Useless Wooden Toys (Gilberto Girardi)
In occasione dell’uscita del “Piatto Ricco” degli Useless Wooden Toys, abbiamo raggiunto una metà del duo, Gilberto Girardi, per farci spiegare come il disco è stato farcito e condito. Buon appet…emh, lettura!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 12/09/11

Ciao, sono Fabio di SpazioRock! Ti chiamo per l’intervista, posso disturbarti?

Ciao! Sì guarda, non c’è problema perché sono imbottigliato nel traffico milanese. A causa dello sciopero (l’intervista si è svolta il girono dello sciopero generale della CGIL n.d.r) sto andando di una lentezza, che farei prima ad uscire dalla macchina ed andare a piedi a fare due passi!

(risate) Dai, allora ti tengo un po’ di compagnia io facendoti un po’ di domande! La prima delle quali è: qual’è il principale miglioramento che sentite di aver raggiunto col nuovo “Piatto Forte” rispetto all’esordio di “Dancegum”?

Comincerei col dire che “Piatto Forte” è un disco che va proprio nella direzione di “Dancegum”, quindi un miglioramento di tutte le caratteristiche del nostro esordio. Diciamo che, in generale, possiamo dire di aver aggiunto un altro pezzettino di percorso verso quello che è un suono che definiamo nostro, e sentiamo che, nonostante i “featuring” siano tra i più diversi – e quindi anche i vari pezzi alla base delle collaborazioni – comunque si sente un’impronta Useless Wooden Toys. Poi, nella forma canzone direi che siamo più efficaci rispetto al passato: in “Dancegum” ci sono alcune derive elettroniche, figlie del fatto che eravamo impegnati nella ricerca del nostro suono, nel forzarci all’uso dell’analogico e della citazione, mentre in “Piatto Forte” quegli elementi che ti ho appena detto ci sono comunque, ma in forma più…contenuta e compatta.

Hai parlato, appunto, degli ospiti, ed anche questa volta c’è una lunghissima lista di nomi di eccellenza ad animare le vostre composizioni. Con che criterio li scegliete?

Tutti gli ospiti della scena hip-hop arrivano per conoscenza proprio personale, perché lavorando con Bassi Maestro e Supa, è una scena in cui abbiamo sempre tenuto un piede, un po’ per curiosità ed un po’ per affinità. Invece, per quanto riguarda Ex-Otago, Amari e gli altri del mondo indie-pop, sono anche loro amici, conosciuti attraverso il mondo de “La Valigetta” (etichetta precedente della band n.d.r.) o dopo i festival di musica indie, visto che noi ne abbiamo fatti tanti come after-show. Come criterio di scelta, invece, ti dico che è sempre la voglia di sperimentare, di uscire un po’ dal proprio seminato. I rapporti coi nostri ospiti nascono così: in modo molto semplice e spontaneo, facendo leva sulla loro voglia di mettersi in gioco e la nostra di voler sperimentare. EMI, la nostra attuale etichetta, ci ha dato una mano con i contatti esteri, quindi con Emilie Chick in Francia e James F. Kennedy in America, ma anche con loro diciamo che, alla fine, ci sono stati contatti personali, tuttavia gestiti tramite social network, Facebook soprattutto.

uselesswoodentoys_2011_01Ecco, parlando di: è difficile coordinare un gruppo così numeroso di artisti, o la tecnologia che aiuta la vita dell’uomo rende oramai il compito estremamente facile?

Guarda, noi siamo molto, molto web 2.0 (risate). Anche perché è inevitabile, noi stessi lavoriamo molto tramite social network e poiché viviamo in due città diverse – Riccardo a Milano ed io a Cremona. Abbiamo sì uno studio a Cremona dove finalizziamo le idee, ma lavoriamo tantissimo tramite web, quindi sì, eravamo già abituati noi nel nostro interno a cose come lo scambio dei file, Dropbox, Soundcloud e via dicendo. Diciamo che siamo abbastanza dei nerd della rete! (risate generali)

C’è una discreta varietà lirica nel vostro nuovo disco, chi li scrive i testi, gli ospiti per caso?

