O.r.k. (Lorenzo Esposito Fornasari, Carmelo Pipitone)
LEF e Carmelo Pipitone ci raccontano del nuovo disco, delle loro serate migliori e dell'esperienza di lavorare con niente meno che Serj Tankian. Tutto questo sono gli O.r.k.
Articolo a cura di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 08/02/19
Ciao ragazzi, benvenuti su SpazioRock.it! Come state?


Molto bene, grazie.


Ci siamo quasi, "Ramagehead" è pronto per essere pubblicato. Per cominciare, vi va di introdurcelo?


Lorenzo: "Ramagehead" è il terzo album degli O.r.k. nel giro di tre anni e mezzo e sicuramente, a nostro modo di vedere, è quello che più rappresenta il suono della band ad oggi. Se guardiamo i dischi come delle specie di polaroid, che fissano un particolare momento nel percorso di un gruppo, diciamo che questo è perfetto per rappresentare ciò che siamo noi adesso come unione dei quattro elementi, non più quattro musicisti singoli. È un po' più rabbioso degli altri perché il contesto in cui viviamo è un po' quello che è... e noi, facendo musica molto di stomaco, non possiamo fare altro che riflettere quelli che sono i nostri sentimenti, i nostri pensieri e le nostre paure in questo particolare periodo.

 

Carmelo: Diciamo che è una visione abbastanza grottesca del momento storico che stiamo vivendo.


Nello specifico, qual è il contenuto tematico di questo disco e come si lega alla scelta del titolo?


L: Solitamente noi non iniziamo da testi e temi prima di comporre un brano. Ci troviamo e cerchiamo di mettere insieme musicalmente quelle che sono le atmosfere che ci interessa sviluppare. I testi sono proprio l'ultimissima cosa che scriviamo quando un pezzo è già composto. Diciamo che le atmosfere che si erano venute a creare mentre buttavamo giù i pezzi già portavano in una certa direzione e che per questo poi abbiamo scelto certe tematiche. C'è sicuramente il nostro rapporto con la tecnologia oggi, che è una tematica che abbiamo sviluppato anche nel video animato di "Kneel To Nothing". Ovviamente, non possiamo essere contrari alla tecnologia, essendo un gruppo formato da un texano, un australiano, un siciliano e un bolognese... sembra quasi una barzelletta, ma di fatto noi non esisteremmo senza, è logico che per noi è un tramite fondamentale. La cosa che spaventa un po' è che oggi la tecnologia è entrata profondamente all'interno del nostro corpo, sta modificando il modo in cui ci relazioniamo tra noi, il modo in cui ragioniamo, comunichiamo e sentiamo. È un aspetto spaventoso da un certo punto di vista. Questa è la tematica che fa da filo conduttore per tutto il disco, poi ci sono molte altre questioni intrecciate. Di base però, ci teniamo a specificare che noi non siamo dei predicatori. Non ci piace scrivere testi che riconducano esattamente a certe tematiche o certe storie di attualità. Cerchiamo di lasciare i testi abbastanza astratti in modo che ognuno abbia la libertà di interpretarli come gli pare.


A livello musicale, in cosa è differente la "polaroid" di questo album rispetto al quella del precedente "Soul Of An Octopus"?


C: Nel modo di scrivere e comporre non è cambiato praticamente nulla; solitamente io e Lef buttiamo giù delle idee che poi vengono sviluppate anche dagli altri due a distanza. L'approccio è molto spontaneo, non abbiamo idea di dove la mano andrà a finire sul manico della chitarra, è molto istintivo. Da lì iniziamo a costruire - piano piano - quella struttura che poi verrà modificata dagli altri. Certo, si trovano i classici compromessi che una band deve assolutamente affrontare... e magari il riff iniziale che avevo registrato non verrà nemmeno usato, paradossalmente. A volte semplicemente ti addentri in discorsi e atmosfere che ti permettono di prendere una direzione diametralmente opposta a quella iniziale.

 

L: Diciamo che, per assurdo, il fatto di lavorare a distanza ti permette di sedimentare di più le idee su cui lavori, perché non sei costretto a finire tutto il disco nella settimana in cui ti trovi con gli altri in studio. A dirti la verità, buttare giù dei pezzi non è come andare a fare la spesa, non è una cosa che sai che a quell'ora devi fare e lo fai perfettamente. Conta molto lo stato d'animo e l'umore in cui ti trovi. Deve essere tutto ben allineato in modo che tu possa scrivere quello che hai in mente e che senti. Il fatto di lavorare a distanza ti dà la possibilità di lavorare con i tuoi tempi: puoi tornare su un pezzo più volte, mandarlo agli altri, gli altri possono dargli un altro taglio e aprirti gli occhi su nuove possibilità... è un metodo che, nel tempo, a noi sta iniziando a piacere molto.

 

C: Quando si inizia a non essere più ragazzini ci si accontenta di atmosfere più dilatate. Non hai più fretta di chiudere un quadro, hai voglia di assaporarlo pian piano. Tutto questo poi ti porta ad avere con precisione il risultato che in realtà volevi fin dall'inizio, anche se non lo sapevi ancora.


