The Flower Kings & Neal Morse Band feat Mike Portnoy
28/02/13 - Live Club, Trezzo sull'Adda (MI)


Articolo a cura di Stefano Risso
È un’autentica cascata di note quella che investe il pubblico accorso al Live Music Club per una imperdibile “notte prog”, tra sonorità vintage, virtuosismi strumentali e tanto, tanto divertimento. Capita infatti raramente di assistere a formazioni così serene, convinte e affiatate sul palco, una sensazione di pieno appagamento che ha pervaso magicamente anche i numerosi presenti, dall’età sopra la media dei normali concerti rock a cui siamo abituati (anche qualche genitore con figlio al seguito), perfettamente all’interno dello spirito del concerto, rispettoso nell’osservare i silenzi, attento, caloroso nei momenti più concitati. Insomma un’unione tra musicisti e platea che non ha fatto altro che dare maggior risalto a una serata che, stando ai nomi in ballo, si sarebbe già rivelata estremamente positiva.

Tantissima carne al fuoco e tocca ai The Flower Kings aprire le danze alle 20.30 precise. Svedesi di passaporto, ma ormai cittadini onorari della terra d’Albione musicalmente, i nostri sono così, prendere o lasciare. La loro proposta è cristallizzata da tempo, essendo ormai una delle bandiere del “neoprog”, quindi anche l’ultimo album “Banks of Eden” rispecchia i dettami del revival prog dell’epopea d’oro. Si potrà obiettare eventualmente sull’idea di non uscire mai troppo dai propri confini, ma quando si assiste a un brano come “Numbers”, la prima suite da trenta minuti circa della serata, tutti questi discorsi passano decisamente in secondo piano. Un’esibizione da “braccia conserte” quella degli svedesi, leggeri, eleganti, musicisti che trasmettono tanto riducendo al minimo la gestualità (come detto e come diremo poi, tanti sorrisi e discreti cenni di intesa con le prime file), supportati subito da suoni ottimali. Del resto basta guardare Roine Stolt, camicia a tema floreale, pantalone rosso fuoco, giacca a tema, occhiale rotondo sempre rosso e immancabile ciuffo biondo, la sua compostezza e facilità nell’eseguire i tanti (lunghi) assoli, nel dialogare brevemente col pubblico, per capire il totale controllo dei The Flower Kings, semplicemente impeccabili per tutta l’ora e mezza a disposizione. In una parola: classe.

Decisamente più “ruspante” e vigoroso l’approccio sul palco della Neal Morse Band, col frizzante attacco di “Momentum”, estratta dal disco omonimo uscito pochi mesi fa. Il buon Neal è in piena forma, salta un po’ ovunque sul palco, impegnato a ripetizione alla chitarra, alla tastiera, al microfono, senza perdere mai di vista la presa sul pubblico. Il calore espresso dalla band è la prima cosa che arriva durante l’esibizione, la voglia di divertisi e di far passare una serata piacevoli ai propri fan, senza risparmiare neanche un grammo di forze. Troppo spesso abbiamo assistito a esibizioni scolastiche, magari ineccepibili ma senza cuore. Ecco, qui siamo proprio agli antipodi: tanta, tantissima passione e dedizione in quello che si fa (Neal è sceso persino a cantare nel photopit qualche strofa), sapendo unire il lato emozionale a quello prettamente tecnico. Perchè va bene, tutto, ma subito dopo il calore, arriva l’incredibile proprietà tecnica dell’ensemble... Che dire, roba da appendere (eventualmente) gli strumenti al chiodo. Picchi assoluti come “12”, dall’album “?” rimarranno ricordi indelebili, come gli intrecci strumentali e vocali in “Author of Confusion” (da “One), in “The Temple Of The Living God” (sempre da “?”) o la monumentale “World Without End”, altra mezz’ora abbondante di pura magia. Magia raccolta ovviamente dal pubblico presente, che, adeguandosi alla maggiore verve della Neal Morse Band, diventa sempre più caloroso e partecipe, sempre sollecitato da Neal e dall’altra grande star della serata, ovvero Mike Portnoy, un nome che ormai non avrebbe bisogno di ulteriori commenti... Lo sappiamo, il nostro non è solo capace di offrire il suo enorme contributo musicale, ma riesce nel frattempo a diventare uno dei principali “animatori” dell’esibizione, tra roteare di bacchette, incitamenti e gestualità ormai rodate da anni e anni di esperienza sul campo.

Le tracce scorrono veloci e quasi non ci si accorge che l’ora e venti minuti circa da “Momentum” è già trascorsa, dopo i saluti di rito e un breve cambio di palco, siamo pronti alla chicca attesissima della serata, il Transatlantic Encore, in cui a rotazione tutti gli undici musicisti presenti si alterneranno agli strumenti per un altra scorpacciata (sui quarantacinque minuti) di grandissima musica, con i soli Morse, Porntoy e Stolt (“orfani” del bassista Pete Trewavas, impegnato coi Marillion) sempre presenti durante il set. Un continuo flusso di emozioni, senza alcuna pausa per riprendersi, partendo da “Bridge Across Forever”, per poi toccare tutta la carriera dei Transatlantic, passando per “All Of The Above”, “Overture”, “A Man Can Feel”, “Lay Down Your Life” e concludendo con la splendida “Stranger In Your Soul”, durante la quale tutti i musicisti coinvolti nella serata hanno messo piede sul palco per dare il proprio contributo. Un finale in crescendo, in cui tutta la felicità e la gioia di condividere quel momento si è manifestata in modo sempre più evidente, in un continuo scambio di energia tra artisti e pubblico. Una serata da ricordare a lungo, un’emozione fortissima per i presenti e un sicuro rimpianto per chi non c’era. Nonostante le oltre tre ore passate in piedi, crediamo che nessuno sia uscito dal locale non senza qualche dolorino alla schiena, ma con enorme sorriso stampato in volto...

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