IQ (Peter Nicholls)
Abbiamo raggiunto Peter Nicholls il cantante degli IQ - una band oramai 30ennale nel panorama del Progressive rock inglese più puro - per parlare un poco del loro ultimo lavoro “Frequency”. Buona lettura!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 13/06/09

28 anni insieme e siete ancora sulla scena: non si può certo dire che sia un traguardo raggiunte da molte band! Qual è il segreto di una così forte longevità?

Credo che il segreto sia di non occuparsi degli IQ a tempo pieno: abbiamo tutti le nostre vite al di fuori della band, il che significa che possiamo andarcene dagli IQ quando vogliamo per ricaricare le batterie e tornare ogni volta con un entusiasmo rinnovato. Non abbiamo mai fatto piani a lungo termine, quindi in effetti non sappiamo ancora quanto la band possa durare, ma essere alle soglie del nostro 30esimo anniversario è meraviglioso, non credo che nessuno di noi, tornando indietro al 1982, potesse mai aver immaginato che nel 2009 gli IQ sarebbero ancora esistiti. Per quel che mi riguarda, “Frequency” è il nostro miglior lavoro di sempre, mi piace da impazzire e sinora le reazioni da parte di pubblico e stampa sono state entusiaste.

Poiché siete in giro da un bel po’ di tempo, come vedi la scena progressive oggi? Ci sono delle differenze significative rispetto al passato?

Non sono davvero molto bravo nel giudicare le nuove proposte che escono oggi, quindi non posso davvero commentare molto la situazione attuale. Quello che pare esserci è un rinnovato interesse per quel che riguarda la scena, con degli speciali sui magazine e documentari in TV, quindi forse sta tornando di moda dichiarare di essere un ascoltatore di progressive. Alcune delle band che hanno fondato il genere nei ‘70s sono ancora insieme, il che è davvero una gran bella cosa da vedere. Come ogni altro movimento musicale, la scena progressive si è costruita una solida base lungo tutti gli anni, e probabilmente rimarrà sempre un movimento di nicchia, ma fino a quando nuove band continueranno a nascere e cogliere la sfida, il genere persevererà. D’altronde, i fan del prog sono tra i più fedeli al mondo.

Visto che non ascolti molto progressive, quindi non mi  dici neanche un nome di band che trovi interessante oggi?


Esatto, non ascolto molto progressive, giusto qualcosa dalle mie band preferite dei ‘70s, quindi non ti posso far alcun nome di nuove band. Per quel che mi riguarda, attualmente ascolto i The Killers, Tori Amos, Placebo e John Foxx.

Ed ora, direi che è giunto il momento di parlare un poco approfonditamente del vostro ultimo album “Frequency”: come ed in quali circostanze ha preso forma?

Gli ultimi cinque anni, per la band, sono stati molto altalenanti: Paul (il battersita) ha abbandonato gli IQ nel 2007, seguito a ruota da Martin (tastierista, nonché co-fondatore della band n.d.r.), quindi è stato un periodo decisamente turbolento per noi. “Frequency” è il primo album in cui compare Andy Edwards alla batteria e Mark Westworth alle tastiere, entrambi hanno anche contribuito attivamente al processo di composizione. Oltretutto, non molto tempo dopo che Martin lasciò la band io stesso fui ricoverato in ospedale per una polmonite, e questo ha comportato uno stop di parecchi mesi, visto che ho affrontato un lungo periodo di convalescenza. Abbiamo quindi ricominciato a lavorare all’album: io e Mike (chitarrista n.d.r.) siamo stati incredibilmente rapidi questa volta, la qual cosa mi ha fatto molto piacere perché non siamo mai stati così affiatati come in quell’occasione. Tutto questo per dire che ci sono voluti tre anni per completare questo album.
Andy quindi ha chiesto del tempo lontano dalla band, per cui noi siamo stati ben felici di riprendere il nostro storico batterista Paul Cook in sua sostituzione.

A proposito di Paul Cook appunto: come siete finiti a lavorare di nuovo insieme?


