Trivision (Andrea Dragoni)
In occasione del debutto discografico assai godibile e sorprendente dei Trivision, abbiamo colto l’occasione per scambiare quattro chiacchiere col chitarrista della band Andrea Dragoni. Buona lettura!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 06/12/10

Dalle basi: ci spieghi le origini del progetto Trivision? Magari presenta la band ai nostri lettori usando parole tue.

La volontà di sviluppare musica inedita è stata la base dei Trivision, nonostante il mercato discografico stia colando a picco e i locali ti chiudano sempre più porte in faccia, ci sarà sempre gente giovane con la voglia di fare e noi, in fondo, crediamo ancora nella scena Italiana. Tutti quanti veniamo dalla provincia di Lodi e, nonostante i diversi background musicali, abbiamo trovato un amalgama che ci accomuna e ci rappresenta. Il pensiero di base dei Trivision è quello di svincolarsi il più possibile dal confinamento di un’etichetta di un determinato genere musicale: suoniamo quello che ci viene naturale, possibilmente con un “bel tiro”, tenendo sempre le porte aperte agli accorgimenti più disparati. Quello che, invece, cerchiamo di evitare è impelagarci in atteggiamenti super-alternative o complicarci l’esistenza ostentando suoni e musicalità al limite della comprensione. Essendo che siamo gente semplice, sarebbe per noi pura ipocrisia scrivere testi ermetici o pezzi progressive di 40 minuti.

I miei complimenti per il vostro disco d’esordio “Muoversi Nel Liquido”, che è bello da guardare oltre che da sentire. Vorrei avere una tua spiegazione proprio dell’artwork, in particolare della sua simbologia: perché il triangolo? Semplice ispirazione dalla Triforza di Zelda?

No, c’entrano gli Illuminati. Mandiamo messaggi subliminali d’anteprima riguardanti il prossimo disco.

Perché, secondo voi, è così importante al giorno d’oggi presentare bene la propria opera anche con una grafica molto curata?

E’ difficile quantificare il valore aggiunto di una buona grafica…diciamo che per noi è stato un po’ come un auto-regalo. Siamo coscienti del fatto che con la musica non si vive e i dischi, in Italia, vengono incisi apposta per essere stoccati nelle cantine di chi li ha prodotti, ma a noi questo aspetto non importava più di tanto, così abbiamo voluto impegnarci al 100% e sigillare questo prodotto registrandolo in uno degli studi migliori d’Italia, e completandolo con una grafica particolare: sul foglio interno del booklet da una parte trovi i testi, mentre l’altra facciata  è un poster in pantone argentato da appendere al muro. Siamo contenti che il disco sia piaciuto a tanta gente e che vengano apprezzati anche gli aspetti di contorno quali il packaging, ma il valore di questo disco è soprattutto personale. L’impegno e le risorse impiegate sono state notevoli e, per quanto mi riguarda, alcuni di questi testi hanno funzionato come una terapia che mi ha aiutato a chiudere un capitolo spiacevole. A settant’anni credo che ci verrà un infarto facendo play!

Ciò che mi piace della vostra musica è che riuscite a stemperare la tensione progressiva dei pezzi con un grande uso della melodia…un po’ come fanno i Coheed And Cambria, solo che voi innestate melodiosità tipicamente italiana. Cosa ne pensi di questa mia affermazione?

Ci stà. Rimango sempre colpito dal tiro pesante di certi gruppi americani… soprattutto la costruzione del suono. Allo stesso tempo, tuttavia, amo troppo certi passaggi melodici tipici della lingua italiana… cosa che per sua natura o semplice tradizione popolare ha trovato sua massima espressione nella musica pop. Probabilmente sarà cosi per sempre qui da noi, dato che in radio non passi se nono rientri in certi canoni commerciali. Per noi però non è un problema far conciliare i due aspetti, semmai qualche problema può nascere al massimo nei confronti di una certa critica di settore che vuol vedere solo il bianco o il nero.

trivision_int_2010_01“Muoversi nel liquido” è una sensazione strana: perché avete scelto di titolare il vostro disco d’esordio in questo modo?


Abbiamo scelto “Muoversi nel liquido” appunto perché fa pensare ad una sensazione tanto innaturale quanto piacevole e avvolgente... un richiamo alla musica come percezione di elementi non definiti e,quindi, mutevoli. Insomma: una frase diretta come la nostra musica, costruita con poche parole per dar spazio alla libera interpretazione in modo tale che ognuno possa immaginarsi un proprio scenario.

