Shadowparty (Tom Chapman, Josh Hager, Phil Cunningham)
Sono da poco passati in Italia e ci hanno concesso una lunga chiacchierata ispiratrice. Ci hanno parlato delle loro origini nei Devo e nei New Order, di amore, musica e politica, di cosa significa essere un anti-supergruppo. Tom, Josh e Phil ci portano alla scoperta del loro progetto che si muove nell'ombra.
Articolo a cura di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 28/02/19

Si ringrazia Mattia Schiavone per la Collaborazione

 

Ciao ragazzi, benvenuti su SpazioRock.it! È davvero un onore e un piacere poter parlare con voi! Come state? Cosa avete fatto ultimamente?

 

Tom: Ciao! Allora, iniziamo con quello che abbiamo fatto in questi giorni. Siamo arrivati a Milano ieri e stati all'Attitude Studio con Andrea Rock. Abbiamo registrato delle canzoni, poi siamo stati ospiti a Virgin Radio, abbiamo fatto alcune interviste... per il resto non scaverei troppo indietro nel passato (ridono NdR).

 

Siete reduci da una sorta di piccolo tour qui in Italia, c'è qualche motivo per cui avete scelto di fare così tante date nel nostro Paese? 

 

Phil: Tempo fa, negli anni '90, ho fatto un tour in Italia ed è stato uno dei migliori che abbia mai fatto, ma per varie ragione non siamo più riusciti a tornare. Quindi quando è arrivata l'occasione ci siamo buttati subito perché ci piace molto questa terra.

 

Josh: Amiamo la vostra gente, il cibo, l'architettura!

 

Il vostro album di debutto "Shadowparty" è uscito da qualche mese. Qual è stata la risposta dei vostri compagni di band e dei fan?

 

Josh: Per quanto riguarda i fan dei Devo la risposta è stata positiva, nonostante la fanbase sia abbastanza variegata. Anche la band ne è entusiasta, Gerald Casale ha detto che vorrebbe lavorare ad una canzone nel prossimo album e mi farebbe piacere.


Tom: Per quanto riguarda me, Stephen Morris e Gillian Gilbert sono venuti ad alcuni show e hanno anche lavorato al remix di "Reverse The Curse", presente nel nostro ultimo EP. Quindi ci hanno supportato molto, ci hanno anche dato dei suggerimenti riguardo la produzione. Ma sai, i New Order sono i New Order, non si esprimono molto su ciò che viene fatto al di fuori.

 

Phil: Anche i fan danno sempre grande supporto, ci sono alcune persone che sono venuti addirittura dall'America per questi show in Italia.

 

Tom: Sì e qualcuno anche dall'Inghilterra.

 

Le vostre band di origine sono state tra le più influenti nella scena new wave e post punk. Cosa è rimasto di allora in termini di sound e songwriting negli Shadowparty?

 

Phil: Siamo in queste band da molti anni, quindi è naturale che certi elementi vengano fuori praticamente da soli quando scriviamo musica.

 

Tom: Il mio primo album con i New Order è "Music Complete" del 2015 e lavorando in studio con gli altri ho imparato molto anche in termini di produzione e songwriting. Da qui sicuramente vengono fuori delle influenze. Ma comunque credo che abbiamo un'identità ben definita con la musica che stiamo creando.

 

Josh: Per me questa cosa vale da un punto di vista concettuale, degli argomenti della musica dei Devo, come l'involuzione dell'umanità e il tornare indietro. Cerco di ripensare a queste cose quando scriviamo canzoni o quando suoniamo ripenso al fatto che gli show erano economici, su palchi monouso, ma comunque raggiungevano il loro obiettivo. Musicalmente credo che abbiamo assorbito necessariamente qualcosa dalle nostre altre band. Dopo aver suonato per così tanto con gli altri ragazzi certe cose vengono naturali, è come se fosse scritto nel nostro DNA.

 

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Credete che questo tipo di musica sia ancora accessibile oggi dopo tutto questo tempo?

