Dopo la separazione dai Delain, Charlotte Wessels aveva esplorato territori musicali distanti dal metal. Con il suo terzo album da solista, “The Obsession”, in uscita il 20 settembre, fa però un deciso ritorno al genere, pur con uno stile diverso rispetto al passato. Questo lavoro, arricchito da una varietà di influenze e sfumature, evidenzia ancora una volta la sua abilità nel reinventarsi.
In questa intervista, l’artista olandese ci guida attraverso il processo creativo dietro l’album, rivelando come ha saputo trasformare temi di introspezione e riflessione in un’esperienza musicale unica.

Ciao Charlotte, ben ritrovata su SpazioRock. È un gran piacere poterti intervistare. Come stai? Che emozioni stai provando prima dell’uscita dell’album?

Ciao. Sono veramente entusiasta e spero che le persone ameranno “The Obsession”. Non vedo l’ora che esca e sono molto felice dei singoli che sono stati già pubblicati. Quindi sì, sto molto bene, grazie.

Sono sempre curioso di saperne di più sui titoli degli album, quindi ti chiedo perché “The Obsession”? A che cosa ti riferisci?

A un certo punto, quando si era vicini al mix dell’album, stavo preparando una lista delle varie canzoni presenti all’interno scrivendole in una sola frase per capire un po’ meglio l’argomento dell’album stesso. E alla fine ho capito che tutte le canzoni parlano di paure e di pensieri intrusivi. E per me c’è una piccola connessione con il Disturbo Ossessivo Compulsivo che mi è stato diagnosticato qualche anno fa, e che ho iniziato ad “abbracciare”, come si suol dire, perché ho iniziato a capire sempre di più come mi rendeva e poi ho visto che è entrato in tutte le canzoni dell’album. Ho pensato “Se è così, allora lo chiamerò per quello che è e lo chiamerò ‘The Obsession'”.

Possiamo dire che questo nuovo album è un po’ un ritorno al metal. Sicuramente in maniera diversa rispetto a quello che facevi con la tua ex band. La nuova versione di “Soft Revolution” ne è la prova. È stata una richiesta dei tuoi fan o è qualcosa che semplicemente volevi?

Direi che ci sono diverse ragioni. Quando ho iniziato su Patreon, non avevo mai pensato di uscire dal metal. Era un progetto separato: all’epoca ero ancora con i Delain e pensavo di pubblicare lì le canzoni che non si adattavano alla band, oppure le lasciavo da parte per un futuro lavoro. Inoltre, era un modo per creare la mia musica e imparare a produrre da zero, cosa che nei Delain non rientrava nel mio ruolo. Dopo lo scioglimento, però, ho iniziato a scrivere anche pezzi più pesanti. Mi sono resa conto, però, che emulare digitalmente una chitarra elettrica in stile metal non dà lo stesso risultato che ci si aspetta, quindi ho dovuto fare scelte diverse. Brani come “Human to Ruin” o “Phantom Touch” hanno un forte potenziale metal, ma senza una band non è la stessa cosa. Quando poi li abbiamo suonati dal vivo, ho capito che, se avessi fatto un nuovo album, avrei dovuto scrivere in modo diverso, perché volevo poterli suonare live con la band. In questo senso, il mio passato mi ha influenzata. Ho fatto Symphonic Metal per 16 anni ed è stato interessante esplorare altri generi, ma anche il percorso che ho intrapreso dal 2020 ad oggi ha avuto un impatto. E poi, quando suoni con Timo [il chitarrista, ndr], Otto [il bassista, ndr] e Joey [il batterista, ndr], devi pompare il fottuto sound [ride, ndr]. Inoltre, trovo stimolante creare brani di altri generi, come pop, folk o elettronica. Amo molti tipi di musica e continuo a sperimentare su Patreon, caricando una nuova canzone ogni mese. Però, quando ho iniziato a lavorare su questo album, mi sono chiesta: “Quali sono le canzoni che mi entusiasmano di più?” E alla fine sono tornata a quelle sonorità.

È vero, la tua musica è difficile da classificare in un genere preciso. Cosa ne pensi?

Esattamente, ho sempre difficoltà a rispondere quando le persone me lo chiedono. Tendo a dire che è qualcosa di heavy ma non penso lo sia. In realtà, poi dipende con chi stai parlando. Probabilmente se parli con un metallaro non dovresti dire che è roba pesante ma con il tuo vicino sì.

Ma in realtà penso che questo nuovo disco sia abbastanza heavy. Già solo ascoltando le chitarre...

