Fine marzo da brividi lungo la schiena e martellate in piena faccia per gli ascoltatori dediti all’estremismo sonoro.

Discreation – Iron Times (Massacre Records)

Esistono delle band veterane del mondo estremo che, sommerse da un numero spaventoso di release annue soprattutto prive di esposizione mediatica anche a livello underground, faticano a costruirsi una propria nicchia di adoratori. Attivi dal 2001, i deathster teutonici Discreation hanno pubblicato cinque full-length e tre EP nel corso della loro carriera, la maggior parte delle volte su minuscole label nazionali o ricorrendo all’autoproduzione. Per il sesto sigillo, “Iron Times”, il quintetto di Hanau riesce non soltanto a firmare per la Massacre Records, ma anche ad assicurarsi un cantante che potrebbe accrescerne l’appeal, ovvero l’ex Morgoth Marc Grewe. Infusi delle innumerevoli guerre della storia, compreso il conflitto in corso tra Ucraina e Russia, e attraversati dal ruggito mortale del nuovo singer, i brani del disco alternano mid-tempo ed esplosioni di violenza sinistra, con le chitarre di Sebastian Schilling e Dave Hübsch a tuonare dense e complementari. Obituary, Slayer e Vader i principali punti di riferimento, per un metallo della morte di stampo euroamericano diretto e senza fronzoli, un vero albero della cuccagna da piantare nel giardino di casa. Bravi!

Tracce consigliate: “Iron Times”, “Blood Ritual”, “Maschinenkrieg”

Keep Of Kalessin – Katharsis (Back On Black)

È diventata una tradizione per i norvegesi Keep Of Kalessin lasciare in sospeso i propri sostenitori sempre più a lungo a ogni nuova release, considerato che cinque anni separarono “Reptilian” (2010) da “Epistemology” (2015) e addirittura otto ne sono trascorsi da quest’ultimo all’odierno “Katharsis”. Per il settimo lavoro in studio, numero risibile se pensiamo ai ventotto anni di carriera del gruppo, il membro fondatore, axeman, tastierista e singer Obsidian Claw ha riunito attorno a sé il connazionale e bassista di vecchia data Wizziac e il drummer tedesco Wanja “Nechtan” Gröger, conosciuto in particolare dalla comunità di YouTube in virtù dei suoi impressionanti video sulle conchiglie. Una formazione a tre capace di proporre un melodic black metal dal taglio epico, con partiture death, thrash ed heavy classico che invadono la struttura delle canzoni come una lama affilata che, circonfusa da sinuose trine di keys, penetra dritto negli ossicini auricolari. Certo, qualche scivolone verso un’orecchiabilità da subitaneo usa e getta e un’eccessiva rilevanza conferita alle parti corali tendono a far impantanare l’album nella trappola dei peggiori Dimmu Borgir, ma tutto sommato, anche rispetto a uno storico molto altalenante, il combo tiene botta con onore e dignità. Bentornati!

Tracce consigliate: “Katharsis”, “The Omni”, “War Of The Wyrm”

Old Forest – Sutwyke (Soulseller Records)

Il trio londinese degli Old Forest costituisce una delle storiche istituzioni estreme della Gran Bretagna, visto che da ormai venticinque anni conduce orgogliosamente attraverso l’isola la torcia del black metal più conservatore e tradizionalista. Ottavo album di una discografia che non manca nemmeno di demo ed EP, “Sutwyke” regala ancora una volta agli affezionati un metallo nero antico e diretto, dal palese carattere scandinavo e con testi incentrati soprattutto sul folklore anglosassone. Kobold, Beleth e Anders Kobro, batterista degli In The Woods ed entrato in formazione nel 2017, non sono mai riusciti a realizzare un classico assoluto del genere, ma la loro discografia si contraddistingue per uno standard qualitativo così solido e costante da suscitare sempre un certo piacere durante l’ascolto. In questo nuovo lavoro, un artwork suggestivo e un produzione ruvida, ma piuttosto calda, forniscono la cornice ideale per dei pezzi capaci di trasportarci in un mondo dalle fattezze simili ai dipinti di Casper David Friederich, pieno di castelli infestati e rovine gotiche, tra i quali spuntano gli spettri carnali di Burzum e Darkthrone. Quarantasette minuti che, senza sorprendere,  convincono appieno.

Tracce consigliate: “Faust Recants (Satan Cometh)”, “Zodiac Of War”, “Master Of Arachnids”

Smallpox Aroma – Festering Embryos Of Logical Corruption (Inhuman Assault Productions)

Formatisi a Bangkok nel 2006, gli Smallpox Aroma giungono ​​al loro esordio dopo il discreto EP del 2017 “Repulsive Pleasures”, la compilation dello stesso anno  “Collection Of Vivisection”, una retrospettiva esaustiva del primo decennio della band, con sessantotto tracce di goregrind rudimentale e sanguinolento, e la recente raccolta “Swallow The Defiled” (2022). Se il mini rappresentava un netto miglioramento rispetto al sound delle origini, con notevoli influenze punk dovute soprattutto alla presenza di un vero batterista e non di una drum machine, il debutto sulla lunga distanza, “Festering Embryos Of Logical Corruption” si sposta verso uno spettro death metal, addirittura orecchiabile a paragone del passato, grazie anche alle sue sfumature thrashy. Altresì dal punto di vista linguistico, la direzione intrapresa occhieggia a un gergo basato più sull’horror, andando oltre le abituali ossessioni patologiche: addio, dunque, a titoli come “Bloated Corpse’s Smegmamingled Excrescence Riddled Hernia” o “Epidefecationolysis Bullosanal Leakagenital Secretion”, e spazio a un registro consono a uno stile decisamente meno istintivo. Meglio non indagare quale sia l’effettivo odore del vaiolo, eppure L.S., Septikankalvatory e Goredick sanno bene come propagare odore di morte e putrefazione.

Tracce consigliate: “Quest For The Missing Head”, “Eternal Burrow”, “Inescapable Visceral Erosion”

Úlfúð – Of Existential Distortion (Dark Descent Records)

L’Islanda è nota non soltanto per l’alta qualità della vita, l’ecosostenibilità, i paesaggi naturali mozzafiato e il sole di mezzanotte, ma anche per aver dato, al black metal e affini, entità del calibro di Sólstafir, Misþyrming, Kontinuum, Carpe Noctem, Svartidauði Zhrine, Sinmara, Dynfari, un numero spaventoso considerata la grandezza limitata dell’isola. A tale incredibile schiera si aggiungono gli Úlfúð, quintetto di Reykjavík autore nel 2018 dell’EP “First Sermon” e ora all’esordio con “Of Existential Distortion”, disco patrocinato da un’etichetta come la Dark Descent Records, che raramente sbaglia quando decide di promuovere delle novità. La band si fa promotrice di un black/death molto vario e sfumato, che sa essere animoso senza rinunciare alla melodia, rivelando, entro le canzoni dal taglio più maestoso, la gelida influenza dei primi Emperor, rilevabile soprattutto nel lavoro alle chitarre di Eysteinn Orri e Birkirk Kárason, musicisti anche membri rispettivamente di Nyrst e Narthraal. Ennesimo prodotto di livello, dunque, per una nazione che non smette mai di stupire in ambito estremo e dintorni.

Tracce consigliate: “Tears Of Terra”, “Mockery Theatre”, “Leviathan Dreams”

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