Sì, esatto, loro: ogni ospite è autore dei suoi testi, anche se ogni testo fa un po’ una storia a sé. Col Piotta, ad esempio, abbiamo lavorato in stretta collaborazione decidendo insieme un argomento e lavorando poi a quattro mani sul testo, cercando di farlo aderire perfettamente all’idea che avevamo; in questo, il Piotta si è dimostrato molto curioso, molto attento nell’accettare anche le nostre critiche e nel proporci le sue idee. Il pezzo con Le Mani, invece, era un brano che avevano fatto proprio loro, e sono stati loro a dirci che avevano in mente noi quando hanno scritto le parole, quindi proprio il senso contrario rispetto a quello fatto col Piotta. Quello che accomuna tutti i brani, ad ogni modo, è lo scambio: di idee, di mood e di argomenti. Poi, tutti gli ospiti hanno comunque registrato da noi, quindi c’è stato un contatto umano che ha favorito lo scambio diretto di tutte queste cose.

Per chiudere l’aspetto degli ospiti, una domanda “scomoda”: con chi avete preferito lavorare e perché? E’ una domanda scomoda perché esclusiva, ti tocca scegliere! (risate)

Mah guarda, con Supa, Bassi Maestro e Rido è stata una figata totale perché il nostro amore verso i Beastie Boys è più che manifesto, ed aver avuto la possibilità di lavorare tutti insieme ad un pezzo come “ABC” è stata la realizzazione di un’idea bella e divertente che avevamo in mente da molto, molto tempo. E’ stato come un gioco, aver avuto la possibilità di incidere un pezzo come se avessimo 16 anni. Poi, comunque, ribadisco che con noi lavorano con persone che conosciamo, quindi è davvero difficile dirti cosa sia effettivamente meglio o peggio, l’importante è che ci sia sempre uno scambio umano il più forte ed ampio possibile.

“Il Tirannosauro” direi che è un pezzo che nasce con i chiari intenti di essere un tormentone. Quindi, come si partorisce un tormentone in casa Useless Wooden Toys?

Sicuramente è come dici. Per noi, il tormentone nasce a seguito di una filastrocca, quindi qualcosa di molto, molto facile che possa essere ripetuta all’infinito. Quindi, un po’ pensando alla scrittura dei Kraftwerk e dei Daft Punk, ovvero mood semplici e ripetuti, siamo arrivati a questa filastrocca con protagonista un tirannosauro che è un po’ prepotente; poi, avevamo una base musicale molto potente che ritenevamo potesse sposare alla perfezione questa filastrocca, ed ecco che è nata la hit. Diciamo che, volendo, la puoi vedere come un processo di semplificazione rispetto al nostro normale metodo di scrittura, senza però far leva sulla ricerca della hit che parlasse della notte, della discoteca - tutti elementi che sono in un qualche modo “vendibili” - ma, piuttosto, sulla facilità di fruizione.

Ecco…non temi, però, che in tutto questo ci sia un estremo effetto volatilizzante del brano? Cioè che nasca e muoia senza lasciare poi niente?


Sicuramente, “Il Tirannosauro” è comunque un brano nato in vista dell’estate, con una struttura di comunicazione alle spalle che fomentava un meccanismo di diffusione stile virale nel web, per questo suona così, come una cosa fresca, estiva e facile. Poi, il disco ha altre pretese ed altri tipi di messaggi più consistenti, però avere una cartuccia come “Il Tirannosauro” e non spararla non ci sembrava intelligente, non siamo poi così puristi e chiusi su noi stessi da dire: “No, la ultra-hit è una cosa troppo semplice, influisce troppo sul lavoro”. Diciamo che è stata una pennellata di un colore diverso sul nostro disco, e che se per un’estate ha fatto sorridere e ballare qualcuno, allora noi siamo molto contenti.