Sono felice di sentirmelo dire. Sì, effettivamente pezzi come “Dopamine” hanno chitarre molto pesanti ma la gente dirà che non è metal perché indossiamo parrucche rose.

Oltre a ciò, il tuo progetto è diventato quasi una band vera e propria rispetto ai primi album o sbaglio? Per esempio, prima Timo era uno special guest, invece ora è parte integrante del progetto. Anche a livello promozionale, nelle foto, nei video non c’è solo l’immagine di Charlotte. Sotto questo punto di vista, cos’è cambiato?

Credo che ci sia una grande differenza tra fare un album da soli e poi chiedere ad altri di suonarlo dal vivo con te, rispetto a coinvolgerli fin dall’inizio, chiedendo loro di suonare direttamente sull’album. Prendi Timo, ad esempio: non solo ha eseguito le sue parti, ma ha anche contribuito attivamente all’arrangiamento delle chitarre. È stato molto coinvolto anche nel mix e nel mastering. Quindi sì, è sicuramente un grande cambiamento e tutti hanno dato il loro contributo.
Ed è proprio per questo che, nei video che abbiamo realizzato finora, ho voluto includerli. Mi piace sempre dare credito a chi lo merita, e loro hanno fatto un lavoro fenomenale sull’album. Sono davvero molto contenta del risultato. Infatti, quando ho scelto il titolo dell’album, ho pensato che funzionasse perfettamente anche come nome per la band, come Charlotte and The Obsession.

A proposito di video, in quello di “Chasing Sunsets” mi hai ricordato qualche quadro di Botticelli, anche per i capelli. Ti sei ispirata a qualcosa in particolare? C’è qualche riferimento alla sua arte?

Quando ho comprata quella parrucca ricordo che l’ho presa proprio perché mi ricordava la “Venere” di Botticelli. In generale, sono molto ispirata dall’arte e adoro Botticelli. In quel video, volevamo creare una specie di giardino dell’Eden con uno stile particolare. Passando da un’estetica sopra le righe a ritrovarci in questa landa desolata di alberi morti che rappresenta la nostra società, che continua costantemente a prendere e sottrarre alla terra. Per esempio, pure se ci fosse un solo frutto rimasto lo prenderemmo comunque. So che può sembrare biblico, ma in realtà il riferimento non è alla Bibbia, bensì al nostro consumismo sfrenato. Comunque sì, amo lo stile di Botticelli e la “Primavera” è uno dei miei quadri preferiti.

Quindi dovresti assolutamente visitare Firenze, se non lo avessi ancora fatto.

L’ho fatto! Ci sono stata per alcune settimane perché ho studiato Storia dell’arte e con la mia classe abbiamo dovuto studiare all’estero per un po’ di tempo. Quando ero lì ho dovuto preparare uno discorso sulla statua di Cellini presente in piazza a Firenze [“Perseo con la testa di Medusa” situata in Piazza della Signoria, ndr], ma non voglio parlare dei miei studi [ride, ndr].

Una delle tracce che mi ha colpito subito è stata “Praise” che si distingue in maniera particolare per il coro gospel. Cosa mi dici di questa canzone? C’è qualche storia speciale dietro?

Volevo scrivere qualcosa in merito al fatto che cerchiamo costantemente l’approvazione e la lode esterne. Quando l’ho cominciata, ho iniziato con il ritornello e subito mi è sembrato che avesse delle vibes gospel, anche solo la parola “lode” ha una tale connotazione che mi ha ricordato subito il coro gospel. Non sono religiosa, ma sono cresciuta andando in chiesa e personalmente ho dei ricordi positivi. Così ho chiesto un po’ in giro e ho trovato questo coro che si chiama G-Roots che ha accettato la mia proposta. Dopo una sessione di improvvisazione, ho chiesto loro di ripetere la performance altre due volte, ma la versione registrata nell’album è in gran parte frutto della prima improvvisazione. È stata una performance vocale stellare, ero così eccitata che ho dovuto cercare di non dire parolacce, perché ne dico parecchie, e le ho dette, ma non si sono arrabbiati [ride, ndr].

Ci sono altri aneddoti dietro la stesura di questo nuovo album? Qualcosa di divertente da raccontarmi?

Devo dire che il processo di registrazione è stato davvero speciale. Abbiamo iniziato con la batteria e tutta la band era presente, tutti insieme, ed è stato fantastico. Eravamo nello studio di Guido Aalbers, un dettaglio che ci tengo a condividere, anche se non è una storia particolarmente divertente. Guido mixa sempre le mie canzoni per il mio Patreon, quindi conosce perfettamente il sound che cerco. Inoltre, Sophia ha registrato con un vero Hammond presso i SandLane Recording Studios. Mi era stata consigliata da Joost van de Broek, che ha il suo studio proprio lì, e dopo un anno ci siamo finalmente ritrovati in quel posto per registrare.
Storie divertenti? Sono sicura di averne, ma faccio fatica a ricordarle tutte. Ah, ecco una: mettere una batteria in una stanza piena di palline per il video di “Dopamine” è stato davvero esilarante!