 

Josh; Per quanto riguarda i Devo credo proprio di sì. Allora la gente non prestava troppa attenzione a certi argomenti come il QI medio in discesa, l'involuzione dell'umanità e cose simili, ma ora è praticamente sotto gli occhi di tutti. Specialmente per quello che sta succedendo in America, la gente fa riferimento ai Devo o ad esempio al film Idiocracy, come se fossimo dei profeti (ride, ndr).

 

Tom: Questo vale anche per i New Order. Quando suoniamo vediamo un sacco di ragazzi giovani tra il pubblico, come se i genitori passassero la passione per la musica ai figli. Ma credo che comunque siano riconosciuti tra le maggiori band degli anni '80 in grado di mettere insieme rock ed elettronica.

 

Josh: Questa è una cosa che hanno in comune entrambe le band. Credo che i Devo abbiano iniziato a fare album più deboli quando la parte elettronica ha preso il sopravvento. I migliori sono quelli in cui c'era maggiore bilanciamento.

 

Phil: Quando scrivi musica è interessante giocare intorno a questo equilibrio e vedere fino a dove puoi arrivare ad esempio con una canzone.

 

Negli anni c'è sempre un'evoluzione della musica. Riuscite a vedere queste atmosfere in band più giovani oggigiorno?

 

Josh: Noi eravamo di quella generazione e conoscevamo bene le influenze da cui è nato quel sound. Siamo stati fortunati a essere cresciuti in un periodo d'oro per la musica. Stava nascendo la disco music, ma allo stesso tempo c'erano anche i Clash, i Sex Pistols, Gary Numan, David Bowie, i Depeche Mode, Prince, The Smiths. C'era tantissima buona musica e c'era anche molta competizione, quindi tutti cercavano di migliorarsi continuamente. E le cose sono andate avanti così finchè non è arrivato l'hair metal verso la metà degli anni '80. Non credo che ci sia più quell'ambiente, anche perché ora le città sono state tutte gentrficate e c'è molto meno pericolo, è una cosa che senti anche nella musica. Negli anni '70 camminare per strada a New York o a Londra era pericoloso e tutto questo si poteva sentire nella musica. Ora è tutto più sicuro, tutto più protettivo. Nessuno suona più per strada o nel fango e la differenza nella musica si sente. Personalmente non percepisco la sensazione di pericolo che c'era prima o il voler espandere i propri limiti. Ci sono comunque band che mi piacciono molto, come i Tame Impala, che si ispirano molto a un tipo di musica più vecchia, come i Beatles o anche ai primi anni '90, agli Spiritualized, ai My Blood Valentine.

 

Tom: Un'altra cosa è il fatto che quando siamo cresciuti musicalmente, negli anni '80, la tecnologia si stava evolvendo molto, ma era difficile avere accesso a certe strumentazioni. Ora hanno tutti gli stessi strumenti e possono procurarseli con facilità, ma in questo modo è raro riuscire a fare qualcosa di veramente originale.

 

Josh; Anche il processo di registrazione all'epoca era completamente diverso. C'è molta differenza tra digitale e analogico. Con il digitale è come avere una foto sempre uguale nel tempo, con l'analogico ogni volta è come ascoltare un disco diverso. Ad esempio anni fa in studio dopo aver registrato una parte la riascoltavi con calma, senza guardare un monitor. Spesso si suonava e registrava sopra qualcosa di già registrato. Oggi invece si registra continuamente in tanti take e una volta fatto si prendono le parti migliori, si mettono insieme e magari le strofe vengono direttamente copiate e incollate. Le sensazioni che vengono dalla musica sono completamente diverse.

 

Tom: Tornando a quello che diceva Josh, una cosa buona riguardo gli Shadowparty è il fatto che possiamo comunicare tramite anche essendo in Paesi diversi, mandarci file a distanza e riflettere insieme su cosa fare e come migliorare le canzoni.

