Ampia gamma di estremismi per questo appuntamento autunnale dell’angolo oscuro.

Antropofagus – Origin (Agonia Records)

Nati a Genova nel 1997 e mai incappati in un album deludente, gli Antropofagus giungono con  “Origin” alla quarta fatica in studio, accrescendo la propria ferocia senza perdere un’oncia di lucidità. Il frontman Paolo Chiti, sostituto di Mattia De Fazio e in forza anche nei Devangelic, con il suo growling cupo e ruvido ha portato in dote alla band ligure quel surplus di stampo brutal capace di rendere il sound del nuovo album denso e ferale, attento tanto al death classico dei ’90 quanto alle soluzioni del decennio successivo, soprattutto in termini di evoluzioni tech, ritmiche e arrangiamenti. La chitarra di Francesco “Meatgrinder” Montesanti ricama trame piene e distruttive, la batteria di Davide Billia è un bulldozer immarcescibile, il basso di Jacopo Rossi impila frequenze apocalittiche e voluminose, le liriche citano H.P. Lovecraft, la demonologia sumera, la mitologia egizia e cult movie horror come “Hellraiser” e “The Exorcist”: un disco appetitoso, a cui va aggiunta la presenza di ospiti del calibro di Mick Montaguti (Electrocution), Matt Sotelo (Decrepit Birth) e di Sua Maestà Dallas Toler-Wade (ex-Nile, Narcotic Wasteland). Applausi per una realtà italiana di prima classe.

Tracce consigliate: “Downward The Spiral”, “Of Prosperity And Punishment”, “Hymns Of Acrimony”

Defleshed – Grind Over Matter (Metal Blade Records)

Nell’autunno del 2005, sei mesi dopo l’uscita del loro quinto LP “Reclaim The Beat”, i Defleshed si sciolsero a causa dello scarso sostegno della label di allora, la Regain Records. A distanza di diciassette anni, supportati a questo giro dalla Metal Blade, gli svedesi  tornano con “Grind Over Matter” ed è come se il tempo si fosse fermato all’epoca dello storico “Under The Blade” (1997). Il sound seghettato, frenetico e al medesimo istante orecchiabile tipico del combo, infatti, sembra quello di sempre, con i momenti in mid-tempo che fungono da respiro collettivo prima che prendano il sopravvento le mitragliate death/thrash vecchia scuola sulla scia di Dismember, Entombed, Destruction e Kreator. Il terzetto, a parte punture di accordi circolari à la Slayer, non si perde mai in troppe finezze né si impiglia tra effetti sonori superflui, bensì opta per l’assalto a tutto spiano, attraverso arrangiamenti che non superano quasi mai i tre minuti e spremendo entro di essi una rabbia capace di schiacciare ogni ostacolo con la forza di un gigantesco martello pneumatico. Riaccogliamo a braccia aperte, dunque, dei veterani che, pur di seconda fascia rispetto ai big del settore, hanno poche remore quando bisogna bastonare senza alcuna misericordia.

Tracce consigliate: “Bent Out Of Shape”, “Dear Evil”, “Blood Well Spent”

Inclination – Unaltered Perspective (Pure Noise Records)

Il full-length d’esordio di un gruppo è sempre un evento da ricordare per i suoi membri, sia come singoli che come musicisti. Questo passaggio quasi obbligatorio rappresenta una forma di culmine, un passaggio all’età adulta dopo aver sbattuto la testa a destra e a manca per demo, singoli ed EP, la classica gavetta capace di accendere i riflettori e aprire nuove possibilità. Benché il curriculum vitae di ciascuno degli Inclination palesi un’esperienza di tutto rispetto (Expire, Harm’s Way, Knocked Loose), si attendeva con ansia il presente “Unaltered Perspective”, debutto diffuso da Pure Noise Records e seguito del buon mini “When Fear Turns To Confidence” (2019), latore di un HC straight edge figlio del meglio degli anni ‘90. Una produzione incredibilmente moderna, potente e compatta, ma allo stesso tempo capace di accogliere le tendenze dell’ultimo decennio – in particolare il suono di chitarra filtrato dai flanger -, rende l’album un ottimo esercizio di hardcore metal, dal riffing muscoloso e pervaso da uno stock melodico che ricorda vecchi act del settore quali As Friends Rust, Culture, Morning Again, Poison The Well, Shai Hulud. Accelerazioni thrashy e fervori punk completano la ricetta di un LP robusto e accattivante, che incide e cauterizza senza soluzione di continuità.