C’è un brano in particolare che senti particolarmente vicino sul vostro disco? Se sì, quale e perché?


“Fra le sue braccia un’altra sera”. Viene scambiata al primo ascolto per un brano sentimentale dedicato a un’ipotetica persona, in verità descrive la voglia di tornare sul palco, quella forza che ti spinge a essere musicista e ti condiziona la vita. Anche la frase: “distrarmi come sai, non è servito a niente… drogato fino a perdermi da solo per poi ritrovarmi” è inteso come errore, o meglio la presunzione mentale di poterne fare a meno, magari cercando di riempire il vuoto mischiandoti alla gente, cercando di fare la persona seria… poi nei momenti difficili tutto torna a galla, e tirando le somme inevitabilmente scarti il superfluo e ti scopri completo con la chitarra in mano e la testa piena di progetti. A proposito, abbiamo appena finito anche di montare un video per questo pezzo.

Oltre ad una musica particolarmente dinamica, anche i vostri testi sono come…delle schegge impazzite sparate a velocità supersonica, almeno io li interpreto così! (risate) Da cosa traete ispirazione per i vostri testi?

Brutte storie. No, scherzo! Ad ogni modo, intendiamo la musica come liberazione, e se hai qualcosa come un chiodo fisso in testa la devi scrivere, perché solo così lo potrai archiviare. Sicuramente i prossimi pezzi saranno concepiti con una diversa ispirazione, magari uscendo dal personale e buttando un occhio a quello che capita attorno a noi: come si comporta la gente, quanto possono influire le scelte sbagliate. Cerchiamo sempre di essere diretti ma senza togliere libertà d’interpretazione.

Recentemente, ho intervistato Missincat che mi ha detto che il mondo dell’underground italiano è oggi più florido che mai. Voi siete d’accordo, o ritenete ancora estremamente difficile emergere e farsi notare con la dovuta attenzione?

D’accordissimo. Involontariamente, ti ho già risposto parzialmente nella prima domanda. Esiste certamente un fermento italiano che sembra voler dare un calcio in culo a X-Factor, cover band, SIAE e quant’altro. E’ incredibile come una serie di forze occulte cerchino d’impedirti di suonare liberamente, i locali di musica live chiudono uno dopo l’altro… trovare date è diventata un’impresa allucinante, a meno che non fai cover stracommerciali; e se fai rock appena al di fuori dello standard radiofonico, resti nell’anonimato a vita, e se proprio decidi di incidere un disco per i cazzi tuoi e farti conoscere, devi pagare i diritti d’autore… a te stesso!!! E non è finita: dopo tutti gli sbattimenti, l’ultimo step è l’acquisto dei bollini SIAE da applicare sui CD… a cosa servono ‘sti bollini? Alla guardia di finanza. Quando ho capito il meccanismo non ci potevo credere. E nonostante tutto questo, è pieno di gente che si sbatte ed il panorama indipendente Italiano continua a presentare lavori benfatti nei più disparati generi… anche il livello tecnico delle produzioni e dei musicisti direi che si è alzato notevolmente.

 

trivision_int_2010_02
 

 

Quali sono le prossime mosse dei Trivision? Immagino un bel piano di live, corretto?

Si, stiamo cercando di organizzare un tour, anche se la voglia di rinnovarci con pezzi nuovi è forte. L’aspetto live è importantissimo per dare continuità al progetto, per questo colgo l’occasione e lancio un appello: stiamo cercano collaborazioni con altri gruppi per eventuali scambi di date o magari un’adeguata agenzia di booking che ci aiuti a promuovere la nostra musica. Se a qualcuno interessa, contattateci pure.

Ti ringrazio tantissimo per essere stato con noi! Questo è uno spazio che ti lascio per un messaggio in libertà ai nostri lettori.

Grazie a voi dello spazio concesso. Voglio sottolineare ancora una volta l’importanza di supportare la scena underground. C’è veramente tanta gente che merita di farsi ascoltare, secondo me è ora di riscoprire il concetto del live come momento culturale o come semplice passatempo. Dopo tutto si incontra sempre gente nuova ed è anche facile socializzare, sarebbe un vero peccato starsene tutti i sabati sera a cazzeggiare col solito Dj nelle orecchie, no?




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool