Vittorio De Scalzi (Vittorio De Scalzi)
Uno dei grandi nomi della storia della musica italiana, Vittorio De Scalzi è molto più che solo il leader dei New Trolls; è una penna raffinata e una voce importante in innumerevoli lavori di illustri colleghi, è un cantautore dall'anima prog ma con una sensibilità che ha ancora voglia e spazio di parlare, come appena dimostrato grazie alla pubblicazione de "L'Attesa".
Articolo a cura di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 06/06/18

Ciao Vittorio! Lo scorso 27 Aprile è uscito il tuo disco solista "L'Attesa", nuovo lavoro in studio dopo "Gli Occhi Del Mondo" (2011) ed anche dopo anni di fulgida carriera come fondatore dei New Trolls, nelle loro più disparate incarnazioni. L'Attesa è un disco moderno ma dalla raffinatezza tipica di un autore navigato e levigato dagli anni d'oro del prog e del pop italiano (quegli anni in cui non era così chiara la distinzione). Se ti lasciassi piena libertà di comunicare tutto ciò che ritieni più importante per la comprensione di un disco come "L'Attesa", cosa mi diresti?

 

Sai, come diceva Fabrizio De Andrè: io preferisco non spiegare i miei pezzi ma sperare che la gente interpreti, magari anche in maniera diversa da quello che intendevo io...poi mi rendo anche conto che magari una "visita guidata" può essere utile. Innanzitutto questo album è il frutto del lavoro degli ultimi sette anni dopo "Gli Occhi del Mondo"; tale disco è stato un lavoro piuttosto faticoso, anche perchè l'amico poeta Riccardo Mannerini non scriveva in metrica musicale: con "L'Attesa" mi sono sentito più libero, il disco è una raccolta di tutta la musica prodotta negli ultimi anni e parla di me a largo raggio. Poi parlare di ogni brano sarebbe difficile; ho fatto veramente tutto da solo, l'unico graditissimo ospite è il chitarrista Paolo Bonfanti e il buon Zibba come produttore nel brano "L'Attesa". Come già detto l'album è molto eterogeneo, ho incluso anche due brani in inglese - e non si tratta di grammelot, di un inglese biascicato che a volte uso per scrivere, ma di inglese vero (ride, ndr). C'è un brano dedicato a Pino Daniele, che ho conosciuto giovanissimo tramite un amico comune, Willy David, che mi fa: "C'è un ragazzo che fa blues in napoletano" - da non crederci, un ragazzone coi capelli lunghi e la giacca di pelle capace di capire quanto una lingua mediterranea potesse rendere le atmosfere del blues! E io che all'inizio ero scettico... Devo dire che la sua morte mi ha lasciato un certo vuoto e anche per questo ho deciso di dedicargli un brano con gli stessi strumenti che usava lui, la chitarra classica e la chitarra elettrica che si fondono.


Dalle chitarre fingerstyle de "L'Attesa" al blues mediterraneo di "Pino" e a quello vecchio stile di "Ordinary Pain", passando per ballad intime come "Non Si Può": il disco è musicalmente eterogeneo. E' un approccio cercato o piuttosto il risultato naturale della composizione di una raccolta di canzoni da parte di un autore eclettico?

 

Hai colto il punto; il disco non è un concept album, la linea che lega tutto sono io... E la varietà viene dall'esperienza: c'è il brutto vizio di dover trovare una definizione a tutto, ma non c'è! Non è tutto jazz, tutto pop, tutto trap!

 

Il disco è stato interamente composto, prodotto e suonato da te. Quanto un approccio del genere ripaga la fatica che c'è dietro, quanto rafforza la libertà di poter eseguire esattamente quello che si ha in mente?

 

Vedi, con i New Trolls ho sempre fatto un po' da guida, e infatti ero il più odiato perché facevo un po' il despota - ma ci vuole sempre qualcuno che prenda delle decisioni, altrimenti è sempre tutto in discussione. In realtà mi sono fatto una grande esperienza negli anni, ho fatto molti progetti differenti, ho avuto una etichetta di prog rock nei primi anni '70. E' il mio pane quotidiano, suonare tanti strumenti, saper arrangiare, saper usare a proprio vantaggio i programmi musicali.

 


Cosa usi per comporre?

 

Ho una versione, neanche l'ultima, di Cubase, ma ormai vanno bene tutti i programmi a patto che li si conosca e li si sappia usare.