Innanzitutto, ci tengo a precisare che siamo soddisfatti del fantastico lavoro che Andy Edwards ha svolto sull’album. Detto questo, lui non poteva continuare con la band per questioni personali e, come puoi ben capire, con un nuovo album prossimo di pubblicazione c’è molto lavoro da fare in sede live per la sua promozione. Quindi, abbiamo chiamato Paul e gli abbiamo semplicemente chiesto se era ancora interessato a suonare di nuovo con noi. Era davvero felice della proposta, ed abbiamo quindi fatto dei live di prova con lui in giro per l’Europa, che sono andati estremamente bene. Devo dire che fa davvero piacere averlo di nuovo qui con noi: Paul è in forma più che mai ed il suo entusiasmo per gli IQ è alle stelle!

Per chiudere il discorso dei vostri ex-membri: ma quindi è proprio vero che Martin Orford ha abbandonato l’universo musicale, oppure dirige ancora la GEP (l’etichetta presso cui escono tutti gli album degli IQ, tra le altre cose n.d.r.)?

Sì, purtroppo Martin si è ufficialmente ritirato dall’ambiente musicale lo scorso anno, e mi spiace davvero doverlo dire. Aveva anche intenzione di abbandonare la GEP, ma per quel che ne so è ancora coinvolto in qualche lavoro per l’etichetta. Pensa che non so nemmeno se abbia ascoltato il nuovo album degli IQ o cosa ne pensi…

 

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Ok dai, torniamo a Frequency: l’album si apre con un telegrafo, e quindi questa voce: “La prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima”. Perché avete deciso di aprire proprio con questo messaggio?

Guarda, dovresti chiedere a Mike, perché è lui che ha scelto quel particolare sample. L’idea iniziale era quella di aprire con un rumore bianco e quindi frammenti di voci alla radio, ma poi Mike, in qualità di produttore, ha assemblato quel montaggio. Io credo che conferisca una grande atmosfera, ottima per iniziare un disco. Mike ha fatto un lavoro fantastico nel produrre questo album.

Purtroppo, non ho avuto modo di leggere i testi, però c’è questo particolare pezzo che ha catturato la mia attenzione, anche a livello lirico, e mi piacerebbe che me lo spiegassi. Sto parlando di “The Province”…

Non mi piace spiegare i testi nel dettaglio, preferisco sempre che sia l’ascoltatore a farsi una propria interpretazione mentre ascolta la canzone. Posso però dirti che “The Province” parla delle conseguenze che si hanno quando un segreto a lungo trattenuto viene rivelato.

Altra cosa che mi piace molto di “Frequency” è la cover: tutte quelle figure incappucciate che vagano alla ricerca di qualcosa con radio e cellulari in mano…ci state forse tentando di dire che possiamo comunicare molto facilmente ai giorni nostri, ma che siamo comunque persi perché non sappiamo esattamente cosa comunicare?


Guarda, ci sono molto modi di comunicare ai giorni nostri, ma sembra che abbiamo sviluppato una sorta di scorciatoia, preferendo usare mail e messaggi piuttosto che parlarci in faccia. E questo è un vero pericolo, perché io credo che, in questo modo, il significato venga “lost in translation” (letteralmente, “perso nella traduzione” n.d.r.)

Un’ultima domanda: quanto pensi che la tecnica conti nella vostra musica? Voglio dire: i momenti più “progressive” della vostra musica vengono fuori naturalmente oppure li costruite con uno specifico piano nella mente?


Per quanto mi riguarda personalmente, la tecnica non è altro che il mezzo che mi permette di catturare uno stato d’animo o un’emozione. Non tentiamo mai di scrivere un particolare tipo di musica. Ovviamente, c’è però un tipico “IQ sound” che abbiamo costruito in tutti questi anni, quindi sappiamo benissimo quale sia la nostra forza; tuttavia, tentiamo sempre di scrivere in modo organico e lasciando che tutto esca naturalmente. Nella mia mente, la cosa più importante è sempre la canzone, quando scrivo, e gli strumenti dovrebbero sempre servirla. Però so benissimo che il tipo di musica che facciamo per alcuni musicisti non è altro che una scusa per mostrare quando sono veloci e tecnici nel suonare, ma quella è una questione che non mi è mai interessata. Piuttosto, sono interessato all’emozione della canzone.

Ok Peter, ringraziandoti per la disponibilità e la gentilezza, ti lascio questo spazio se hai qualcosa da comunicare ai nostri lettori!


Grazie a tutti quanti per il vostro continuo supporto, è tutto quello che ho da dire.




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