Eleganti remix e rimasterizzazione su Napalm Records per due classici dei Satyricon, “Dark Medieval Times” e “The Shadowthrone”, sottoposti anche a un cambiamento figurativo delle cover, aspetto, questo, che certo lascerà un po’ frastornati i fan delle vecchie edizioni. Una ghiotta occasione, comunque, attraverso cui riscoprire la grandezza originaria di una delle band fondatrici del black metal: l’angolo oscuro del mese di maggio si prostra dinanzi a tali giganti.

Dark Medieval Times (1993)

Oslo, 1993. Il polistrumentista diciottenne Sigurd Wongraven si è già sbarazzato di quasi tutti i membri degli appena costituiti Satyricon, a eccezione del batterista, l’altrettanto giovane e ambizioso Kjetil-Vidar Haraldstad. La partnership musicale di Satyr e Frost, ancora oggi salda e lungi dallo spezzarsi e che nel 1994 diede i suoi leggendari frutti con l’esordio “Dark Medieval Times”; l’ascoltatore che conosce soltanto la fase di carriera più recente della coppia, per intenderci da “Volcano” (2002) in poi, resterà sicuramente sorpreso dalla “diversità” di un disco che già guardava al di là dei confini del neonato BM. Esclusi i primi Ulver, infatti, nessun gruppo appartenente alla second wave possedeva un DNA così ricco di elementi folk, che, invece, caratterizzavano a fondo il songwriting del binomio norvegese, tanto da influenzarne fortemente il debutto. Malgrado le sezioni dei pezzi adornate con flauti e chitarre acustiche appaiano ingenue e a tratti slabbrate, le atmosfere gelide e brumose trasudanti dall’album effondono un fascino tuttora irresistibile. Simile al modo in cui i vecchi film horror trasmettono paura e attrazione senza bisogno di artifici digitali, l’LP impartisce una lezione di storia nera nonostante i peccati d’inesperienza, o, forse, proprio in virtù di essi. La follia di “Walk The Path Of Sorrow”, la maestà di “Skyggedans”, il Romanticismo nero di “Into The Mighty Forest”, avrebbero smarrito molto della loro baldanza feroce e medievaleggiante se fossero state concepite da artisti navigati: la bellezza ancestrale di “Dark Medieval Times” risiede qui, nel puro impeto giovanile temperato dagli incantesimi maligni dei boschi scandinavi.

The Shadowthrone (1994)

Nella primavera del 1994 viene pubblicato “The Shadowthrone”, secondo parto dei Satyricon che, oltre a vantarsi dalla presenza creativa di Samoth (Emperor) e di quella esornativa di Sverd (Arcturus), registrò notevoli progressi in termini di qualità complessiva rispetto a “Dark Medieval Times”. Il full-length vive di maggior ordine e razionalità, i brani suonano meno crudi e sfrenati, i progressi compositivi e vocali di Satyr risultano notevoli, la disconnessione dialogica tra asce e tastiere si colma, una produzione professionale permette di apprezzare il gioco di gambe meraviglioso e incredibilmente preciso di Frost. La doppietta di apertura “Hvite Krists Død” e “In The Mist By The Hills”, l’epica sublime di perle come “Vikingland” e “Dominions Of Satyricon”, gli elementi traditional sparsi qua e là con fare serrato e coeso, lanciano l’act nell’Olimpo pionieristico del trve kult. Un vero capolavoro di equilibrio, superato, forse, soltanto dall’eccezionale successore “Nemesis Divina” (1996).

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