 

Eppure, un disco come "L'Attesa" potrebbe ricalcare relativamente poco la figura a cui molti possono ricondurre il tuo nome, e cioè quello di leader e fondatore dei New Trolls, baluardo del prog italiano. E' una virata voluta, quanto e come il prog è parte del tuo infinito bagaglio?

 

Ma sì, assolutamente, io ho sempre avuto due anime, fra il prog e il cantautorato. Alla fine sono nato a Genova, terra di cantautori. Qui su "L'Attesa ho suonato" da solo, ho fatto tutto da solo, e questa è la mia anima. Quando devo condividere di più con gli altri magari esce il lato prog. Il mio prog nasce più dalla condivisione, dal suonare insieme!

 

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Prima di proiettarci verso il futuro parliamo del passato più recente: da poco hai festeggiato i 50 anni di carriera con un concerto indimenticabile, a Napoli, Che ricordi hai di questo evento, cosa ha significato per te e, in tutta sincerità, quanto senti abbia ripagato 50 anni di fatiche?

 

Mah, è come un compleanno con tante candeline (ride, ndr). Non è che sia qualcosa che ti può "ripagare"; è un evento, è mettere un punto, è dire che ancora 50 anni dopo tu sei lì a fare musica. Avere tanti ospiti come ho avuto io - mi sono anche tolto la soddisfazione di suonare Bouree col batterista dei Jethro Tull, che per me è stato un grande momento - è stato bellissimo. Un bell'evento, con molti amici e assolutamente senza nostalgia; c'era Aldo Tagliapietra, Le Orme, addirittura Drupi per cui avevo scritto una canzone tanti anni fa! Sono certo che sono stati 50 anni spesi bene, se tornassi indietro rifarei esattamente le stesse cose - oddio, forse qualcosina la dimenticherei, tipo, non so, un Sanremo degli otto a cui ho partecipato... (ride, ndr.)

 

Festival a cui hai partecipato - tranne uno in cui eri autore - sempre accompagnato dal tuo storico gruppo, i New Trolls che abbiamo già più volte nominato. Una storia molto particolare la vostra, ormai ramificata all'inverosimile. Qual è la situazione attuale dei "tuoi" New Trolls?

 

Mah, i New Trolls hanno avuto un'evoluzione particolare, ma per me i VERI Trolls sono finiti già negli anni '70, sono quelli di Miniera, sono Vittorio, Nico, Gianni e Giorgio. Tutto quello che è venuto dopo, anche grandi momenti e contenuti storici, dalla Carezza della Sera a Faccia Di Cane, è stato molto più confusionario, più dispersivo, meno rock 'n roll! La situazione attuale, è che il povero Giorgio D'Adamo purtroppo è mancato, e lui era il nostro poeta con cui dividevo la stesura delle liriche, Nico non sta molto bene, non può rendere sul palco come una volta e potrebbe prendersi del riposo... Ci sono poi tanti personaggi che hanno suonato con me, addirittura dei personaggi che dicono di essere "New Trolls" che io neanche conosco (ride, ndr.), perchè magari hanno suonato con altre branche dei New Trolls, non so, con Ricky Belloni, ecc. Non torneranno mai i New Trolls veri, anche perchè senza Nico è impossibile. Io provo solo a portare avanti ciò che per me rappresenta la band e ciò per cui io ho lavorato; ho una band con cui suoniamo da vent'anni, la Storia dei New Trolls, e nessuno la mette in discussione! C'è una cosa di cui vado orgoglioso, fra l'altro; è che con la Storia proponiamo sempre i Concerti Grossi; fino a due anni fa anche con lo stesso Luis Bacalov, anche lui purtroppo mancato. E ci sarà un motivo se Bacalov veniva con me a suonare quei brani!

 

Un disco moderno dalle atmosfere addolcite dagli anni, collaborazioni con i maggiori artisti italiani e non solo dagli anni 60 ad oggi. Quanto Vittorio De Scalzi si sente inserito nella scena musicale del 2018, e in generale cosa ne pensi della direzione che la musica / il music business sta prendendo?

 

Io penso che più si va avanti più c'è libertà, non c'è più l'obbligo di fare la cassa in quarti, di usare bpm a una velocità che va di moda. Si può fluttuare di più fra i generi. E in più mi sto rendendo conto che oggi molti ragazzi si rifanno agli anni "miei", quelli in cui ho cominciato!

