Wet Floor (Andrea Staglianò; Stefano Crippa)
Esce tra pochi giorni "La città era piena di Rumore", terzo album in studio della garage-rock band brianzola Wet Floor: ne abbiamo parlato con Andrea Staglianò e Stefano Crippa, rispettivamente voce e chitarra del gruppo.
Articolo a cura di Giovanni Mogetti - Pubblicata in data: 08/04/20

Ciao ragazzi, benvenuti su Spaziorock! Come state?


Andrea: Ciao Giovanni, stiamo bene grazie, nonostante il periodo non sia dei migliori.


Partiamo naturalmente dal vostro nuovo disco, in uscita il 10 aprile e intitolato "La Città era piena di Rumore". Siete tornati a distanza di qualche anno dalla vostra ultima fatica in studio: volete raccontarci com'è nato e qual è stato il processo creativo che ha portato alla sua realizzazione? Il tempo trascorso tra un lavoro e l'altro ha in qualche modo influito?


Andrea: Io e Luca (bassista e fondatore della band) avevamo in mente alcune idee, che volevamo concretizzare in un nuovo album. Dovevamo però trovare un nuovo batterista, dopo che il nostro ex batterista aveva deciso di lasciare la band, e in più volevamo inserire un nuovo chitarrista. Mai come in questi anni ci siamo accorti di quanto conti avere la “squadra giusta”. Dopo un po’ di ricerche, abbiamo trovato Ste e Fabietto, con cui ci siamo da subito trovati alla grande. Abbiamo raccontato alcune idee sul concept del disco e sulle canzoni. Alcune sono rimaste, altre le abbiamo pensate insieme, alcune sono state eliminate o completamente stravolte. Ma questo credo sia proprio il bello di essere una band: ognuno ci mette del suo per raggiungere il risultato. Il tempo trascorso ci ha quindi permesso di trovare le persone giuste con cui condividere questo progetto, ma anche di suonare molto in giro. Conoscere altre band e portare la nostra musica a un pubblico spesso diverso ci ha permesso di imparare tanto.


Ascoltando proprio quest'ultimo lavoro possiamo tranquillamente affermare che le canzoni siano un po' tutte legate tra loro da un filo conduttore. Se non sbaglio non è la prima volta che accade questa cosa: anche il vostro precedente album univa diverse tematiche grazie ai brani in esso presenti. Volete illustrarci meglio quali sono i temi dominanti di questo disco?


Andrea: Il disco racconta il nostro modo di vivere e percepire la società in cui viviamo. La nostra sensazione è quella di essere in mondo pieno di informazioni e stimoli differenti tra loro e talvolta contrastanti: puoi sentirti perso ed estremamente confuso, a volte però questi stimoli, che a volte sono anche positivi, ti aiutano a trovare la tua direzione. Come la musica, per esempio, è per molti di noi. Le canzoni che si trovano all’interno del disco raccontano quindi emozioni a volte contrastanti e anche musicalmente, seppur mantenendo il nostro modo di suonare, abbiamo cercato di variare per rendere maggiormente questo effetto.

 

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Qualche giorno fa avete fatto uscire il primo estratto dal disco, "Rock Therapy". Come mai avete scelto proprio questo pezzo come anticipazione dell’album? La sua pubblicazione è legata in qualche modo agli avvenimenti di queste ultime settimane difficili, dominate da scompiglio generale, al fine che la vostra musica possa regalare un momento di spensieratezza?


Andrea: A dirla tutta volevamo uscire con un'altra canzone, il vero e proprio singolo di questo album. Non abbiamo però potuto girare il video, perché abbiamo dovuto e ancora dobbiamo giustamente rimanere a casa. Abbiamo allora deciso di scegliere la canzone che ci sembrava significativa per il momento che stiamo vivendo, anche se musicalmente ci sembra la canzone più “diversa” dell’album.
La musica è sempre stata terapeutica per noi: ci tranquillizza, ci fa sfogare e ci fa viaggiare anche rimanendo a casa. "Rock Therapy" parla di questo e speriamo che, nel nostro piccolo, questa canzone possa essere “terapeutica” per chi la ascolta.


Siete al terzo album e il vostro gruppo ha già qualche anno di storia alle spalle: cosa pensate possa essere cambiato in tutto questo tempo, rispetto anche ai vostri lavori precedenti, oltre che alla vostra formazione? Vi sentite più evoluti, magari anche dal punto di vista musicale, compositivo ecc…?


Andrea: Suonare tanto in giro e aver fatto già due album, ci ha permesso di imparare tanto e schiarirci le idee sul nostro modo di scrivere e suonare. Anche i due nuovi componenti sono un valore aggiunto per la loro esperienza con altri progetti musicali e per la sintonia che hanno trovato con me e Luca. E poi siamo cresciuti noi come persone. Nuove decisioni da prendere, nuovi impegni, nuove incertezze, ma sempre tanta voglia di suonare in questa band. Credo che anche questa condizione faccia parte di questo lavoro.