 

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Mi piace molto il violino che usate nella seconda metà del disco su “Pacca Sulla spalla” e “Non Soddisfa”. Come siete entrati in contatto con uno strumento così inusuale per la vostra musica?

Con “Pacca Sulla Spalla” tutto è dovuto alla nostra passione per i Röyksopp, per cui ci siamo detti che in quel pezzo dovevamo assolutamente fare un arrangiamento d’archi. Avevamo conosciuto, attraverso i nostri “giri indie”, i Calibro 35, per cui abbiamo chiesto ad Enrico (Gabirelli, flautista ed organista della band n.d.r.) di scriverci qualcosa a tal proposito, e lui è stato molto entusiasta di lavorare su una base elettronica. Poi, da qui sono nate tante cose, perché siamo entrati in contatto con Rodrigo D’Erasmo per far suonare effettivamente lo strumento, e poi anche con Tommaso Colliva che, oltre dei Calibro 35, è anche fonico dei Muse, a cui abbiamo affidato anche tutto il mix del disco. Invece, in “Non Soddisfa” i violini sono fatti con una string machine della Roland, una macchina molto vintage ma con un bel suono. Le soluzioni orchestrali ci hanno sempre affascinato, tanto che credo ci sia ancora qualche “arrangiamentino” simile anche al di fuori di questi due pezzi, anche se ora non mi viene in mente.

Vi chiamate “Inutili giocattoli di legno”…è per caso una dichiarazione di intenti sul fatto che ritenete il digitale e l’elettronico diciamo…superiore all’analogico?


No no, il contrario semmai: il nome nasce dalla nostra passione per i synth anni ’70-’80 che avevano ancora i case ed i bordoni in legno, quindi, quando un nostro amico ci ha suggerito il nome “Useless Wooden Toys”, abbiamo subito fatto l’associazione con tutte queste macchine che ci piacciono tanto. Abbiamo ancora una grossa passione per questi enormi bauli di legno ripieni di elettronica! Ti dirò di più: la compenetrazione tra analogico e digitale è proprio la natura del nostro suono. La nostra musica viene sempre pre-prodotta quasi completamente in digitale, ma noi ci teniamo al fatto che l’output conservi quanto più di analogico possibile, costi e tempi permettendo, ovviamente.

Quindi, diciamo, non gli “Inutili Giocattoli Di Legno”, ma i “bei giocattoli di legno di una volta”: va meglio?

Sì, decisamente! (risate)

Allora, adesso direi che è appropriata una domanda che va all’opposto rispetto alla precedente: cosa ne pensate dell’ipad? Usare tablet per fare musica è una soluzione adottata da sempre più artisti, anche piuttosto blasonati come Björk e Gorillaz…

Noi siamo ultra-favorevoli all’uso di queste soluzioni: oramai, la vita è davvero molto, molto frammentata, per cui si fa fatica a trovare ampi momenti per la propria scrittura. Questi strumenti, quindi, se usati bene ti permettono di veicolare delle idee in qualsiasi momento, per quanto breve esso sia. Poi, certo: si parla di un primo livello di scrittura musicale, comunque ci vanno poi gli arrangiamenti e tutta la fase di costruzione del suono, cose che un ipad certamente non ti può dare; però, come canovaccio per buttare giù in qualsiasi momento qualche appunto musicale direi che è perfetto!

Ok Gilberto, per me è tutto! Noi, come consueto, lasciamo uno spazio libero alla fine dell’intervista per un messaggio ai nostri lettori. Quindi, prego: se hai qualcosa da dire, ti lascio il microfono a disposizione!

Saluto tutti i lettori di SpazioRock ed invito tutti ad ascoltare il nostro “Piatto Forte” arrivando ad intercettare i vari brani, perché è un disco di cui siamo molto orgogliosi e che nonostante esso possa sembrarvi dance, pop, facile, semplice, dite quello che volete, sia comunque un lavoro con una qualche scintilla, un messaggio che possa far innescare qualche pensiero. Quindi sì, un’opera divertente, ma con un pelo di pungente riflessione…tutto qui!  




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