hai vissuto, sia come uomo che come musicista?

Una delle cose che possono essere considerate positive, è che siamo sempre stati in tour negli ultimi 15 anni, e alla fine del tour di “Queen Of Time”, prima della pandemia ho personalmente pensato che sarebbe stata molto utile e bella una piccola pausa, perché comunque si è sempre in giro, e ti manca  rimanere un po’ a casa. Non che non volessi più farlo, ma pensavo che fosse importante avere un piccolo break, poter fare quello che i miei amici fanno normalmente perché non vanno in tour (ride ndr) e che io spesso non riesco a fare. Stare con la mia famiglia, passare più tempo con i miei figli, nella mia casa, nei miei posti. Ci sono state perciò anche molte cose positive nonostante tutto, ma è stato anche un ottimo promemoria per ricordarmi quanto amo il mio lavoro e quanto comunque mi sia mancato andare in tour nonostante tutto. E quando il mio lavoro tornerà nella dimensione normale, come prima, credo lo apprezzerò ancora di più. E sono pronto per questo! (ride ndr)

Grazie mille, è stato un piacere averti con noi. Ti chiedo se puoi mandare un saluto ai lettori di SpazioRock e ai vostri fan italiani.

Ascoltate il nuovo album “Halo”, siamo molto orgogliosi del lavoro fatto e spero lo apprezziate quanto noi. Non vediamo l’ora di tornare in Italia per suonare, ci mancate e ci vedremo presto!

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