 

Può essere dovuto al "nuovo" mercato musicale più usa-e-getta?

 

Ma certamente, ma il problema più profondo è, anche per ricollegarmi a quello che abbiamo detto prima: quei programmi, da Cubase a Garageband permettono a chiunque di realizzare un prodotto facile, veloce, mediocre. E il guaio è che allora siamo sommersi da produttori di musica mediocre o anche meno... e tutto è sul mercato. Una volta per realizzare un disco c'era bisogno di grossi investimenti, monetari e compositivi, bisognava pagare uno studio, sapere come impiegare il tempo acquistato e presentare solo i brani più valevoli, per non sprecare tempo e spazio. Poi è cambiato proprio il modo di fruire la musica, oggi si ascoltano due minuti di un brano e si dimentica. Però bisogna continuare a lavorare!

 

Con queste premesse ci saranno nuovi Vittorio De Scalzi?

 

Beh, io lo spero. Ma sì, sì, ci saranno, ma saranno nel mucchio. Il problema sarà scovarli. In un mare di musica è difficile trovare i "naufraghi"! Forse saranno meno fortunati dell'originale...

 

Parlando nello specifico dei tuoi incontri imporantti, collegandomi direttamente a "Pino" nel disco: da Pino Daniele a Fabrizio De Andrè, di certo non si può dire che ti siano mancate le occasioni per dimostrare la tua esperienza. Qual è la collaborazione che ricordi con più piacere?

 

Con più piacere di sicuro Ornella Vanoni! Una persona divertente, simpaticissima! Poi chiaramente dal punto di vista musicale non posso dimenticare esperienze come Luis Bacalov, lui è stato un grandissimo sprone, e lo collego a Sergio Bardot, che è stato il mio "padre musicale".

 

Parliamo ora del Vittorio musicista, del Vittorio che suona: dal punto di vista squisitamente tecnico è quasi paurosa la tua perizia nel suonare diversi strumenti, tutti da professionista, così come la maniera in cui la tua voce si è preservata e raffinata come un buon vino. Quanta preparazione c'è dietro alla messa in pratica di un ovvio e cristallino talento?

 

Guarda, riguardo la voce non sei il primo che mi dice che è migliorata. Io sono, forse per non dire stupito, comunque molto lusingato, perchè ci sto molto attento. La voce è comunque uno strumento, è il mio mestiere e devo preservarla il più possibile. Se da una parte sono fortunato, dall'altra c'è anche un impegno dietro. Capita di vedere colleghi miei coeatenei che perdono qualche colpo: anche se può essere normale "crescendo", è per me importante curarmi molto sotto il punto di vista vocale. Basta starci attenti.

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L'intervista sta per volgere al termine, e vorrei premiare la tua gentilezza con un'altra domanda scomoda, così su due piedi: qual è la tua canzone preferita?

 

Accidenti che domanda! Beh, non ce n'è una... No non saprei proprio! Se proprio devo concedertene una ti dico "A Salty Dog" dei Procol Harum.

 

Ci sono piani per portare "L'Attesa" e tutto il tuo bagaglio musicale dal vivo? Vorrai intraprendere un tour o realizzare grandi eventi?

 

Piani ne ho ma c'è un problema, perchè ho tanti concerti con la Storia dei New Trolls e devo conciliare il tutto. Allora la mia idea è di portare l'Attesa in teatro quest'inverno; anche perchè le canzoni del mio disco sono più da ascolto attento e si prestano meglio ad un ambiente chiuso e meno dispersivo come un teatro. Sai, all'esterno ti vengono a vedere ma a teatro ti vengono a sentire.

 

Arrivati alla fine dell'intervista è ora della domanda più amata o odiata dagli artisti: cosa c'è nel futuro di Vittorio De Scalzi?

 

Beh, c'è tanta musica, quello sicuramente! Sto già cominciando a produrre il disco nuovo, perchè ci ho preso gusto - non ci saranno da aspettare dieci anni! Ho già diverse idee, mi piacerebbe anche rifare un disco dialettale, come ho già fatto con Mandilli, e anche ovviamente produrre un'altra Attesa. Ho già dei brani, ho cominciato a scrivere. Non so, vorrei fare tutto ciò che non sono ancora riuscito a fare in questi dieci anni.




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