Tracce consigliate: “Epidemic”, “Bystander”, “Marooned”

Sodom – 40 Years At War – The Greatest Hell Of Sodom (SPV/Steamhammer Records)

Un grandissimo regalo attende a fine ottobre tutti i vecchi metalhead cresciuti a pane e Sodom, visto che i tedeschi, formatisi nell’ormai lontano 1982, festeggiano quest’anno i quarant’anni di attività divulgando un “40 Years At War – The Greatest Hell Of Sodom” da leccarsi davvero i baffi. Già dallo splendido artwork, opera del sempre più richiesto Eliran Kantor e che raffigura le due mascotte della band – Knarrenheinz e il boia dal cappuccio rosso protagonista della cover di “The Sign Of Evil” – impegnati in una lotta dall’esito incerto, si può comprendere significato e contenuto dell’album. La scelta di Tom Angelripper – e Frank Blackfire – di includere nel disco un brano per ciascun album pubblicato in carriera, infatti, permette all’appassionato come al neofita di scartabellare una storia dalle tante anime, che parte dal black/speed più crudo e feroce di “Obsessed By Cruelty”, passa per le spigolature death di “Tapping The Vein” a giunge al pimpante thrash di “Genesis XIX”, senza dimenticare perle di mezzo come “Code Red” e M-16”. Ma non solo: la scelta di re-incidere ogni singolo pezzo si rivela una mossa intelligente, soprattutto in relazione a quelli meno recenti, la cui rusticità viene addirittura amplificata dalle nuove registrazioni, grazie sia a mezzi tecnici a disposizione allora impensabili sia al sangue fresco innestato in line-up da Yorck Segatz e Toni Merkel. Best of del quale godere a prescindere.

Tracce consigliate: “Sepulchral Voice”, “Baptism Of Fire”, “Better Off Dead”, “Gathering Of Minds”

Worm – Bluenothing (20 Buck Spin)

Il come back dei Worm a poco più di un anno dal rilascio di “Foreverglade” risulta un’ottima notizia per chi ha già ceduto al fascino putrido e rancido del collettivo della Florida, benché forse nessuno si aspettasse di vedere il mastermind Phantomslaughter tornare in servizio così rapidamente. Questo “Bluenothing”, EP pubblicato sotto i colori della 20 Buck Spin, contiene quattro nuovi brani che, quando si conoscono bene il background e i gusti della testa pensante della band, stupiscono sino a un certo punto per generi e influenze. Un mini che, se registra ancora una volta la presenza del drummer L. Dusk e del chitarrista Nihilistic Manifesto, aggiunge alla causa altri ospiti: Charlie Koryn dietro le pelli, Samuel Osborne al basso e soprattutto Wroth Septentrion (Chthe’ilist, First Fragment, Atramentus, Funebrarum, VoidCeremony), axeman responsabile di parte del songwriting. Il frutto finale è un lavoro diviso a metà, con una prima parte di natura prettamente death-doom, ricca di rimandi a diSEMBOWELMENT, Evoken e Thergothon; la seconda, invece, rivela un approccio molto diverso, incentrato su un black metal dal taglio sinfonico che guarda a pilastri come Arcturus, Covenant, Emperor, Limbonic Art e Obtained Enslavement. Un piccolo gioiello, sinistro e melodico, che non deluderà gli amanti di sonorità legate alla grande vendemmia extreme dei ’90.

Tracce consigliate: “Bluenothing”, “Invoking The Dragonmoon”

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