nanowar of steel dislike to false metal recensione
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Nanowar of Steel – Dislike To False Metal

Fermiamoci un attimo e poniamoci una domanda: di che cosa è capace l’heavy metal?

O meglio, quali sono le emozioni che è capace di veicolare in noi che lo ascoltiamo? Sicuramente la rabbia è la prima che ci verrebbe in mente, dato che si tratta della fonte a cui attinge ogni musica che ami definirsi estrema. In secondo luogo abbiamo la meraviglia e l’esaltazione, suggerite da riff al fulmicotone, assoli veloci e/o melodici e dai testi più ispirati; anche la malinconia e la disperazione hanno trovato il loro spazio negli orizzonti immaginari del “cugino brutto, cattivo e rumoroso” del rock ‘n roll.

Ma per quanto riguarda l’allegria? È possibile far ridere suonando heavy metal?

Per molti, accostare il metallo pesante alla risata è quasi una bestemmia, poiché sarebbe qualcosa di diametralmente opposto al nichilismo di cui sono intrisi i capolavori del genere. Tuttavia, se è vero che nel corso degli anni non sono mancati gruppi che hanno fatto dell’ironia il loro cavallo di battaglia (Gwar, Anal Cunt, Steel Panther, Ultra Vomit, solo per citarne alcuni), in molti casi essi sono stati guardati con sospetto dai fan più oltranzisti. Qualunque sia la vostra opinione in merito, è innegabile che il potere della risata, se sfruttato bene, possa costituire una preziosa arma in più, facendo raggiungere traguardi inimmaginabili. I Nanowar of Steel sono il perfetto esempio di tutto quanto finora detto: capaci di toccare le vette più alte mixando i cliché dell’heavy metal con tematiche diametralmente opposte. Se non ci credete (e se avete vissuto in una caverna negli ultimi anni), ascoltate “Norwegian Reggaeton” per comprendere al meglio ciò di cui stiamo parlando.

Avevamo lasciato i nostri sulle note di “Italian Folk Metal” e, a distanza di meno di due anni, li ritroviamo con “Dislike To False Metal“. E se già il titolo è la prima stilettata ad uno dei totem del metallo, bastano i primi secondi di musica per farci sentire a casa; con le sue atmosfere à la Alestorm, “Sober” è una sfuriata a metà strada tra power e folk a tinte piratesche che, però, ci mette davanti una versione più ripulita e salutista del filibustiere, che preferisce il thè allo zenzero al grog. Se è vero che un fegato in salute è il migliore amico di ogni bucaniere, “Winterstorm In The Night” ci catapulta in atmosfere decisamente più sinfoniche e fatate. Tutto sembra essere ammantato dalla magia dei cori e dalla voce di Madeleine Liljenstam, fino a quando un sorriso non ci si stampa in faccia nel momento in cui ci rendiamo conto che la neve di cui parla il pezzo non è nient’altro che… forfora!

“Disco Metal” è il secondo singolo estratto dal disco che propone un altro accostamento tanto improbabile quanto riuscito; se già “Tekkno” degli Electric Callboy ci avevano fatto capire quanto gli opposti, alla fine, si tocchino, il brano in questione è un cocktail micidiale di metal, italodisco anni ’90 e citazioni dotte, che spaziano da “What Is Love” di Haddaway alla Divina Commedia, tutto ovviamente in pieno stile Nanowar.

Dopo tutte queste cavalcate distorte, “Muscle Memories” è la classica ballad melensa che ha il compito di farci scendere una lacrima sulla guancia parlandoci del dramma del culturista moderno, i cui eccessi di anabolizzanti hanno oramai spiegato i loro effetti ormonali più nefasti (ed esilaranti). Provate ad aggiungere delle sonorità che ammiccano al pop rock in stile Bon Jovi e Nickelback ed avrete un’idea dell’ennesimo “sacrilegio” compiuto dai nostri eroi. Sempre a proposito di sacrilegi, crediamo che, a memoria d’uomo, nulla potrà risultare più spiazzante e blasfemo dell’intro di “Chupacabra Cadabra”, soprattutto per le orecchie di un purista del metal. Il brano si presenta con una delle parti di batteria più famose di sempre, fomentandoci come non mai, per poi sfociare in una divertentissima musica mariachi messicana, che narra una “versione alternativa” della nascita di una delle leggende metropolitane per eccellenza.