Stefano: questa è stata, per me ma credo anche per Fabietto, la parte più difficile. Io sono entrato nella band circa due anni fa o poco meno, i pezzi di questo disco c’erano quasi tutti nella loro forma più embrionale. Bene: Andre e Luca suonavano assieme già da tantissimi anni e questi erano i “loro” brani… chi ero io per dire: “bella raga, secondo me questa parte va ri-arrangiata tutta”?  La figata è stata che questo mio timore non si è rivelato tale e in sala prove abbiamo ascoltato il parere di tutti, anche il mio è stato preso in considerazione fin da subito. E così è stato portato avanti questo disco che in primis piace tantissimo ad ognuno di noi. (speriamo anche a chi lo ascolterà).


Qual è il brano che secondo voi potrebbe essere in grado di rappresentare l'attitudine di tutto quest'ultimo lavoro, magari a livello musicale, o anche tematico o stilistico? E quello che non vedete l'ora di suonare dal vivo?


Andrea: “Icaro”. A livello musicale/stilistico, ma anche a livello tematico. Ci sembra abbia la giusta energia che caratterizza la nostra musica ed i nostri concerti. E poi racconta la voglia di rivalsa di chi prova a trovare la propria strada, uscendo dai “labirinti della mente”, che è quello che cerchiamo di fare noi anche grazie a questo progetto.
Non vediamo l’ora di suonare tutte le nuove canzoni e di viverle insieme agli amici e alle persone che vengono ai nostri concerti. Se dovessi sceglierne una ti direi “Tokyo”.

Stefano: Dal vivo? Sicuramente “Congiunzione Astrale”, potrei veramente emozionarmi la prima volta che la suoneremo. E ti svelo anche un segreto: sono veramente invidioso di questa canzone. Avrei dato tutto l’oro del mondo per scriverla di mano mia per uno dei miei progetti precedenti. Sia chiaro, non sono un mercenario o una meretrice della musica… ma è per me talmente bella che sono onorato di poterla suonare con e per i Wet Floor.


C'è stato un brano che invece, vuoi per un motivo o per un altro, ha richiesto più tempo per essere portato a termine, risultando un po' più complicato da scrivere o registrare?


Andrea: “Lettere di Natale” credo sia stata la canzone più complicata da portare a termine, nonostante strutturalmente non sia la più complicata all’interno dell’album. La canzone si riferisce al Natale, anche se poi parla d’altro, e il rischio di renderla banale era dietro l’angolo. Io personalmente sono molto soddisfatto del risultato, speriamo di essere riusciti nel nostro intento.


Ci sono album o artisti, anche tra i vostri preferiti, che hanno influenzato le canzoni del disco? O magari anche altre da opere di diverso tipo, non solo musicali, da cui avete tratto ispirazione?


Andrea: Il titolo del disco e il concept prendono spunto da “Luì e l’arte di andare nel bosco” di Guido Quarzo. Un racconto che abbiamo scoperto per caso, grazie ad una foto (quella della copertina del nostro album) fatta alle luminarie di Torino, appena prima di un nostro concerto. La foto ci è sembrata evocativa e la frase ne raccoglieva il senso: una città fatta di edifici immobili e di tante persone che si muovono in direzioni opposte. Siamo andati successivamente a ricercare il racconto e ci sembrava in linea con quello che nel frattempo avevamo iniziato a scrivere.
Musicalmente invece le influenze sono tante: "AM" degli Arctic Monkeys, i Social Distortion, i Foo Fighters, ma anche tanto rock italiano, dagli Afterhours ai Fast Animals And Slow Kids. E sicuramente ne sto dimenticando molti altri che, più o meno consapevolmente, sono stati di ispirazione.


C’è un aneddoto particolarmente divertente o interessante legato al disco che volete condividere con noi?


Andrea: Lavorare con Carlo Altobelli (che ha registrato e prodotto l’album) è queste due cose insieme: non mancano i momenti in cui si ride e scherza, ma senza perdere di vista quello che si sta facendo. E’ stato interessante lavorare con lui a questo disco sapendo che spesso le band che passano da lui fanno punk-metal-hardcore. Abbiamo lavorato insieme con molto impegno e con il giusto clima, cosa da non sottovalutare, almeno per quanto ci riguarda. Ed il risultato è questo disco, che ci piace moltissimo. Ste (chitarra) e Carlo si conoscono da tanto e di momenti divertenti ce ne sono stati, ma raccontarli non fa lo stesso effetto.

Stefano: Aggiungo: ci siamo fatti una cultura su cosa va buttato via e cosa no. Ve lo giuro… ogni giorno scoprivamo qualcosa di nuovo. E’ tutto vero, in studio è capitato anche questo…Oltre all’aver fatto un bellissimo disco!


Prima di salutarci, volete lasciare un messaggio ai vostri fan, sperando che li possiate rivedere non appena l'attività live possa riprendere?


Andrea: Il concerto è la dimensione a noi più congeniale, proprio perché ci dà l’opportunità di condividere un’esperienza intensa ed emozionante. Ci manca tantissimo e non vediamo l’ora di tornare ad incontrarci, abbracciarci e cantare insieme. Ora però è il momento di stare a casa e farlo davvero, proprio per tornare prima possibile a stare bene insieme.
Grazie per lo spazio dedicatoci!




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