 

Phil: L'album è stato registrato in un sacco di posti diversi, come L.A., Manchester, Boston.

 

Tom: Ma credo che questo abbia anche contribuito al sound dell'album, l'ambiente in cui registri si può riflettere nella musica.

 

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Per quale motivo avete iniziato questo nuovo progetto? Vi ha aiutato a rinnovare la vostra creatività?

 

Tom: Non credo ci sia un motivo dietro questo progetto. Siamo musicisti, ci piace scrivere musica insieme e suonare in giro per il mondo.

 

Josh: Sicuramente ha migliorato la mia creatività. Prima di incontrare Tom e Phil lavoravo praticamente da solo. Scrivevo la musica, registravo, facevo anche l'attività sui social media (ride, ndr). Per questo motivo prima avevo deciso di smettere di fare musica, era diventato difficile fare tutto da solo. In quel momento ho pensato seriamente per la prima volta in vita mia di lasciare la musica. Ma poi ho incontrato Tom, è cambiato tutto in due giorni e ho deciso di dedicarmi a questo progetto.

 

Tom: Questa è la cosa divertente della musica, più ci provi e meno avrei successo. Quando pensi di mollare tutto, allora succede qualcosa di buono (ride, ndr).

 

Un po' come in amore!

 

Tom: Sì, ecco, esattamente! (ridono, ndr).

 

Josh: A proposito di questo, in tutte le band in cui ho suonato, anche prima degli Elevator Drops, ero sempre quello che incoraggiava tutti a dare sempre di più. Questa è la prima volta in cui i miei compagni sono motivati esattamente come me, oltre a essere eccezionali a scrivere e suonare. Non devo fare tutto io ed è anche utile avere discussioni con gli altri se abbiamo idee diverse su qualcosa.

 

Tom: Sì, a volte è una buona cosa il fatto che ci siano delle tensioni o delle discussioni, è salutare, ovviamente senza che si cada nel litigio.

 

Phil: Significa che ti importa davvero di quella cosa.

 

Josh: In questo modo si arriva a fare cose che non faresti altrimenti, è anche utile ad uscire dalla comfort-zone.

 

Tom: Questo succede spesso tra di noi, discutiamo molto, ma alla fine arriviamo sempre ad un accordo.

 

Avete già qualche idea su come si svilupperà questo progetto?

 

Tom: Sì, stiamo già lavorando su un album.

 

Josh: Cosa intendi per "svilupperà"?

 

Sia in termini di nuove pubblicazioni che dal punto di vista dell'approccio.

 

Josh: Abbiamo del nuovo materiale che suoniamo in tour ed è diverso dalle altre canzoni. Ma con noi è strano, ogni canzone potrebbe essere diversa dalle precedenti, abbiamo approcci diversi.

 

Phil: Con questo tour, quando il promoter ci ha chiesto di fare show molto lunghi, abbiamo realizzato che potevano suonare inediti, visto che abbiamo pubblicato un solo album.

 

Mi incuriosisce molto la scelta del nome di questo progetto perché è un ossimoro ed è un nome di basso profilo, che non ci si aspetterebbe per un supergruppo.

 

Josh: L'idea dietro al nome viene dal fatto che non siamo i membri originali delle band in cui suoniamo, quindi è come se fossimo nell'ombra dei giganti, ma comunque vogliamo fare qualcosa di bello e divertente. C'è anche un aspetto politico ovvero quello di un governo ombra. Noi più che un supergruppo siamo un anti-supergruppo perché anche se suoniamo in grandissime band il concetto che c'è dietro è quasi l'opposto.

 

Quindi questo nome ha anche un'interpretazione politica?

 

Josh: Sì, all'epoca in America c'erano le primarie tra Bernie Sanders e Hillary Clinton e tutti sanno che c'è stato qualcosa contro Sanders da parte dei democratici. Anche da questo può venire fuori il concetto del nostro nome, un qualcosa che si muove nell'ombra.




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