Foto copertina: Derek Bremner
Esce oggi “Songs For The Living // Songs For The Dead”, terzo album di Kid Bookie, con il quale l’artista londinese ci porta ancora di più dentro il suo mondo fatto di elettronica, metal e rap. Tyronne ci ha raccontato il contesto dentro cui è nato questo nuovo lavoro, le influenze che hanno avuto su di lui gli anni ’90 e i primi anni ’00 e i segreti dietro le sue esplosive performance live.
Ciao Bookie, per prima cosa benvenuto su SpazioRock! Come stai?
Bene, grazie!
Vorrei parlare con te del tuo nuovo disco “Songs For The Living // Songs For The Dead”, che uscirà a breve. Prima di tutto, parliamo del titolo. Qual è il suo significato?
Si tratta di un viaggio che comprende tutta l’esperienza umana, dall’inizio alla fine, dalla nascita alla morte. Sono una persona che pensa molto spesso a questi argomenti, alla morte, a quello che proveranno le altre persone quando io non ci sarò più e così via. Quindi il significato non è niente di trascendentale, è semplicemente questo viaggio dall’inizio alla fine.
Generalmente mescoli molti stili diversi e, a questo proposito, per questo disco hai lavorato con molti produttori diversi. Puoi dirmi qualcosa di più sul processo di creazione?
Sono da sempre un grande fan della musica, nel senso più ampio del termine. E lavorare con tante persone diverse aiuta molto anche a trovare la tua precisa identità, ma allo stesso tempo qualcuno ti dà sempre qualcosa che puoi aggiungere alla tavolozza. Credo che anche in futuro lavorerò sempre con più produttori e musicisti.
Hai già pubblicato alcune canzoni da questo disco e una di queste è “AI”. C’è un grande dibattito sull’intelligenza artificiale e parlando con molti musicisti, alcuni di loro sono preoccupati per l’impatto che può avere sul modo di creare musica, mentre altri non pensano che un software possa davvero replicare un autore. La canzone esprime abbastanza bene ciò che pensi a riguardo, ma come pensi che la musica possa convivere con l’intelligenza artificiale?
È complicato, ma credo che niente si possa comprare con l’esperienza e l’energia di un essere vivente, non è un qualcosa che puoi replicare tramite un software. In una canzone devi sentire il calore e l’energia umani e li senti sia in un pezzo acustico che in qualcosa di più pesante. Quindi spesso mi chiedo, ma a cosa serve l’intelligenza artificiale nel nostro mondo? A me non salterebbe mai in mente di digitare due parole e far venire fuori una canzone, non sono fatto così. Poi sicuramente in altri contesti è uno strumento molto importante, è pur sempre progresso tecnologico, ma credo che sia qualcosa di ancora appena nato e quindi non possiamo ancora comprendere tutte le potenzialità e capire dove ci porterà.
Molte canzoni del disco parlano di problemi che la nostra generazione sta affrontando, come la salute mentale, il sentirsi inadeguati e così via. Come affronti di solito questi sentimenti negativi e come li inserisci nelle tue canzoni?
Di solito li affronto imbottendomi di ogni tipo di droghe. No, sto scherzando [ride, ndr]. A parte gli scherzi, credo di esistere qui e ora e che la mia vita sia una sequenza di momenti, entro ognuno dei quali devo capire chi sono. Quindi quello che faccio è elaborare quello che sono in ogni momento e lo metto su carta. A volte mi chiedo se sia troppo personale, perché ovviamente non posso sapere cosa provano le altre persone, ma ci sono tante cose comune nella sofferenza e credo che questo aiuti.
Sì, credo che sia molto importante per una persona riconoscersi in una canzone e sapere che chi l’ha scritta si sentiva allo stesso modo.
Sì, io sono una persona molto triste e non cerco di nasconderlo. Non mi tengo dentro niente ed è anche per questo che non comunico con moltissime persone, se mi dobbiamo comunicare deve esserci un buon motivo e devo capire perché mi stai dicendo determinate cose, altrimenti per quanto mi riguarda puoi andare a fare in culo. Quindi insomma, io sono me stesso, è importante trovare il giusto equilibrio e le giuste persone con cui avere rapporti di amicizia, lavorativi e così via. È più difficile così, ma quando trovi le giuste persone diventa tutto molto più facile.
Ascoltando il disco, alcune canzoni mi hanno ricordato alcune band alternative e nu metal degli anni Novanta e dei primi anni Duemila. Per esempio, alcune parti di “AI” mi hanno ricordato i Linkin Park, mentre alcune parti di chitarra presenti in “Love Me When You’re Angry” mi hanno ricordato i Deftones. Qual è il tuo rapporto con quel genere e quelle band?
Beh, sono i miei maestri, sono la ragione per cui sono qui. Ho imparato tantissimo da loro, non solo puramente a livello musicale, ma anche proprio guardando le performance. Ed è fantastico il fatto che tante delle persone che mi hanno influenzato in questo modo posso considerarle mie amiche. Secondo me quello è stato uno dei periodi in cui si è sperimentato di più a livello musicale. E anche adesso sono soddisfatto di come si stia muovendo la scena in questo momento e sono contento di farne parte. Per me questa cosa è molto importante, una volta diventato adulto ho capito come poter usare queste influenze e mantenere la mia integrità. È una cosa che nessuno può togliermi o toccarmi.
Credo che per te, come per molti altri musicisti, suonare dal vivo sia la parte più importante. Quindi come ti prepari per performare al meglio sul palco?
Sì, decisamente! Credo che sia tutta una questione di testa. Devo capire cosa sto facendo perché spesso gli show posso diventare molto ripetitivi, qualcosa che fai in modo meccanico ed è una cosa che non sopporto. Ogni show deve essere un’esperienza diversa e ogni volta devi essere l’individuo che sei in quel momento. Non mi piace per niente l’idea di avere uno show programmato e già definito a priori. Quello che mi piace è salire sul palco ogni volta in modo diverso e incitare le persone.
Nel corso della tua carriera hai lavorato molte volte con Corey Taylor. Pensi che in futuro lavorerete ancora insieme?
Sì, è una persona fantastica e lavorerei continuamente con lui. Non è solo una questione di intesa riguarda la musica e i gusti, abbiamo proprio lo stesso tipo di energia, ce la intendiamo alla grande.
Sicuramente farò altro con lui in futuro. Tra l’altro sto lavorando con suo figlio Griffin, abbiamo dei pezzi devastanti!
Come dicevamo prima, la tua musica è un mix di elementi molto diversi tra loro e nella tua carriera hai lavorato con molti artisti diversi. Puoi indicare un artista di musica elettronica e un artista metal con cui ti piacerebbe collaborare?
Parlando di metal, mi piacerebbe davvero lavorare con Courtney LaPlante, credo che tireremmo fuori qualcosa di assurdo. E per quanto riguarda l’elettronica direi Skrillex, sarebbe molto figo.