Da un punto di vista strettamente musicale, “Dislike to False Metal” presenta tutto ciò che un fan dei Nanowar of Steel si aspetta di trovare: riff di chitarra veloci, linee vocali catchy, assoli che rendono omaggio al metal più ottantiano e, soprattutto, quintali di citazioni ed ironia dissacrante in quantità industriali. “Pasadena 1994” vede Joakim Broden dei Sabaton come special guest e, quindi, l’atmosfera del brano non può che essere marziale, fatta di cori epici che si stampano in testa al primo ascolto. Ma anche qui la risata è dietro l’angolo, dato il pezzo è incentrato su Italia – Brasile, la storica finale dei mondiali di calcio Usa ’94. Come diceva Winston Churchill, gli Italiani vivono le partite di calcio come se fossero guerre e, proprio in base a quanto ora scritto, non potremmo immaginare un modo migliore per trasporre questo concetto in musica, con tanto di telecronaca dell’indimenticabile Bruno Pizzul a contorno di una canzone che è destinata a rimanere nell’immaginario di qualsiasi patriota del pallone.

Se quanto finora ascoltato poteva far storcere il naso al metallaro più integralista, “Metal Boomer Battalion” è un pernacchio in pieno viso. La canzone trasuda power metal da ogni nota, ma non c’è battuta che non prenda in giro i puristi del genere, riprendendo ognuna delle loro frasi più iconiche e dei loro atteggiamenti maggiormente tossici (soprattutto online), parodizzandoli ed estremizzandoli in egual misura. Con “Dimmu Boogie” ci spostiamo su territori più rockabilly, immaginando quanto potrebbe essere bello assistere a dei circle pit su delle note che strizzano chiaramente l’occhio ad Elvis Presley. Qualora foste ancora in cerca di provocazioni velate (ma non troppo), “Protocols (of the elders of Zion) of Love” è ciò che fa per voi: provate a figurarvi delle musiche in pieno stile Backstreet Boys, con tanto di coretti e rime ruffiane sull’amore… ma con un testo interamente incentrato sul complottismo! Dal 5G al microchip di Bill Gates, dal pianeta Nibiru al New World Order, passando per l’Area 51 e senza dimenticarsi del Terrapiattismo: perché l’amore non è bello se non è redpillato!

“The Power of Imodium” è la degna ed epica conclusione del disco, all’insegna del power metal più veloce e pacchiano, ma intervallato dagli oramai consueti “breakdown nonsense” e da un testo incentrato sulle virtù del farmaco antidiarroico per eccellenza, ancora di salvezza del più intrepido degli eroi quando le viscere iniziano a brontolare. Tutto questo senza precludersi l’immancabile citazione di turno (possiamo anticiparvi che, in questo caso, è toccato ai Queen).

Al termine delle dieci tracce di “Dislike To False Metal”, è palese l’ottimo stato di forma in cui si trova la band che, ancora una volta, riesce a sorprendere l’ascoltatore con gli accostamenti più azzardati, i testi più sfrontati e le rime più audaci. In seconda analisi, non possiamo non constatare che questo settimo disco sia il primo lavoro del gruppo realizzato interamente in inglese. Spieghiamoci bene, non mancano inserti e citazioni in italiano, ma è chiaramente percepibile l’intenzione dei Nanowar of Steel di voler abbattere quella barriera linguistica che, forse, era l’unico vero limite creativo oramai rimasto in piedi.

Non siamo ancora in grado di prevedere il futuro, ma è probabile che chi già amava i Nanowar of Steel continuerà a farlo, mentre chi non li ha mai apprezzati per partito preso forse non cambierà idea con questo nuovo album. Tuttavia, se è vero che una risata ci seppellirà tutti, “Dislike To False Metal” ci lascia intendere che quella risata potrebbe essere accompagnata da una chitarra distorta e, che siate boomer o meno, non potrebbe esserci niente di più bello di questo.

Tracklist

01. Sober
02. Winterstorm in the Night (feat. Madeleine Liljenstam, Eleine)
03. Disco Metal
04. Muscle Memories
05. Chupacabra Cadabra
06. Pasadena 1994 (feat. Joakim Brodén, Sabaton)
07. Metal Boomer Battalion
08. Dimmu Boogie
09. Protocols (of the elders of Zion) of love
10. The Power of Imodium

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