Siamo in un’epoca dove il mercato è saturo, ogni giorno le etichette lanciano nuove band ed è sempre difficile distinguersi e tu lo stai facendo veramente bene. Quanto è difficile farlo non sembrare la copia di qualcun altro?

Il mio partner dice sempre: “Sei unico, proprio come tutti gli altri”, quindi non dovresti mai fare paragoni. Però, naturalmente, ci sono anche delle tendenze che diventano molto diffuse. E, inevitabilmente, finisci per fare cose simili a quelle di altri artisti. Ma non sono nemmeno sicura che sia una cosa negativa. A volte ti viene in mente un’idea e la sensazione migliore è quando la cerchi su Google o Pinterest e ti rendi conto che nessuno l’ha ancora realizzata. Di recente ho avuto un’idea per un video musicale e cercavo riferimenti visivi. Non posso ancora svelare di cosa si tratta, ma ho inserito le parole chiave su Pinterest e… nulla. Mi sono detta: “Oh mio Dio, non esiste ancora!” Quindi sì, forse è davvero possibile inventare qualcosa di completamente nuovo!

A proposito, quali sono i tuoi progetti futuri? Stai già lavorando a qualcosa?

Per ora ci stiamo concentrando principalmente sui live. Prima faremo un release show al TivoliVredenburg di Utrecht e poi a novembre partiremo in tour con i VOLA per un mese intero. Non faccio un tour così lungo da anni, quindi sono molto emozionata ma anche un po’ nervosa. Inoltre, sono una grande fan dei VOLA, quindi sono davvero entusiasta. Sto anche continuando a pubblicare una canzone al mese su Patreon. Continuo quindi a creare nuove tracce, che magari diventeranno una nuova raccolta di brani. Dopo tutti questi concerti, quando sentiremo che è il momento giusto, avrò già del materiale su cui lavorare.

Ma come scegli quali canzoni mettere in un album e quali su Patreon?

È difficile scegliere! Tutte le canzoni che sono su Patreon, infatti, sono versioni iniziali. Ad esempio, i brani che ora sono nell’album sono stati pubblicati prima su Patreon nella loro prima incarnazione. All’inizio, pensavo: “Ok, questa è la canzone, è finita”. Ora invece sono più aperta a cambiare. Pubblico tutto su Patreon, e poi, magari, quando decido di fare un album, prendo quelle tracce, le porto alla band e le rielaboriamo. Molte delle canzoni sono rimaste abbastanza fedeli alla versione iniziale, ma sono diventate molto più fighe. Prendi per esempio “Dopamine”: la prima versione che ho messo su Patreon era solo arpa e voce, poi è cambiata completamente. Quindi non scelgo mai in anticipo se una canzone sarà solo per Patreon o per l’album. Pubblico tutto su Patreon, e solo dopo decido quali includere nell’album. È interessante anche per chi segue Patreon: chi ama l’album può vedere da dove sono partite le canzoni, perché ci sono ancora tutte le versioni originali.

Quindi chi ti segue conosce più o meno tutte le canzoni del nuovo album?

Conoscono una versione iniziale dei brani. Sarà comunque una sorpresa per loro ascoltare come è cambiato durante il processo di rielaborazione e registrazione con la band. E sì, per alcune canzoni le differenze sono molto più marcate rispetto ad altre.

Il tour con i VOLA passerà anche in Italia. Cosa possono aspettarsi i tuoi fan dal tuo show? Ci saranno sorprese?

Dipende da cosa si aspettano le persone. La band è in forma, e siamo tutti molto entusiasti di portare queste canzoni sul palco. Non vedo l’ora di vivere di nuovo l’esperienza del live, perché è qualcosa di così diverso rispetto a registrare in studio. Sono emozionata all’idea di ristabilire quella connessione con il pubblico, non vedo l’ora! Potranno sicuramente aspettarsi di sentire molte tracce da “The Obsession”, penso che ci concentreremo principalmente su quello, ma forse includeremo anche qualcos’altro.

Questa era l’ultima domanda. È stato un vero piacere per me. Non vedo l’ora di assistere al tuo concerto. Grazie mille per il tuo tempo, ci vediamo in Italia!

Grazie a te! Ci si vede in Italia.

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