E non ci possono essere anche dei lati negativi nei tempi dilatati? Non so... puoi perdere la tua ispirazione originaria, cambiare tante idee...


L: No, per me è un aspetto solo positivo. Tante volte, se hai fretta di finire un lavoro, ti lasci convincere su una certa idea o una certa struttura solo perché la vuoi chiudere. Poi magari capita dopo due mesi che hai chiuso il mix di riascoltare un pezzo e dire: "ma che schifezza, perché abbiamo messo sto pezzo nel disco?". Questa gestazione più lunga invece ti dà la possibilità di tornare sui tuoi passi. Per esempio, uno dei primi pezzi che avevamo scritto per questo album inizialmente piaceva tantissimo a tutti, poi - guarda caso - è l'unico pezzo che addirittura abbiamo deciso di escludere. Il tempo ti permette di ragionare di più su quello che senti rispetto ad una struttura, non è detto che il primo amore sia per forza duraturo.

 

C: Al tempo stesso, però, ti devi dare anche dei tempi. Ovviamente un disco non va chiuso in tre anni, non esiste. Devi comunque ragionare in tempi relativamente breve. Poi in questo album ci sono comunque dei pezzi molto orientati alla resa dal vivo e questa è una figata, credo che creeranno da subito un certo rapporto di unione con il pubblico che darà valore ai nostri live.

 

ork_ramagehead

 

A proposito, ho notato che Lorenzo ha alzato particolarmente l'asticella nel cantato... immagino che sarà anche una bella prova a livello vocale una volta sul palco...


C: Diciamo che andrà a dormire presto la sera.


Questo album vanta delle collaborazioni illustri, di primissimo livello. Partirei da Adam Jones e Denis Rodier, per la realizzazione dell'artwork.


L: Sì, in realtà Denis aveva già disegnato la copertina della nostra cover di Bowie, l'anno scorso. Avevamo riproposto "I'm Afraid Of Americans", che è un brano che iniziammo a suonare dal vivo per volontà di Pat (Mastelotto, ndr.) nel momento in cui Trump era salito al potere. Noi abbiamo semplicemente cambiato il testo da "Johnny" a "Donnie" e Denis aveva realizzato un disegno per questo singolo. Poi Adam è molto amico di Pat, quindi in realtà ci segue da un po' e stavamo ragionando sulla possibilità che lui addirittura incidesse delle chitarre per il disco, solo che in questo momento sta registrando le parti dei tool...


... a proposito di gestazioni lunghe...


L: (ride, ndr.) A quel punto, in cambio si è proposto di lavorare alla copertina. Cosa fai? Gli dici di no? E questa è più o meno la storia.


E poi c'è Serj Tankian.


L: Sì, questa è una storia lunga. Avevo registrato questo disco dal nome "Hypersomniac", nel quale collaboravano alcuni musicisti norvegesi tra cui il batterista dei Motorpsycho. Oltre a questi c'era anche il bassista e produttore americano Bill Laswell, con il quale sono parecchio in confidenza, perché lavoriamo assieme da parecchi anni. Bill mi disse che voleva passare questo album ad alcuni suoi amici. Ora, se i miei amici sono tutti degli sfigati come Carmelo, i suoi sono gente come Mick Jagger, Iggy Pop e anche Serj Tankian. Così mi disse che avrebbe girato il CD a Serj perché riteneva che avessimo un approccio molto simile alla scrittura musicale e alla vocalità. In un primo momento la questione era sostanzialmente morta lì, ma la scorsa estate estate, mentre facevamo un soundcheck per una serata in Sicilia, arrivò una mail proprio da Laswell, che diceva che Serj era impazzito per il disco tanto da curiosare per il mio sito e chiedere assolutamente un contatto. Forse Carmelo si ricorda la faccia che ho fatto mentre stavo leggendo questa mail, mi ha fatto senza dubbio molto piacere. Ci siamo subito messi in contatto, scritti fiumi di mail e fatto svariati Skype. Abbiamo in programma di realizzare una colonna sonora e, per il momento, visto che è rimasto molto colpito anche dagli O.r.k., abbiamo deciso di collaborare su un pezzo.


Com'è lavorare con lui? Ad un artista del genere si può chiedere un determinato contributo o gli avete lasciato carta bianca?


L: Be', in realtà non avevamo in mente uno specifico contributo da parte sua, perché non era programmato. Noi avevamo praticamente tutte le strutture pronte per andare in produzione e mix quando è arrivata questa grande sorpresa. Allora io gli ho semplicemente passato il disco e gli ho chiesto se ci fosse qualcosa che gli interessasse e gli piacesse fare. Prima lui mi ha indicato una selezione di 4-5 pezzi, poi mi ha detto che secondo lui sarebbe stato molto bello duettare su "Black Blooms", che è il pezzo che poi abbiamo deciso effettivamente di sviluppare. È stata una sorpresa ancora più bella scoprirlo come persona, davvero meraviglioso, oltre all'aspetto musicale che è agli occhi di tutti. È uno di quelli che quando fa qualcosa non è mai tanto per fare. Mi mandava consigli sulla struttura, su qualcosa che magari gli piaceva meno o sulle direzioni che invece lo entusiasmavano di più... ha contribuito tanto anche nelle scelte per il mix finale. Ci tiene, fa qualcosa perché gli piace e non per farti un regalino.

