Royal Republic - Save the Nation tour
15/10/12 - Tunnel Club, Milano


Articolo a cura di Alberto Battaglia

Mai sentito parlare dei Royal Republic? In molti, oltre a quelli presenti alla serata del Tunnel Club, avrebbero dovuto essere informati dello show che si sono persi: scoppiettante e veloce come il pop corn in padella. Non è la prima volta d'altronde che il quartetto svedese sciorina i suoi accordi calcando un palco milanese, e non è nemmeno la prima volta che ciò accade in grande stile.

 

Una band che suona garage rock'n'roll è logico aspettarsela fresca, diretta, genuina. E così si sono dimostrati i Nostri, ma se osserviamo qualche particolare, come le bottigliette d'acqua disposte meticolosamente alla base di ogni amplificatore, i fogli della scaletta piazzati ai piedi delle aste dei microfoni con doppio nastro isolante o gli asciugamani di spugna blu poggiati alle spalle di ciascun musicista, osservando tutto questo si percepisce come questa carica istintiva germogli sopra tanta preparazione a tavolino. Infatti non è occorso né un secondo di pausa né un attimo di vuota defiance perchè ogni dettaglio è integrato nella mente di questi giovani, che hanno già alle spalle - si vede - un gran numero di esibizioni. Come molti avranno potuto notare, la scuola "Hives" ha dato l'avvio alla musica, allo stile  e agli imperativi categorici dei Royal Republic, ma, senza il timore di esagerare, appare evidente che dal punto di vista strettamente musicale questi ultimi abbiano ormai surclassato tecnicamente i maestri, per non parlare della simpatia ambigua del frontman Adam Grahn, che non risparmia neanche stavolta piccanti occhiolini alla consenziente platea femminile (le signore non hanno pututo astenersi dal lanciare la propria, conturbante, lingerie).

 

Da poco presente sugli scaffali, l'ultimo lavoro in studio degli svedesi ("Save the Nation") dimostra la sua concretezza anche dal vivo: un po' più di varietà che aggiunge valore all'insieme dei loro orecchiabilissimi ritornelli. Autoironia, inoltre, quando l'ultimo loro singolo, "Addictive" viene presentato mediante un coro vocale di stampo teutonico molto simile a un nostro canto alpino. Alle già apprezzate canzoni ultra-positive di "We are the Royal" il nuovo album contiene, con densità qualitativa un po' inferiore, alcuni altri brani che tolgono a fatica il disturbo dalla nostra testa, su tutti la fischiettata "Everybody wants to be an Astronaut" (che è un po' in debito di idee a "The importance to be an Idle" degli Oasis).


Qualità, preparazione, simpatia, istrionismo... Forse niente di particolarmente sconosciuto alle orecchie, ma di certo parecchio, parecchio godibile. Sono questi i tratti essenziali di una band che ora lascia Milano, con un meritato applauso alle proprie spalle.




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