Curioso pensare come nei giorni di fine agosto si raggruppino alcuni dei momenti indelebili nella storia degli Oasis. Il 29 agosto 1994, vede la luce “Definitely Maybe”, la pietra angolare della Cool Britannia post Tatcher, l’inizio di un’epopea per l’ultima grande band che il rock abbia conosciuto. Il 28 agosto 2009 sancisce la parola “fine” a quella leggendaria carriera con una scazzottata nel backstage del Rock En Sein. D’altronde ci avevano avvertiti: “Please don’t put your life in the hands of a rock ‘n’ roll band, who’ll throw it all away”, quasi un monito in tempi tutt’altro che sospetti. Il 27 agosto 2024 l’annuncio della reunion. È tutto vero. 15 concerti in Regno Unito e Irlanda, una partecipazione come headliner al festival di Glastonbury data praticamente per certa dai tabloid e poi smentita dagli stessi Oasis.

oasis 1

È la magia del rock che, come il calcio (chi conosce i Fratelli Gallagher sa che il legame fra questi è più forte che mai), è capace di farci sognare fino all’ultimo minuto. Ma una domanda che la gente si sta ponendo è: perché? La motivazione più ovvia è il successo che ne deriverà. Nonostante entrambi i fratelli Gallagher abbiano intrapreso importanti carriere soliste dopo la loro separazione nel 2009, tra i Beady Eye di Liam, gli High Flying Birds con Noel, nulla di ciò che hanno fatto si avvicina ai numeri potenzialmente offerti dal tour di reunion, compresa una serie di quattro spettacoli allo stadio di Wembley. La Birmingham City University ha stimato che le 14 date iniziali potrebbero generare 400 milioni di sterline in vendite di biglietti e altri ricavi, con Liam e Noel che potrebbero guadagnare ciascuno 50 milioni di sterline. Una cifra più alta di quella che i Fratelli Gallagher hanno guadagnato in tutti gli anni ’90. E se è vero che il denaro riesce a risolvere anche i conflitti più insanabili, la reunion degli Oasis ci dà la possibilità di sognare ancora una volta, tutti insieme senza “guardare al passato con rabbia”.

Questa reunion ci fa capire che abbiamo ancora un disperato bisogno dei Fratelli Gallagher. Non si tratta solo di ritrovare i nostri idoli, ma alla possibilità di poter sognare ancora. Pensiamo alle parole di “Live Forever”. Gli Oasis ci hanno portato a credere nell’eternità, e non quella astratta e distante, ma una che possiamo quasi toccare con mano. Il loro merito più grande, come disse una storica recensione del Melody Maker, è stato farci credere che, nel momento esatto in cui Liam intona «tu e io vivremo per sempre», quell’eternità non sia solo un’illusione, ma una realtà da afferrare. È la magia della loro musica: farti sentire invincibile, anche solo per tre minuti e quarantacinque secondi. Oggi, trent’anni dopo, quell’illusione ci ritorna addosso con tutta la forza della nostalgia. “Live Forever” non è solo una canzone, è un richiamo incessante che ci riporta indietro a un’epoca unica e irripetibile, dove ogni nota suonava come una promessa di eternità. È quella scintilla che accende ancora i ricordi, rendendo i momenti brevi ma infiniti, perché scolpiti nei cuori e nelle memorie, soprattutto in un panorama musicale dove si fa fatica a trovare grandi inni che parlino a intere generazioni.

Per questo motivo ritorno degli Oasis è qualcosa di più di una semplice reunion: è il più grande evento collettivo musicale degli ultimi 10 anni. Ci permette di credere che i miracoli esistono e a volte, basta solo sperare. Abbraccia generazioni intere: non sono solo i nostalgici degli anni Novanta, ma anche giovani che non erano neppure nati quando la band di Manchester scalava le classifiche. Musica che ha attraversato il tempo, tramandata come una reliquia, un passaparola fatto di emozioni e storie. La nostalgia, con il suo fascino dolceamaro, tocca tanto chi ha vissuto quei giorni dorati quanto chi li ha solo ascoltati nei racconti di altri. Perchè tra il pubblico di un concerto degli Oasis si potrebbe trovare un miscuglio di generazioni: i pionieri del britpop, i millennial che li associano ai ricordi d’infanzia, i ventenni che li hanno scoperti sfogliando le collezioni di dischi di genitori e fratelli maggiori, coloro a cui della musica importa fino a un certo punto. Per loro gli Oasis sono un gigantesco fenomeno di costume in cui identificarsi. E mentre su internet impazzano i meme, si rincorrono speculazioni su nuova musica e c’è chi ha aspettato 10 ore in una fila virtuale senza riuscire ad accaparrarsi un biglietto, tutto il mondo guarda ai fratelli più famosi del rock, cresciuti nella periferia mancuniana e diventati culto per milioni di fedeli, capaci di tenerci con il fiato sospeso per 15 anni. Il motto di questi giorni sembra “Be here now”, condividere insieme il più grande evento collettivo. E stavolta, Sally non può più aspettare.

Comments are closed.