 

serj_ork

 

Il nome della band invece da dove deriva? I punti mi fanno pensare che possa essere un acronimo...


C: Essendo da una vita in tour, con diversi progetti, spesso e volentieri capita di trovarsi in hotel, che è il posto in cui ti puoi chiudere senza pensare a niente e nessuno. Nello specifico, il canale TV che mi fa pensare di meno è Focus, proprio per gli argomenti trattati, dagli alieni ai documentari fatti male. Uno dei tanti parlava di queste orche assassine che aspettavano che le foche si gettassero da una chiatta di ghiaccio per attraversare un tratto di mare. Le orche quindi non facevano altro che tenere la bocca aperta e aspettare di essere imboccate dalle foche. Ricordo che la voce narrante ad un certo punto ha detto: "il trionfo della praticità sullo stile". Da subito mi è sembrata una metafora molto azzeccata della vita ed è tornata poi alla mia mente la prima volta che ci siamo trovati a fare progetti sugli O.r.k., in una serata in cui avevamo anche bevuto un bel po' di cose...

 

L: Mentre sparavamo una quantità assurda di cavolate senza senso, Carmelo diventa tutto serio e racconta questa cosa da National Geographic dei poveri. A quel punto, ci guardiamo entrambi e pensiamo che è esattamente quello che vogliamo fare noi, il trionfo della praticità sullo stile, e decidiamo di chiamarci proprio O.r.k. che - ovviamente - non significa nemmeno "orca". Da lì abbiamo iniziato a giocare sui vari nomi e ci è uscita questa specie di acronimo che era un po' la sintesi di ciò che è avvenuto quella sera. Per inciso, è un acronimo finto. Non significa nulla, se non che avevamo troppo alcool in corpo.


A me sembra tutto perfettamente sensato.
State per iniziare il vostro tour dall'Italia e dalla data di Roma vi unirete ai The Pineapple Thief per un po' di concerti in giro per l'Europa. Conoscete già questi ragazzi di persona? Cosa vi aspettate da loro?


L: Io conosco Gavin (Harrison, ndr.)...

 

C: Io non li conosco ancora ma mi sembrano persone molto alla mano, come Pat. Pat è uno che finisce di suonare e si smonta da solo la batteria e la carica personalmente. Se hanno anche loro questo tipo di impostazione credo che ci troveremo davvero benissimo.

 

L: Gavin e Colin (Edwin, ndr.) ovviamente hanno una lunga storia coi Porcupine Tree, Pat e Gavin suonano insieme da tanto tempo nei King Crimson... e io appunto ho conosciuto Gavin nei camerini dopo i concerti dei Crimson a cui mi aveva invitato Pat. Non abbiamo ancora avuto modo di conoscere benissimo i The Pineapple Thief, ma abbiamo parecchio tempo da passare assieme, quindi...

 

C: Io mi devo far riconoscere subito dalla prima mezz'ora. Metterò subito il carico per far capire che sono uno che vuole divertirsi e non fare il serio.


Dal pubblico italiano cosa vi aspettate?


L: Mah, a dirti la verità come impostazione della band siamo rivolti a un pubblico internazionale, venendo da tre continenti diversi. Abbiamo storie musicali che ci hanno fatto rivolgere più al pubblico anglosassone o americano. Abbiamo fatto date in Sud America e diversi tour europei, quindi non ci fermiamo a pensare al pubblico di ogni singolo luogo geografico. È ovvio che io e Carmelo sentiamo particolarmente il pubblico del nostro Paese ed abbiamo a cuore le date che facciamo in Italia, però la risposta è molto buona da tutti. Il rock forse non sta vivendo il miglior momento, ma proprio per questo motivo chi segue questa musica lo fa in modo più appassionato e coinvolto. C'è sempre un'ottima energia quando suoniamo, e così anche in Italia. La prima data sarà a Ravenna, tra l'altro, dove abbiamo iniziato tutto... quindi sarà una serata molto particolare per noi e non vediamo l'ora.


È tutto. Vi ringrazio per la vostra disponibilità e simpatia. Lascio a voi l'ultima parola per i nostri lettori.


L: Ascoltateci. Guardate il video del singolo con Serj che è uscito in questi giorni. Stiamo progettando già un altro tour che potrebbe essere negli Stati Uniti tra novembre e dicembre.

 

C: E quindi, a tutti quelli che ci seguono diciamo: tenete duro, perché state per ascoltare un fottuto disco suonato.

 ork




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